Donatella e Agostino, uniti come fratello e sorella, sono impegnati da 40 anni nei Club Alcologici Territoriali, donando e ricevendo sostegno nella loro "famiglia allargata". Ecco la loro storia
Sono passati 40 anni da quando Donatella e Agostino, sposati dal 1978 e complici come fratello e sorella, sono entrati in contatto con il mondo dei Club Alcolisti in Trattamento, oggi Club Alcologici Territoriali, e da allora non hanno mai interrotto questo percorso. Quello che hanno ricevuto, e che continuano a ricevere ogni giorno, desiderano restituirlo a tutti i membri di quella che loro definiscono una “famiglia allargata”. Ecco la loro storia.
QUANDO TUTTO È INIZIATO
È l’ormai lontano 1984, Donatella e Agostino sono una coppia tranquilla, hanno un bambino piccolo, Paolo di tre anni, e un lavoro sicuro. Tecnico di laboratorio lei e operaio lui, entrambi presso l’ospedale di Bergamo. Agostino, oltre a fumare, beve, ma non ha mai pensato che il suo cosiddetto consumo sociale, qualunque cosa questo significhi, possa rappresentare un problema.
Una sera Agostino riceve una telefonata da Massimo, suo collega di lavoro cacciato di casa per i problemi legati al bere. Sta male e lo prega di andarlo a prendere. Agostino, riluttante, lo porta a casa sua, cenano insieme a Donatella e la mattina seguente vanno al lavoro. Le telefonate di aiuto, però, diventano sempre più assillanti e, visto come Massimo è ridotto, iniziano anche le visite al Pronto Soccorso con vari ricoveri in Medicina. Una volta dimesso, tutto ricomincia sistematicamente dopo qualche giorno.
Arriva il mese di novembre 1984 quando Massimo viene ricoverato in neurologia. Il medico di turno chiede ad Agostino di fare quattro chiacchiere e gli passa un foglietto: “Se volete risolvere i vostri problemi legati al bere telefonate a questo numero”.
«L’unico che deve essere aiutato qui è Massimo, non certo io che con questa storia non c’entro nulla», si ritrova a pensare Agostino. Tuttavia, incuriosito dal prefisso che non è di Bergamo, bensì di Castellerio, in provincia di Udine, decide di chiamare. “Centro di alcologia, in cosa possa esserle utile?” Agostino, che con il mondo degli ospedali è in confidenza, non ha mai sentito nessun reparto con questo nome, ma pensa che forse, per il collega, ormai amico, Massimo possa essere un’occasione per tirarsi fuori dai guai.
LA FAMIGLIA SOSTITUTIVA
Agostino affronta insieme a Massimo i 400 km che separano Bergamo dalla provincia di Udine e, una volta arrivati, è convinto di salutare l'amico, affidandolo alle cure del personale sanitario. Non ha fatto i conti con il medico e l’assistente sociale che, dopo averlo convinto a parlare, e vista la situazione famigliare di Massimo, gli comunicano che lui, la moglie Donatella e il loro figlioletto, sarebbero stati la sua famiglia sostitutiva. Ma non è tutto, Massimo sarebbe stato ricoverato solo a patto che Agostino si presentasse ogni mercoledì alla Comunità Terapeutica, precursore degli attuali Club alcologici territoriali, dove persone con problemi alcol correlati e le loro famiglie si confrontano e trovano conforto reciproco. Inizialmente confuso, Agostino decide di restare per partecipare a questo incontro che si sarebbe tenuto proprio quella sera.
Dopo l’ora e mezza trascorsa ad ascoltare le situazioni familiari dei partecipanti, Agostino è turbato, percorre nuovamente e in fretta i 400 chilometri che lo separano da Bergamo per poter parlare con la sua migliore confidente, la moglie Donatella. Chiusi in bagno e guadagnati i posti destinati alle confidenze tra marito e moglie, bordo della vasca lui e water lei, Agostino può finalmente sfogarsi e raccontare tra le lacrime alla moglie che non immaginava quanto dolore e sofferenza si potessero nascondere dietro queste storie di alcol, quante persone coinvolte, quante vite stravolte. Quella riunione in bagno ha permesso di prendere una decisione: sarebbero stati la famiglia sostitutiva di Massimo. Di lì in poi per molto tempo, qualche volta entrambi, qualche volta solo Agostino, non mancano nessun appuntamento del mercoledì, diventato non un obbligo, bensì un piacere. E partecipano anche a qualche Club della zona.
