Le campagne di sensibilizzazione, come quelle lanciate in occasione della giornata mondiale, servono sì a chiedere informazioni e a fare il test, ma l’effetto dura poco e presto tutto cade nel dimenticatoio. Ma i nuovi dati sull’epidemia in Italia mostrano una grave ignoranza su prevenzione
Le campagne di sensibilizzazione, come quelle lanciate in occasione della giornata mondiale, servono sì a chiedere informazioni e a fare il test, ma l’effetto dura poco. Ma i nuovi dati sull’epidemia in Italia mostrano una grave ignoranza su prevenzione
La buona notizia è che le l’incidenza dell’Aids e le sue vittime continuano a diminuire, da quando 16 anni fa vennero introdotte le terapie antiretrovirali. Quella cattiva è che la gran parte delle persone che oggi scoprono la malattia conclamata non sapeva neppure di essere sieropositiva. E anche la sieropositività si scopre tardi, nella metà dei casi quando l’infezione è già in fase avanzata. Insomma, tutti ricordiamo gli spot l’”alone rosso” o la vicenda del libretto di Lupo Alberto per le scuole, ma pare che per gli italiani, nonostante anni di campagne (e 50.000 morti), Aids e Hiv siano cosa dimenticata.
LE CAMPAGNE - Servono dunque le campagne di comunicazione e informazione? Sì, nell’immediato, poco nel lungo periodo. Queste sono state le conclusioni di una revisione condotta alcuni anni fa dal Cochrane Database, secondo cui la comunicazione dei mass media è efficace nel promuovere la richiesta di informazioni e la scelta di sottoporsi al test Hiv, azioni che sono considerati l’anticamera di comportamenti sessuali sicuri, come l’uso del profilattico, vero baluardo contro la diffusione della malattia. Una volta chiuso il sipario della campagna mediatica, però, l’effetto pare sparire. E il rischio Hiv torna nel dimenticatoio.
I DATI ITALIANI - In occasione della Giornata mondiale di lotta contro l’Aids, il Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità ha reso noto i nuovi dati sull’epidemia, aggiornati al 31 dicembre 2011 (qui il rapporto completo: http://www.iss.it/binary/publ/cont/onlineCOA_27_novembre.pdf). I nuovi casi di Aids erano 1.956 nel 2000, sono stati 774 nel 2011 (1,8 casi per 100.000 residenti). Dietro a questo calo, come si è detto, c’è la diffusione della terapia antiretrovirale combinata, che frenano la riproduzione del virus e sostengono le difese immunitarie. Al tempo stesso, però, il 62,9% delle persone che ricevono una diagnosi di Aids non ha mai fatto terapie antiretrovirali, semplicemente perché neppure sospettava di essere sieropositiva.
HIV - Nel 2011 sono stati diagnosticati 3.461 nuovi casi di HIV positività, 5,8 ogni 100.000 residenti. Si tratta perlopiù di maschi (75%) adulti (l’età media è di 38 anni per gli uomini e 34 per le donne). L’identikit delle nuove infezioni nel tempo è cambiato, crescendo la quota maschile (ora 3 volte quella femminile, mentre 10 anni fa erano il doppio) e anche l’età media (nel 1985 era di 26 anni per i maschi e 24 per le femmine). In quasi un terzo dei casi si tratta di stranieri.
TRASMISSIONE DEL VIRUS - Come si propaga il virus? E’ diventata marginale la quota di persone che contraggono l’Hiv tramite aghi infetti (dal 76,2% nel 1985 al 4,7% nel 2011), la prima via di contagio è il rapporto sessuale non protetto (78,8%), fra maschi e femmine nel 45,6% dei casi, fra maschi nel 33,2% dei casi (erano rispettivamente l’1,7% e il 6,3% dei casi di trasmissione nel 1985). Resta prioritaria la necessità di diffondere l’uso del profilattico e la consapevolezza dei rischi legati ai rapporti non protetti, non solo fra i giovani e giovanissimi, ma anche fra adulti che a torto si ritengono informati e immuni.
DIAGNOSI TARDIVE - Un ulteriore aspetto preoccupante è il fatto che sempre più persone scoprono di essere portatori di Hiv quando l’infezione è in fase avanzata, nel 56% dei casi con un numero di linfociti CD4 inferiore a 350 cell/?L.
PERCHE’ SI FA IL TEST? – Una novità di quest’anno sono i dati sulle motivazioni che hanno spinto le persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV a effettuare il test (che si può fare in totale anonimato). Il 24,8% lo ha fatto perché aveva sintomi che facevano sospettare un’infezione da HIV o l’AIDS, il 13,4% in seguito ad un comportamento a rischio non specificato e il 10,3% in seguito a rapporti sessuali non protetti.
IL NUMERO VERDE - Ricordiamo che a disposizione di tutti, non solo per la Giornata dedicata, c’è il Telefono Verde AIDS e IST (800.861.061).
Donatella Barus