Un ragazzo obeso su 4 non sa di esserlo. Ma si preoccupano, si sentono responsabili e non sanno con chi parlarne. L’identikit di adolescenti di 10 paesi con problemi di obesità
Una nuova ricerca internazionale presentata al Congresso europeo dell'obesità (ECO) di quest'anno mostra che quasi un quarto degli adolescenti che convivono con l'obesità (24%) non se ne rende conto. Tuttavia, la maggior parte di loro (85%) è preoccupata per l'impatto che il proprio peso potrà avere sulla salute futura. Molti fanno fatica a parlare del proprio stato fisico anche con le persone più vicine e due terzi ritengono che la responsabilità del proprio peso in eccesso sia unicamente personale.
STUDIO SU 5.000 RAGAZZI IN 10 PAESI (ITALIA COMPRESA)
I dati provengono dallo studio del sondaggio globale ACTION teens, supportato da Novo Nordisk, che produce farmaci per l'obesità e il diabete, in collaborazione con un gruppo di esperti internazionali che includono il presidente dell'European Association for the Study of Obesity (EASO), Jason Halford, e Vicki Mooney, presidente della Irish Coalition for People Living with Obesity (ICPO) e direttore esecutivo della European Coalition for People Live with Obesity (ECPO). I paesi inclusi nella ricerca sono: Australia, Colombia, Italia, Messico, Arabia Saudita, Corea del Sud, Spagna, Taiwan, Turchia e Regno Unito. Lo studio è stato svolto su un totale di 5.275 adolescenti obesi (di età compresa tra 12 e 18 anni); 5.389 caregivers, genitori o tutori legali di un adolescente obeso coinvolti nelle decisioni sanitarie e 2.323 medici di base, pediatri o altri specialisti.
L’OBESITÀ E LA QUALITÀ DI VITA
Tutti sono stati intervistati tramite un panel online, telefonate e incontri di persona su un'ampia gamma di argomenti che ruotano intono all’obesità e il suo impatto sulla qualità di vita, compresi i tentativi e le motivazioni legati alla decisione di perdere peso. Un dato importante emerso dallo studio è che la maggior parte dei partecipanti ritiene che l'obesità abbia un impatto sulla salute futura almeno pari o superiore a quello delle malattie cardiache, del cancro o del diabete. Un altro aspetto emerso è quello del ritenersi responsabili del proprio stato fisico e dei possibili cambiamenti di peso, discorso valido soprattutto per gli adolescenti (65%), rispetto ai caregivers (37%) e agli operatori sanitari (27%).
LA FATICA DI PERDERE PESO
Per quanto concerne invece gli ostacoli relativi alla perdita di peso segnalati dagli adolescenti obesi sono emersi questi fattori: difficoltà di controllo della fame (38%), mancanza di motivazione (34%) ricorso a cibi malsani (32%). Anche in questo caso, i caregivers hanno indicato gli stessi tre principali ostacoli alla perdita di peso: non essere in grado di controllare la fame (29%), mancanza di motivazione (26%) cibo poco salubre (28%). Per gli operatori sanitari, i primi tre ostacoli sono: abitudini alimentari malsane (93%), mancanza di esercizio fisico (92%) e piacere legato al consumo di cibo malsano (91%).
LA SOLITUDINE DEI RAGAZZI
Lo studio mette in evidenza anche i sentimenti di isolamento provati dagli adolescenti obesi. Uno su tre sente di non poter parlare con nessuno dei genitori del proprio peso; circa uno su tre ne parlerebbe con il proprio medico, un quarto ritiene di poter parlare con il proprio ragazzo o fidanzata con un fratello/sorella. È preoccupante che uno su 10 intervistati ritenga di non poter parlare con nessuno del proprio problema di peso.
LA SITUAZIONE ITALIANA E UN VADEMECUM
«I dati emersi da questo studio - commenta Mariacarolina Salerno, Presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica e professore associato di Pediatria presso l’Università Federico II di Napoli - sono perfettamente in linea con quelli messi in evidenza dal progetto “Okkio alla Salute” e che si riferiscono al 2019, ossia al periodo pre-pandemia, su 5.000 bambini di terza elementare in tutta Italia. Da quest’indagine è emerso che il 30% dei bambini è in sovrappeso o francamente obeso (2 su 10 in sovrappeso e 1 su 10 obeso). Anzi, la situazione è peggiorata durante la pandemia, come evidenziato da uno studio pubblicato sulla rivista Jama ad ottobre 2021, come facilmente intuibile per la reclusione in casa per il maggior tempo passato davanti a pc, tablet e TV e la conseguente mancanza di attività fisica e l’aumento del consumo di cibo spazzatura. Si stima un aumento di peso nei bambini e adolescenti di circa 2-3 chili in un anno tra i 5 e gli 11 anni di 2,3 kg nel solo 2020 e di 3,7 kg negli adolescenti tra i 12 e i 15 anni».
QUANTO CONTA LA FAMIGLIA
Si tratta di un problema importante e che colpisce soprattutto le aree più svantaggiate dal punto di vista economico e culturale del nostro paese, spiega la professoressa Salerno: «In Campania, ad esempio, la percentuale di soprappeso e obesità nei bambini di terza elementare tocca addirittura il 44% e parliamo sempre del 2019, quindi prima dell’esacerbazione ulteriore legata al Covid. Quella del sovrappeso e dell’obesità è una problematica che parte spesso dalla famiglia e dalla mancata conoscenza da parte dei genitori di quello che è uno stile di vita corretto. Segue poi la mancata consapevolezza di avere a che fare con un bambino in sovrappeso (o obeso). È fondamentale dunque capire quali siano le regole per alimentarsi bene e svolgere attività fisica. A questo proposito la SIEDP (Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica) ha pubblicato un utile vademecum consultabile online dai genitori» (link fra le fonti in calce all’articolo).
COME RISOLVERE IL PROBLEMA?
«Bisogna inoltre rendersi conto che non si può affrontare l’obesità come un problema acuto di risoluzione drastica e immediata. «Si tratta infatti - conclude Salerno -di un problema cronico che richiede un approccio lento, graduale e duraturo. Di un cambiamento di uno stile di vita da mantenere nel corso del tempo. Una dieta drastica non ha mai un effetto duraturo perché il presupposto di partenza è erroneo. Bisogna, sottolineare un altro aspetto importante, ossia che affinché la situazione migliori davvero, serve un approccio integrato da parte delle istituzioni e della scuola». Qualche esempio: «Sarebbe auspicabile ad esempio dall’eliminazione dei distributori presenti nelle strutture pubbliche che erogano merendine, per proseguire poi con campagne pubblicitarie che si focalizzino sulla corretta alimentazione e non sulla pubblicità di bibite gassate e zuccherine; promuovere l’attività fisica incentivando l’utilizzo di cortili e palestre nelle scuole anche per attività sportiva in orario extrascolatico».
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Fonti
Paola Scaccabarozzi
Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.