L’IMPEGNO NEI CLUB ALCOLOGICI
Da quel primo mercoledì sono cambiate molte cose, ma l’entusiasmo e la riconoscenza verso i Club alcologici territoriali è sempre maggiore.
«Ormai sono quarant’anni che prendiamo parte ai Club alcologici territoriali – spiega Agostino – all’inizio per Massimo, ma poi, una volta appresa e apprezzata la filosofia che c’è alla base, spiegata al meglio dall’approccio ecologico sociale che non intende medicalizzare i problemi alcol correlati, ma li affronta in una prospettiva di promozione della salute dell’intera comunità, abbiamo deciso di fondare insieme ad altre famiglie e al medico della neurologia il primo club della Lombardia a Bergamo. All’epoca erano diffusi soprattutto in Veneto e Friuli Venezia Giulia, a causa della vicinanza geografica con la terra d’origine del suo inventore, il medico croato Vladimir Hudolin (1922-1996), ma piano piano si sono diffusi sempre più. Oggi io e Donatella partecipiamo insieme a un Club come famiglia sostitutiva di una signora che è sola. Donatella, oltre a essere presidente di ARCAT, associazione che riunisce tutti i Club alcologici della Lombardia, è anche servitrice insegante in un club e io in un altro, a Berbenno, in provincia di Bergamo. Siamo Servitori, cioè al servizio delle famiglie».
Le iniziative sono tante: corsi di sensibilizzazione per chi desidera saperne di più sul mondo dei Club e sull’approccio ecologico sociale, anche per genitori e insegnanti che potranno poi organizzare attività scolastiche coinvolgendo gli studenti. Ma non è finita qui, Agostino e Donatella, insieme alle famiglie dei Club di cui fanno parte, tengono un corso per sensibilizzare sui problemi alcol correlati gli studenti del corso di laurea in scienze sociali dell’Università Cattolica di Brescia e di Milano. Per le famiglie è importante perché, raccontando la loro esperienza ai ragazzi, prendono ulteriore consapevolezza del percorso che hanno affrontato.
ALTRUISMO, MA NON SOLO
Tutte le attività svolte da Agostino e Donatella, e in generale tutte le attività dei Club, sono a titolo gratuito, ma allora cosa spinge due pensionati con un nipotino e due figli lontani a dedicare così tanto tempo a degli sconosciuti? Quando lo chiedo alla coppia Agostino è confuso. «Non ci ho mai pensato. Io lo faccio perché mi piace. Amiamo l’idea di restituire tutto quello che abbiamo ricevuto. Nonostante non abbiamo iniziato perché colpiti direttamente da problemi alcol correlati, le famiglie e le storie che abbiamo conosciuto ci hanno donato tanto».
Non è forse questo un esempio di altruismo intelligente? Fare del bene sì, ma ricevendo anche qualcosa in cambio. Donatella e Agostino, infatti, che si sono avvicinati al mondo del club con un pizzico di supponenza, pensando che il loro unico scopo fosse proprio quello di essere utili agli altri, alla fine hanno ricevuto una sorpresa inaspettata: anche loro sono stati aiutati e hanno giovato di un cambiamento per cui ancora oggi provano una grande riconoscenza.
«Dai club abbiamo ricevuto tanto. Per quanto mi riguarda – spiega Donatella – è cambiato il mio comportamento soprattutto nella relazione con le altre persone: sono molto più accogliente e solidale. Ho imparato a guardare le persone negli occhi, anche senza parlare, allenandomi all’ascolto. Ho migliorato anche la mia capacità di dialogo con i miei figli e ho acquisito delle competenze grazie al confronto con le altre famiglie. Sono anche diventata più tollerante sul lavoro, ero in grado di mettermi nei panni dell'altro. Grazie ai Club, quando capisco che una situazione lo richiede, con garbo e dolcezza lancio sempre un messaggio “Io ci sono, se hai bisogno sono qui”».
