Un’indagine condotta su quasi 500 studi accerta che calore e emergenze climatiche influiscono sull'incidenza e la gravità delle malattie cardiovascolari
Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nel mondo, all’incirca una su tre si deve a questi problemi, per un totale di oltre 20 milioni di decessi nel 2021 stando al Rapporto della Federazione mondiale del cuore di quest’anno. Per fortuna negli ultimi decenni sono stati raggiunti sostanziali miglioramenti nella prevenzione e cura dei disturbi cardiovascolari diminuendo i numeri dei morti. Ma in questi tempi di cambiamenti climatici ci si è chiesti se le nuove condizioni abbiano influenza su queste patologie.
GLI EFFETTI DEL CLIMA SUI FRAGILI
Ha cercato di rispondere il Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston (Usa) con una sistematica revisione di 492 studi osservazionali pubblicata poi su Jama Cardiology. E, purtroppo, la conclusione è che, sì, i mutamenti del clima già hanno cominciato a insidiare la salute cardiovascolare. I ricercatori hanno trovato che le alte temperature e gli uragani sono fortemente associati con un’aumentata mortalità e incidenza di patologie del sistema cuore/arterie. E i rischi appurati risultano ben più elevati per gli anziani, per le minoranze etniche, per gli appartenenti a comunità a basso reddito.
La Nasa conferma che nell’ultimo secolo la temperatura media globale è cresciuta di oltre due gradi Fahrenheit con cambiamenti sul lungo termine dei modelli tipici del tempo meteorologico, disturbo per gli ecosistemi, innalzamento del livello dei mari. In più, i 10 anni più caldi mai registrati si sono tutti verificati nel decennio passato.
IN CHE MODO IL RISCALDAMENTO CLIMATICO FA MALE AL CUORE
Specifica il dottor Dhruv S. Kazi: «L’esposizione a caldi estremi può influire negativamente sulla frequenza cardiaca e sulla pressione alta; l’esposizione all’ozono e al fumo degli incendi può stimolare l’infiammazione interna; trovarsi in mezzo a un disastro naturale può causare danni psicologici; gli uragani e le alluvioni possono interrompere la possibilità di assistenza sanitaria e del normale approvvigionamento». Continua il ricercatore: «Sul lungo termine, poi, il cambiamento climatico causerà un declino della produttività in agricoltura e della qualità nutritiva dei cibi e tutto questo può riflettersi sulla salute cardiovascolare».
Indubbiamente non tutti i luoghi e tutte le popolazioni riportano gli stessi danni: occorre vedere più in dettaglio quanto è durata l’esposizione a una data situazione negativa e per quanto è continuato l’effetto prodotto. Per esempio, ricordano gli studiosi, l’uragano Sandy abbattutosi sulla città di New York nel 2012 mantenne elevato per ben 12 mesi successivi il rischio di morte per disturbi cardiovascolari. Alcune ricerche hanno mostrato che l’esposizione al fumo dei grandi incendi, che può raggiungere popolazioni distanti centinaia di miglia, aumenta il rischio di eventi come l’arresto cardiaco.