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Alimentazione
Caterina Fazion
pubblicato il 11-07-2024

Microbiota e dipendenza da cibo: quale legame?



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Il “dialogo” tra batteri intestinali e cervello può influenzare il controllo sull'assunzione di cibo. I risultati di una ricerca internazionale

Microbiota e dipendenza da cibo: quale legame?

Spesso ci si è domandati se potesse esistere un legame tra caratteristiche del microbiota e dipendenza da cibo, un disturbo multifattoriale caratterizzato da una perdita di controllo sull'assunzione di cibo che può promuovere l'obesità. Per rispondere a questa domanda un team internazionale di ricercatori ha condotto uno studio, recentemente pubblicato sulla rivista Gut, che spiega di aver identificato batteri specifici nell'intestino potenzialmente associati allo sviluppo o alla prevenzione di una dipendenza dal cibo non solo nei topi, ma anche negli esseri umani.

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LO STUDIO

Per valutare la dipendenza dal cibo è stata utilizzata la Yale Food Addiction Scale, un questionario volto a valutare la dipendenza da sostanze e la presenza di danno clinico significativo, o disagio, derivante dall’alimentazione in eccesso. La scala contiene 35 domande a cui i soggetti devono rispondere e che possono essere raggruppate in tre criteri da utilizzare anche nei topi: ricerca persistente di cibo, elevata motivazione a procurarsi il cibo e comportamento compulsivo. La professoressa Elena Martín-García, del Laboratorio di Neurofarmacologia-NeuroPhar del Dipartimento di Medicina e Scienze della Vita dell'Università Pompeu Fabra di Barcellona, ha dichiarato che «diversi fattori contribuiscono alla dipendenza da cibo, che è caratterizzata dalla perdita di controllo sull'assunzione di cibo ed è associata all'obesità, ad altri disturbi alimentari e ad alterazioni della composizione dei batteri nell'intestino che costituiscono il microbioma intestinale. Finora i meccanismi alla base di questo disturbo comportamentale erano in gran parte sconosciuti».

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COSA È EMERSO

Per avere maggior informazioni a riguardo sono stati analizzati i batteri intestinali di topi e umani risultati essere dipendenti, e non, dal cibo. Nei soggetti dipendenti è stato riscontrato un aumento dei Proteobacteria e una diminuzione degli Actinobacteria e dei Blautia, appartenenti al phylum Bacillota. La somministrazione di carboidrati non digeribili, lattulosio e ramnosio, noti per favorire la crescita di Blautia, ha portato a un aumento dell'abbondanza di questi batteri nelle feci, parallelamente a un netto miglioramento della dipendenza dal cibo. Un risultato simile è stato evidenziato anche dopo la somministrazione orale di Blautia wexlerae come microbo benefico.

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PASSI FUTURI

L'alimentazione compulsiva e la dipendenza da cibo sono un problema in crescita in tutto il mondo e sono molti i fattori che vi contribuiscono, come l'ambiente in cui si vive e la disponibilità di determinati tipi di alimenti. Tuttavia, si ipotizza da tempo che esistano fattori che contribuiscono ai disturbi alimentari e i risultati dello studio, che suggeriscono una relazione tra dipendenza da cibo e microbiota intestinale, determinano un passo avanti per i futuri trattamenti, anche dei disturbi alimentari correlati.

«I risultati del nostro studio - spiega il professor Rafael Maldonado, che dirige il laboratorio di Neurofarmacologia dell’Università Pompeu Fabra, a Barcellona, dove è stata condotta la ricerca - possono permettere di identificare nuovi biomarcatori per la dipendenza da cibo e, soprattutto, di valutare se i batteri benefici possano essere utilizzati come potenziali nuovi trattamenti per questo comportamento legato all'obesità, che, al momento, non ha approcci terapeutici efficaci. I potenziali nuovi trattamenti potrebbero prevedere l'uso di batteri benefici e l'integrazione alimentare. Abbiamo dimostrato per la prima volta un'interazione diretta tra la composizione dell'intestino e l'espressione genica del cervello, rivelando l'origine complessa e multifattoriale di questo importante disturbo comportamentale legato all'obesità. La comprensione del “dialogo” tra le alterazioni del comportamento e i batteri dell'intestino costituisce un passo avanti per i futuri trattamenti della dipendenza da cibo e dei disturbi alimentari correlati».

 

LA DIPENDENZA DA CIBO

Ma non è tutto. L'autrice dello studio, infatti, Elena Martín-García, ha anche descritto come i cambiamenti nell'espressione dei miRNA, piccole molecole di RNA non codificante che giocano un ruolo cruciale nella regolazione dell'espressione genica, potrebbero essere coinvolti nei meccanismi alla base del disturbo da dipendenza da cibo. I ricercatori hanno inibito specifici miRNA nella corteccia prefrontale mediale del cervello dei topi, coinvolta nell'autocontrollo e nel processo decisionale, al fine di produrre topi vulnerabili allo sviluppo della dipendenza da cibo, utilizzati nello studio appena descritto. Hanno scoperto che l'inibizione di due specifici microRNa (miRNA-29c-3p e miRNA-665-3p), promuoveva il comportamento compulsivo e la vulnerabilità alla dipendenza da cibo.

«Questi due miRNA potrebbero agire come fattori protettivi contro la dipendenza da cibo», ha spiegato il professor Maldonado. «Questo ci aiuta a comprendere la neurobiologia della perdita del controllo alimentare, che svolge un ruolo cruciale nell'obesità e nei disturbi correlati. Per comprendere ulteriormente questi meccanismi, stiamo ora esplorando come il microbiota intestinale e l'espressione dei miRNA nel cervello interagiscono nei topi».

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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