«Se dopo 40 anni continuiamo ancora ad andare ai Club è perché le famiglie ci danno tanto e ci dimostrano ogni giorno che cambiare è sempre possibile», aggiunge Agostino. «Al club ascoltiamo tante storie bellissime che ci riempiono il cuore lasciando sempre il segno, anche quelle che stanno continuando nella difficoltà. C'è sempre quella speranza, quel desiderio di camminare verso il benessere e il cambiamento».
I PROBLEMI HANNO PARI DIGNITÀ
«Frequentare il Club mi aiuta a star bene perché mi aiuta a superare le problematiche di ogni tipo, da un lutto alle difficoltà date dal periodo pandemico. Prima ne piangevo e basta, con i club riesco a parlarne». Questa riflessione di Donatella ci aiuta a capire ancora meglio cosa c’è alla base dell’approccio ecologico sociale: tutte le difficoltà sono trattate con pari dignità, non medicalizzandole a tutti i costi, ma definendole come comportamenti che, se lo si desidera, possono essere cambiati. Che si parli di problemi alcol correlati, azzardo, uso di sostanze stupefacenti, ma in generale qualunque difficoltà, ci si confronta e si riceve sostegno. Saranno poi le famiglie a trovare le risorse per affrontare e risolvere il problema come meglio credono, avendo a disposizione le storie e le esperienze degli altri.
«Nel Club ci si mette in cerchio per parlare e ogni problematica ha pari dignità – spiega Donatella –, nessun problema è più grosso o più piccolo di un altro. La chiave dei Club è l’accettazione dell’altro qualunque sia la sua difficoltà, lasciandogli il tempo di cui ha bisogno».
ACCETTARE LE RICADUTE
I percorsi sono difficilmente lineari, non tutti riescono allo stesso modo ad uscire dalle difficoltà e certe volte bisogna fare i conti con dei passi indietro, piccoli o grandi.
«Anche quando ci sono delle ricadute per noi è già una grande vittoria che le persone con problemi alcol correlati e i propri familiari si presentino all’incontro con il Club», spiega Agostino. «Ci focalizziamo sempre sul qui e oraa. Cosa possiamo fare per stare meglio? Accanirsi sul perché e sul come è avvenuta la ricaduta, almeno inizialmente, non ha senso. Anche nelle difficoltà riusciamo sempre a trovare un momento per sorridere e finiamo sempre l’incontro con l'abbraccio di gruppo perché ci fa stare bene».
CAMBIARE È UNA LIBERA SCELTA
Uscire da problemi alcol correlati, o in generale da una qualunque difficoltà, è molto complesso se si desidera attuare un cambiamento duraturo. Smettere è facile, ma lo è altrettanto ricominciare. La vera partita si gioca sulle lunghe distanze, sulla decisione di cambiare uno stile di vita, un comportamento a lungo termine.
«Il cambiamento va attuato non tanto al Club che, seppur importantissimo – ricorda Agostino –, dura un’ora e mezza a settimana, ma dove la persona lavora, dove vive tutti i giorni e dove ha le sue cose. Cambiare è sempre possibile, finché siamo in vita o come piaceva dire a Hudolin “fino ai fiori”, ma non possiamo obbligare nessuno a farlo. Ogni famiglia deve trovare le proprie risposte. Io all’inizio quando non vedevo passi avanti tornavo a casa molto frustrato e rimuginavo anche nei giorni successivi. Oggi ho la consapevolezza del fatto che le persone e le famiglie che hanno un problema non sono quel problema, ma hanno a disposizione delle grandi risorse per potere cambiare. Penso sempre che quello che non è possibile oggi, forse, sarà possibile domani».
«A volte ci sono situazioni complesse in cui vediamo che le cose non stanno andando bene e sicuramente dispiacere e frustrazione ci sono – conclude Donatella –, ma decidere se cambiare o meno è comunque una libera scelta, bisogna accettarlo e imparare anche a lasciare andare. Qualche piccolo cambiamento comunque c’è sempre, anche nella più grossa difficoltà. Occorre imparare a riconoscerlo e apprezzarlo»
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Fonti
Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile