Un rapporto di «Save the Children» svela che quasi la metà degi studenti non ha modo di pranzare a scuola. Evidenti anche le differenze nei costi del servizio. Ma dove le mense funzionano meno, i tassi di dispersione scolastica sono più alti
Quasi uno studente su due (48 per cento) delle scuole primarie e secondarie di primo grado non ha avuto accesso alla mensa scolastica, nell’ultimo anno. E la forbice tra Nord e Sud, evidente in altri confronti sul piano sociosanitario, si manifesta anche in questo caso.
È in cinque regioni del Meridione, infatti, che si registra il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (80 per cento), Puglia (73 per cento), Molise (69 per cento), Campania (65 per cento) e Calabria (63 per cento). Sono questi i dati principali che emergono dalla lettura del rapporto «(Non) tutti a mensa 2017», frutto del monitoraggio sulle proposte di refezione scolastica per le scuole primarie di 45 Comuni capoluogo di provincia con più di centomila abitanti: valutando tariffe, agevolazioni, esenzioni e trattamento delle famiglie morose.
A effettuare l’indagine, i cui risultati sono stati diffusi a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico, «Save the Children», l’organizzazione che si occupa della salvaguardia dei più piccoli.
ECCO COSA DOVREBBERO MANGIARE I BAMBINI
SETTE CLASSI SU DIECI NON OFFRONO IL TEMPO PIENO
Il dato fa riferimento ai rilievi effettuati nel corso dell’ultimo anno scolastico. Entrando più nel dettaglio, si nota che delle cinque regioni in cui oltre metà dei bambini non accede alla mensa, quattro registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno: sono il Molise, la Sicilia, la Campania e la Puglia. In tutti i casi si va ben oltre la media nazionale di classi in cui non è offerta questa opportunità: pari al 69 per cento. Una lacuna che, oltre a mettere in difficoltà i genitori che lavorano, fa evidentemente il paio con tassi più alti di dispersione scolastica: come si evince dai numeri relativi alla Sicilia, alla Campania, alla Puglia e alla Calabria. «La mensa, oltre a svolgere una funzione cruciale nell’educazione alimentare, rappresenta un mezzo di inclusione e socializzazione e uno strumento per combattere dispersione e indigenza», commenta Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia Europa di «Save the Children».
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COMUNE CHE VAI, MENSA CHE TROVI
Il servizio mensa non è presente in modo uniforme nelle scuole dei territori. Solo in 17 Comuni è disponibile in tutti gli istituti primari, mentre al polo opposto ci sono Reggio Calabria, Siracusa e Palermo: in cui la refezione scolastica è presente in un numero di scuole inferiore al dieci per cento. Osservando, invece, il numero di alunni che ne usufruisce, è stato rilevato che 17 comuni offrono la mensa a meno del quaranta per cento dei bambini, con cifre al di sotto del cinque per cento nei Comuni già menzionati: Reggio Calabria e Siracusa con beneficiari del servizio sotto alla soglia dell’uno e Palermo con poco più del due per cento. In soli quattro centri ne fruisce il cento per cento degli alunni: Cagliari, Forlì, Monza, Bolzano. Per quanto riguarda le agevolazioni, sono disomogenee: con l’applicazione di criteri diversi e che sommano, in taluni casi, le soglie reddituali a motivazioni di natura familiare o sociale. La residenza, inoltre, continua a essere un requisito restrittivo per l’accesso alle agevolazioni in più della metà dei Comuni: penalizzando tutti quei bambini che per diversi motivi non sono residenti nel Comune della scuola di riferimento. Eccessivamente eterogeneo è anche il panorama delle tariffe, che variano dai 2,30 (Catania) ai 7,28 (Ferrara) euro. Quelle minime vanno invece da 0,30 (Palermo) a sei (Rimini) euro. Mentre nove Comuni non consentono l’accesso ai bambini le cui famiglie non hanno saldato le pendenze arretrate. Infine anche la compartecipazione delle famiglie ai costi è disomogenea: varia da un massimo nei comuni di Bergamo, Forlì e Parma, che riferiscono di caricare sulle famiglie quasi il cento per cento del costo, a un minimo dichiarato da Bari (trenta), Cagliari, Napoli e Perugia (35 per cento). «Queste differenze nell’accesso e nelle tariffe hanno contribuito a far sì che molte famiglie preferissero per i figli il panino da casa alla mensa», afferma Antonella Inverno, responsabile dell’unità Policy&Law di «Save the Children».
LA QUALITA' DEL CIBO
A quasi sei bambini su dieci i pasti forniti dalle rispettive mense durante lo scorso anno scolastico sono piaciuti. Ma ciò che i piccoli consumati non sembrano gradire molto, è l’ambiente in cui si pranza: considerato spesso troppo rumoroso e talvolta poco pulito.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).