L'impatto dell'inquinamento dell'aria dovuto all'uso di petrolio, carbone e gas. Nel mondo milioni di vite salvate ogni anno se si passasse alle rinnovabili
Nuove stime suggeriscono che l’eliminazione graduale dei combustibili fossili potrebbe avere un impatto maggiore di quanto si pensasse in precedenza sulle morti da inquinamento atmosferico nel pianeta. È ciò che è emerso dalla ricerca dal titolo Air pollution deaths attributable to fossil fuels: observational and modelling study, condotta da un team internazionale di ricercatori e recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica British Medical Journal. Si stima infatti, stando all’esito dello studio, che circa 5,13 milioni di morti in eccesso ogni anno a livello globale siano attribuibili esclusivamente all’inquinamento atmosferico dovuto all’uso di combustibili fossili. Oltre l’80 per cento di queste morti sarebbero evitabili se scomparissero le emissioni di particolato e ozono prodotte dalle attività umane.
FOSSILI E RINNOVABILI
Carbone, petrolio e gas naturale forniscono circa l’80% dell’energia mondiale. La loro combustione determina però il rilascio di anidride carbonica e altri gas serra che sono tra i principali responsabili dell’inquinamento atmosferico e del cambiamento climatico. E se l’argomento è già noto e ampiamente discusso, si susseguono gli studi che ne mettono in evidenza la portata, focalizzandosi, come quest’ultimo, soprattutto sulla correlazione tra morti e inquinamento atmosferico. Si tratta dunque di decessi potenzialmente evitabili attraverso la sostituzione di combustibili fossili con energia pulita e rinnovabili. E secondo i risultati emersi proprio in questi giorni a seguito della 62° edizione del report EY Renewable Energy Country Attractiveness Index (RECAI), l’Italia si è posta l’obiettivo di aumentare la quota di rinnovabili del settore elettrico fino a raggiungere 65% entro il 2030.
LE LINEE GUIDA DELL’OMS
Le linee guida globali sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) richiamano l’attenzione sull’enorme impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana, che porta a milioni di morti ogni anno. Lo studio sul carico globale delle malattie (GBD) del 2019 ha stimato che tutte le forme di inquinamento atmosferico rappresentano circa l’11,3% del totale dei decessi a livello mondiale per le donne e il 12,2% per gli uomini. Il miglioramento della qualità dell’aria è dunque un obiettivo imprescindibile per lo sviluppo sostenibile mondiale, la salvaguardia della specie umana e del pianeta.
LA NUOVA INDAGINE
Studi precedenti avevano già suggerito che la transizione dai combustibili fossili a fonti di energia pulita e rinnovabile nei prossimi decenni avrebbe aiutato a salvare molte vite umane dall’inquinamento atmosferico e, contestualmente, a limitare l’aumento della temperatura media globale. Tuttavia si trattava di stime legate all’impatto dell’inquinamento atmosferico su specifiche malattie e non su una visione globale del fenomeno. Un effetto di questo studio è invece quello di incentivare riduzioni delle emissioni di gas serra partendo proprio dalla consapevolezza generale dei benefici per la salute pubblica. I ricercatori sottolineano però che, sebbene da un punto di vista tecnico ed economico, l’eliminazione graduale dei combustibili fossili (o almeno la neutralità delle emissioni di carbonio) sia considerata attuabile entro il 2050, il processo sia ostacolato da una scarsa cooperazione globale sulle politiche che coinvolgono la tariffazione del carbonio, le normative governative e gli investimenti.
DA DOVE ARRIVANO LE EMISSIONI NOCIVE?
Gli ambiti analizzati dallo studio in cui avviene la combustione fossile sono numerosi: dall’industria in senso stretto ai trasporti terrestri e marittimi, industriali e non; dall’aviazione all’energia residenziale da biocarburanti solidi; dall’incenerimento dei rifiuti all’agricoltura fino alla produzione e utilizzo di solventi. Si è posto l’accento anche sulla combustione domestica di biocarburanti solidi che contribuisce in modo sostanziale all’inquinamento atmosferico, in particolare in alcune zone dell’Asia e dell’Africa. In particolare è emerso che le emissioni derivanti dalla combustione di biomassa per il 2019 si basavano su dati satellitari e diversi fattori di emissione come la polvere del deserto, le emissioni naturali provenienti da vegetazione, vulcani e fitoplancton marino.
