Il picco si è avuto nell’ultima settimana del 2023 e ora la curva di incidenza dell’influenza inizia a calare. Ma davvero la pandemia ci ha lasciato più indifesi?
Il picco di incidenza di sindromi simil-influenzali (ILI) è stato raggiunto in Italia nell’ultima settimana del 2023 con 18,3 casi per mille assistiti. Il numero di italiani colpiti fino ad ora sale a 7,8 milioni e, anche se ora i casi sono in netto calo, ci troviamo sempre nella fascia di intensità alta.
I DATI AGGIORNATI
Secondo i bollettini aggiornati della sorveglianza RespiVirNet, nella prima settimana del 2024 si osserva un netto calo dell’incidenza delle sindromi simil-influenzali che è pari a 16,5 casi per mille assistiti. A predominare è sempre il virus dell’influenza, ma concorrono diversi altri virus respiratori come Coronavirus e Virus Respiratorio Sinciziale (RSV). Tra i campioni risultati positivi dall’inizio della stagione, infatti, il 19% è positivo per SARS-CoV-2, il 12% per RSV, il 44% per influenza A, mentre i rimanenti sono risultati positivi per altri virus respiratori.
IL PICCO È STATO RAGGIUNTO?
L’incidenza è in netta diminuzione soprattutto nelle fasce di età pediatriche e maggiormente nei bambini al di sotto dei cinque anni in cui l’incidenza è pari a 33,6 casi per mille assistiti (47,2 nella settimana precedente), stabile negli adulti e anziani.
«Anche se è sempre difficile fare previsioni sull’andamento della stagione, un calo così netto fa pensare che il picco sia stato raggiunto – afferma Antonino Bella, responsabile della sorveglianza epidemiologica RespiVirNet e curatore del bollettino epidemiologico -. Sono comunque possibili oscillazioni ‘al rialzo’, soprattutto nei bambini, favorite dalla riapertura delle scuole».
«Continuiamo a raccomandare pertanto le vaccinazioni per le persone più a rischio, ancora utili in vista della ‘coda’ della stagione che durerà ancora diverse settimane, e una sana prudenza nei comportamenti. Resta valida la raccomandazione di non assumere antibiotici, inutili in caso di infezioni virali, se non su indicazione del proprio medico, e di recarsi al pronto soccorso solo se strettamente necessario», commenta Anna Teresa Palamara, che dirige il dipartimento Malattie Infettive dell’Iss.
SIAMO IN DEBITO DI IMMUNITÀ?
Come riportato nell’articolo pubblicato recentemente su JAMA Medical News, lo scorso autunno, in Cina i bambini si sono ammalati di malattie respiratorie prima, e in numero maggiore del solito. Lo stesso vale per le infezioni da virus respiratorio sinciziale (RSV) negli Stati Uniti e altrove nel 2021 e 2022. E l'attuale stagione invernale non sembra essere molto diversa per quanto riguarda il numero di casi più alto del solito, secondo i dati di sorveglianza del Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Spesso ci siamo domandati se e come la pandemia di Covid abbia contribuito a questi elevati tassi di altre malattie infettive che negli ultimi due inverni hanno avuto un’intensa diffusione.
«Al momento si tratta di fenomenologia», ha dichiarato al JAMA Wolfgang Leitner, PhD, capo della sezione Immunità Innata presso il National Institute of Allergy and Infectious Diseases. «Le persone fanno molte ipotesi sul meccanismo». Gran parte della discussione si è incentrata sul debito di immunità, espressione con la quale ci si riferisce a una ridotta diffusione di altri agenti patogeni a causa di interventi non farmacologici imposti per frenare la diffusione della SARS-CoV-2, come la chiusura delle scuole e l'obbligo di indossare le mascherine.
GLI EFFETTI DELLA PANDEMIA
Gli scienziati avevano previsto che la mancanza di stimolazione immunitaria dovuta alla ridotta circolazione di agenti microbici e al relativo ridotto assorbimento del vaccino, avrebbe indotto un 'debito immunitario' che avrebbe determinato conseguenze negative quando la pandemia sarebbe stata sotto controllo e le misure preventive di distanziamento sociale revocate. In effetti, le autorità cinesi hanno attribuito l'aumento delle malattie simil-influenzali nel loro Paese all'abolizione delle restrizioni COVID-19 e alla circolazione di agenti patogeni noti come l'influenza e il Mycoplasma pneumoniae, non a un nuovo agente infettivo, secondo una dichiarazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità del 22 novembre 2023.
Particolarmente intense sono state anche le infezioni da RSV nei bambini, in particolare nei neonati. E come ha sottolineato Leitner, alcuni vaccini hanno un duplice beneficio: proteggono dalla malattia specifica, ma inducono anche un'immunità non specifica contro altri agenti patogeni non correlati, la cosiddetta immunità eterologa. Durante la pandemia, il calo delle vaccinazioni contro malattie come il morbillo e la riduzione dell'esposizione ai virus circolanti hanno rappresentato "una sorta di doppio colpo" che potrebbe aver reso i bambini più suscettibili alle malattie infettive, tra cui l'RSV.
Oltre al debito di immunità, alcuni scienziati hanno suggerito che sta accadendo anche qualcos'altro: il fenomeno chiamato furto di immunità, che si riferisce all'idea che alcune persone che hanno avuto il COVID-19 risultino poi più suscettibili ad altre infezioni. Per quanto riguarda questa ipotesi i dati sono contrastanti e ancora da approfondire.
Fonti
Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile