Nella Giornata mondiale contro l’infezione Hiv, vale ancora questa raccomandazione soprattutto per i giovani. Domenica un telefono verde per informarsi
Diagnosi precoce e prevenzione dei comportamenti a rischio: sono questi i due temi del World Aids Day, in programma domenica 1 dicembre. Dati alla mano, ci sarebbe da essere soddisfatti: i decessi per la sindrome da immunodeficienza acquisita sono in calo (-30%), così come le nuove diagnosi (-33%). Ma è la scarsa consapevolezza della malattia tra i giovani a suggerire prudenza. Anche per questo domenica gli esperti del Telefono Verde AIDS (800.861.061), dalle 10 alle 18, saranno a disposizione degli utenti per rispondere a quesiti e fornire indicazioni in merito ai centri e alle organizzazioni non governative che si occupano di HIV sul territorio nazionale.
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I NUMERI DELLA MALATTIA
Se oggi sono poco più di due milioni gli adolescenti a convivere con l’infezione, a preoccupare è l’alto numero di coetanei esposti e incapaci di riconoscere e curare l’infezione in giovane età. Sono quasi 19 milioni nel mondo i malati, giovani e non, che non riescono ad avere accesso alle terapie con farmaci antiretrovirali. La prevalenza dell’Aids a livello globale è dunque in calo, ma i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ricordano che, nel 2012, ancora 35,3 milioni di persone convivevano con il virus. Senza trascurare le statistiche rese note dallo European Centre for Disease prevention and Control, secondo cui l’anno scorso in Europa sarebbero state contate oltre 31mila nuove diagnosi: l’8% in più rispetto al 2011. Cifre troppo rilevanti per abbassare la guardia che hanno portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a raccomandare l’utilizzo precoce dei farmaci antiretrovirali nei sieropositivi.
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I GIOVANI E L’HIV
Di Aids si moriva di più sul finire del secolo scorso, in un periodo in cui delle conseguenze della malattia si dibatteva con maggior frequenza. Oggi, invece, l’Hiv è spesso ai margini delle discussioni scientifiche, con la conseguenza che i giovani conoscono poco la malattia e i “trucchi” per evitarla. A partire dall'uso del preservativo, per esempio. Ma in Italia c’è una difficoltà legata anche alla folta pattuglia di infetti che non sono al corrente di essere tali. «Nel 2012 nel nostro Paese sono state effettuate 3.853 nuove diagnosi - spiega Barbara Suligoi, direttore del Centro Operativo Aids dell'Istituto Superiore di Sanità -. I dati evidenziano un cambiamento delle modalità di trasmissione: diminuisce la proporzione di consumatori di sostanze per via iniettiva e aumentano i casi attribuibili alla trasmissione per via sessuale». Esiste, dunque, un problema legato alla sottovalutazione del rischio nei giovani, soprattutto in quei soggetti che hanno frequenti rapporti occasionali.
COME CAMBIANO LE TERAPIE
La ricerca per vincere definitivamente il duello con l’Aids procede. È di poche settimane fa la scoperta di un mix di anticorpi in grado di debellare il virus nelle scimmie: nulla, però, di facilmente riscontrabile e applicabile nell’uomo nel giro di poco tempo. La battaglia, pertanto, prosegue. E vede protagonisti quasi tutti i Paesi del mondo, se la diffusione della malattia è cresciuta negli ultimi anni, come mai prima, in Europa dell’Est e Asia. Quasi tutti i farmaci oggi utilizzati nella cura dell’Aids agiscono sulla trascrittasi inversa, l’enzima che converte l’Rna in Dna e permette l’ingresso del virus nel nucleo della cellula ospite. Nulla di risolutivo, però. «I trattamenti a base di antiretrovirali presentano ancora differenze di risposta tra uomini e donne - afferma Antonella D’Arminio Monforte, direttore della clinica di malattie infettive all’ospedale San Paolo di Milano -. Queste ultime sono le più penalizzate. Molte di loro, sieropositive, incontrano difficoltà nella scelta di anticoncezionali che spesso interferiscono con i farmaci antiretrovirali e spesso ricorrono all’aborto volontario. Altre, dopo essersi scoperte infette in età fertile, rinunciano ad avere un figlio per paura di trasmettere il virus, anche se questo rischio oggi è ritenuto inferiore all’1%». In attesa di capire quanto sia efficace l’ipotesi di creare un vaccino ad hoc, si guarda con interesse agli antivirali Draco, in grado di uccidere rapidamente soltanto le cellule infette, evitando così la diffusione del virus.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).