IL METODO DELL’INDAGINE
Ecco in dettaglio come hanno deciso di procedere gli autori dello studio per rispondere alle loro due domande:
- quante sono nel mondo le vittime dell’inquinamento atmosferico dovuto ai combustibili fossili?
- e quante vite si potrebbero risparmiare se si sostituissero le fonti fossili di energia con quelle rinnovabili?
Le stime del rischio relativo di mortalità derivante dall’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico sono derivate da studi epidemiologici di coorte che tengono conto di molteplici fattori di rischio, tra cui il fumo e una dieta non corretta. I membri della coorte sono stati monitorati longitudinalmente, tenendo conto delle cause di morte (vale a dire, nel corso di più anni fino a decenni).
Che cosa si è analizzato? L’impatto dell’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico sulla causa di morte, andando a vedere i dati locali sulla qualità dell’aria. Per stimare il numero globale di decessi attribuibili all’inquinamento atmosferico, sia recenti che previsti in base agli scenari di emissione, il modello FUSION (ossia un complesso modello matematico) descrive la forma e l’entità dell’associazione tra l’esposizione all’inquinamento atmosferico e la mortalità specifica per tutte le cause e per malattia.
Invece la definizione di “eccesso di mortalità” è relativa al numero di decessi che non si sarebbero verificati quell’anno senza esposizione a inquinanti atmosferici. Le morti attribuibili sono state calcolate per la popolazione per le persone di età superiore ai 25 anni e per le infezioni delle vie respiratorie inferiori nei bambini di età inferiore ai cinque anni. Sei sono le cause di morte derivanti dall'esposizione a lungo termine:
- infezioni delle vie respiratorie inferiori
- ictus
- cardiopatia ischemica
- diabete di tipo 2
- cancro ai polmoni
- malattia polmonare ostruttiva cronica.
LA SITUAZIONE NEL MONDO
- L’Asia meridionale e orientale presentano dati di mortalità elevati (circa il 70% dei decessi inquinamento atmosferico in tutto il mondo) sia perché aree estremamente popolate, sia per la notevole presenza di inquinanti. Il tasso di mortalità è molto elevato anche nell’Europa orientale, nel Medio Oriente e nell’Africa occidentale.
- Delle sei categorie di malattie, il 52% della mortalità è associato a condizioni cardiometaboliche (cioè diabete mellito di tipo 2, ictus e cardiopatia ischemica), con le malattie cardiache che contribuiscono per il 30%.
- La mortalità totale attribuibile più elevata si verifica in Cina, con 2,44 milioni decessi all’anno, seguita dall’India con 2,18 milioni decessi all’anno.
- Interessante è anche il dato emerso circa la mortalità correlata all'inquinamento atmosferico da cardiopatia ischemica: anche nei paesi ad alto reddito e nell'Africa sub-sahariana è quasi un fattore due volte inferiore rispetto alla media globale, mentre in Europa centrale e orientale, Nord Africa e Medio Oriente l’effetto è quasi due volte più alto. La ragione del numero relativamente basso di decessi per cardiopatia ischemica correlata all’inquinamento atmosferico nei paesi a basso reddito potrebbe essere legata al fatto che le malattie infettive continuano a causare il numero sostanziale di decessi e che la popolazione è relativamente giovane.
- Il peso delle malattie non trasmissibili sta comunque aumentando in gran parte dell’Africa sub-sahariana a causa della crescita e dell’invecchiamento della popolazione. Nei paesi ad alto reddito, l’accesso all’acqua pulita, ai servizi igienico-sanitari e all’assistenza sanitaria riducono la mortalità per malattie trasmissibili. La mortalità per infezioni delle vie respiratorie attribuibili all’inquinamento atmosferico è molto elevata nei paesi a basso reddito dell’Asia e dell’Africa, soprattutto per quanto concerne i bambini che hanno un’aspettativa di vita sostanzialmente inferiore rispetto ad altri paesi. Un’altra differenza degna di nota è che la mortalità attribuibile alla broncopneumopatia cronica ostruttiva è da tre a quattro volte più elevata nell’Asia meridionale e orientale rispetto ai paesi ad alto reddito.
- Se solo si dimezzassero le forme di inquinamento dovute a combustibili fossili, le morti ad esso attribuite si ridurrebbero di almeno un quarto nel mondo e della metà nei paesi ad alto reddito.
- I risultati per tutti i paesi e regioni e le diverse cause di morte e di sostanze inquinanti presenti sono accuratamente descritti nello studio (per eventuali approfondimenti).
Paola Scaccabarozzi
Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.