Quali sono le barriere all'esercizio fisico nella terza età? Dal vivere soli al peso in eccesso, ci sono fattori di rischio da monitorare (e prevenire)
Che cosa fa la differenza fra una persona anziana fisicamente attiva e una sedentaria? Quali barriere fisiche o sociali portano a muoversi di meno? Uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Network Open stabilisce una correlazione tra comportamenti e caratteristiche individuali, e il livello di esercizio praticato in età avanzata.
RICONOSCERE E PREVENIRE, ANCHE LA SEDENTARIETÀ
Lo scopo dello studio è quello di identificare le barriere a livello individuale associate alla diminuzione dell’attività fisica nella terza età per prevenire i rischi di malattia legati a uno stile di vita sedentario. L’obiettivo, dunque, quello di valutare le associazioni tra i vari comportamenti e il loro impatto sull’esercizio fisico in età avanzata. «Si tratta di uno studio estremamente innovativo» commenta il professor Nicola Ferrara, ordinario di Medicina Interna e Geriatria presso l’Università Federico II di Napoli, direttore della Scuola di Specializzazione di Geriatria e già presidente della SIGG (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria). E spiega: «Perché, se numerose sono le ricerche scientifiche che hanno messo in correlazione lo sport e il movimento con il rischio di ipertensione, diabete e obesità, molto più difficile è analizzare l’impatto su un’intera fase della vita come quella della terza età. Un altro dato importante è quello relativo alla durata di questo studio e al numero elevato dei partecipanti il cui comportamento (quello di parecchi di loro) è stato seguito nel corso degli anni, grazie anche all’utilizzo, nell’ultimo decennio, di nuovi strumenti informatici».
I NUMERI DELLA RICERCA
Si tratta di uno studio di coorte su 3.896 anziani, ossia una ricerca su un gruppo di individui che presentano caratteristiche comuni e che hanno come unica differenza tra loro l’esposizione o meno a determinati fattori di rischio. In questo caso legati alla variabilità sociodemografica (ad esempio età, sesso, razza ed etnia, posizione professionale e stato civile), a fattori comportamentali (come fumo, assunzione di alcol e assunzione di frutta e verdura) e correlati alla salute (ad esempio l’indice di massa corporea). Nello specifico sono stati valutati 3.808 individui nel 1991-1993; 3.782 individui dal 2002 al 2004; e 3.896 individui dal 2012 al 2013. Un'elevata assunzione di alcol è stata definita come più di quattordici unità di alcol a settimana e un'elevata assunzione di frutta e verdura è stata definita due volte al giorno o più.
I FRENI ALL’ATTIVITÀ FISICA EVIDENTI GIÀ DALLA MEZZA ETÀ
«Dallo studio è emerso che erano già evidenti nella mezza età alcuni comportamenti che avrebbero portato nei decenni successi alla scarsa attività fisica» puntualizza Ferrara. «Ossia vivere da soli, lo stato di obesità o sovrappeso, la presenza di una o più patologie e la difficoltà di movimento a causa di problemi fisici. Ovviamente è molto difficile stabilire quale sia la causa e quale l’effetto. L’associazione di questi fattori non significa infatti riuscire a determinare in maniera precisa motivazioni e conseguenze, anche se ci fornisce degli strumenti importanti per conoscere meglio questo aspetto fondamentale della vita degli anziani».
LE CONNESSIONI FRA FUMO, DIETA E MOVIMENTO
Ciò che è emerso dallo studio è che coloro che non fumano, che consumano frutta e verdura in quantità e sono più agiati dal punto di vista economico svolgono tendenzialmente maggiore attività fisica. «Che gli stili di vita siano collegati tra loro - precisa Ferrara - non è affatto sorprendente e non desta meraviglia che chi è più attento alla propria alimentazione, non si espone al rischio del fumo e non vive in condizioni precarie dal punto di vista economico, sia anche più attivo e pratichi sport, inteso come mezz’ora al giorno di attività aerobica (la camminata veloce, per intenderci). Ciò che invece può apparire curioso è che chi consuma alcol svolga più attività fisica degli astemi. In realtà si tratta di un consumo molto moderato e che sta semplicemente a indicare una vita attiva che prevede momenti di interazione con gli altri e serate in compagnia».
DISEGNARE STRATEGIE DI SALUTE PUBBLICA
Questi risultati possono avere importanti implicazioni per le strategie di salute pubblica. Dato che la popolazione sta invecchiando, la diagnosi precoce relativa a quegli individui che potrebbero essere inattivi in età avanzata, può essere utile per prevenire la sedentarietà, l'insorgenza di patologie croniche e limitazioni funzionali in età avanzata. Le attuali raccomandazioni per ridurre l'inattività in età avanzata sono rivolte genericamente all'intera popolazione e sono spesso limitate a un singolo fattore comportamentale. I risultati di questo studio suggeriscono invece uno sguardo più ampio e, al tempo stesso, più preciso e personalizzato. Il sovrappeso, l'obesità e alcune condizioni croniche, nonché problemi fisici e di salute mentale, potrebbero essere utilizzati come importanti indicatori per selezionare gli individui più a rischio con l’obiettivo di attuare strategie individualizzate. Dato, inoltre, il raggruppamento di fattori comportamentali, questi interventi possono promuovere stili di vita più sani in generale, piuttosto che prendere di mira un singolo comportamento. Questo studio suggerisce anche l'importanza di attuare tali strategie il prima possibile.
Paola Scaccabarozzi
Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.