Con l’aumento delle temperature possono peggiorare i sintomi della broncopneumopatia ostruttiva, una malattia che ostruisce le vie respiratorie
Le belle giornate di tarda primavera e di inizio estate possono portare momenti difficili per chi è affetto da un disturbo respiratorio tanto diffuso quanto misconosciuto: la BPCO.
LA RICERCA
L’acronimo sta per broncopneumopatia cronica ostruttiva, una malattia progressiva e non del tutto reversibile che ostruisce le vie aeree e rende difficile la respirazione. Un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora (USA) ha osservato i cambiamenti dei sintomi in pazienti affetti da BPCO in diversi momenti dell’anno, tenendo conto in particolare delle variazioni di temperatura.
CERCARE IL FRESCO
I risultati dell’indagine sono stati presentati nei giorni scorsi alla Conferenza internazionale dell’American Thoracic Society. I ricercatori hano seguito 84 ex-fumatori affetti da BPCO di grado moderato o severo per tre periodi di tre settimane ciascuno, a distanza di 3 mesi, in modo da coprire condizioni climatiche differenti. In generale, i pazienti sono stati in casa e sono usciti all’aperto in meno della metà delle 600 giornate di bel tempo monitorate. Nel periodo caldo (un massimo di 32 gradi esterni) è emerso che a temperature più alte in casa corrispondeva un peggioramento dei sintomi, del ricorso a farmaci d’emergenza e delle funzioni polmonari. Un po’ meglio andavano le cose se i pazienti uscivano all’aperto: in quel caso l’effetto era più contenuto.
LA MALATTIA
«C’è bisogno di gestire la malattia e prevenire effetti avversi legati all’aumento delle temperature», hanno dichiarato gli autori. «E sarà necessario capire i meccanismi dell’impatto del calore sulle persone con BPCO per identificare nuove strategie di intervento, specie in vista dei cambiamenti climatici previsti». La BPCO è indicata al sesto posto per diffusione fra le malattie croniche in Italia e si stima che nel 2030 sarà la quarta causa di morte nel mondo (Global Burden of Disease Study). I numeri sono in aumento, rilevano gli esperti, perchè aumenta l’abitudine al fumo nel mondo e la popolazione vive più a lungo.
STARE ALL’APERTO, EVITARE IL FUMO PASSIVO
Al di là delle necessarie terapie farmacologiche, alle persone colpite da BPCO l’European Respiratory Society raccomanda di smettere di fumare al più presto, mantere un livello di attività fisica quotidiana compatibile con la propria condizione, che, insieme a programmi di riabilitazione polmonare, aiuta a migliorare la resistenza allo sforzo e ridurre la dispnea (il fiato corto) e il senso di spossatezza. L’Associazione Italiana Pazienti con BPCO nel suo decalogo consiglia inoltre di evitare luoghi inquinati da fumo passivo, polveri, detersivi, combustili e simili, sia dentro che fuori casa; evitare le infezioni delle vie respiratorie, compresa l’influenza di stagione; vaccinarsi contro l’influenza e lo pneumococco; cercare di trascorrere del tempo all’aperto in luoghi con aria pulita, aree verdi, mare, montagna.
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.