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Oncologia
Caterina Fazion
pubblicato il 29-11-2023

Tumore della prostata: come cambia la vita di coppia?



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Dopo l’asportazione completa della prostata, Giuseppe ha affrontato insieme alla moglie Monica l’impatto della disfunzione erettile sulla vita di coppia. Ecco la loro esperienza

Tumore della prostata: come cambia la vita di coppia?

È l’inizio del 2021 quando Giuseppe, all’età di sessant’anni, scopre di avere i valori del PSA (antigene prostatico specifico) molto elevati. Solo in alcuni casi indicano la presenza di un tumore della prostata, ma è sempre bene fare degli accertamenti. Con la biopsia, purtroppo, viene confermata la diagnosi di cancro della prostata che ne ha richiesto l’asportazione totale. Giuseppe e sua moglie Monica ci raccontano come hanno affrontato la malattia, l’intervento chirurgico e soprattutto l’impatto della disfunzione erettile sulla vita di coppia, scoprendo l’importanza di un supporto psicologico.

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L’INCONTINENZA COME PRIMO EFFETTO

«La diagnosi di tumore della prostata, di per sé difficile da accettare come una qualunque diagnosi oncologica – racconta Giuseppe –, è capitata in un periodo per me già molto stressante: stavo affrontando una serie di problemi familiari e avevo lasciato il lavoro. In quel momento ho sentito molto forte la mancanza di un supporto psicologico che la struttura in cui ho effettuato l’operazione non offriva. I primi giorni dopo l’intervento ho utilizzato il catetere per svuotare la vescica dall’urina, e una volta rimosso è iniziato il periodo dell’incontinenza. Sono stati sei mesi difficili, ma grazie alla ginnastica pelvica per rinforzare la muscolatura le cose da questo punto di vista si sono sistemate. Anche la gestione dell’incontinenza stessa, che potrebbe risultare difficoltosa in contesti sociali, è stata agevolata dal fatto che, a causa del Covid, i contatti erano di per sé ridotti e fortunatamente mia moglie è riuscita a starmi vicino nel migliore dei modi».

«Le reazioni che ognuno di noi ha in queste situazioni sono estremamente personali – spiega Monica –, per cui io stessa non sapevo come gestire le fragilità di mio marito. Tuttavia, avendo avuto un’esperienza simile, essendo stata colpita anni prima da tumore al seno, avevo vissuto sulla mia pelle i timori e le insicurezze date da una diagnosi oncologica. Sapevo cosa Giuseppe stesse attraversando per cui gli ho lasciato la più totale libertà di vivere le sue emozioni, tra alti e bassi».

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

IL PESO DELLA DISFUNZIONE ERETTILE

«Rispetto all’incontinenza, i conti più difficili da fare, nel mio caso – riflette Giuseppe –, sono stati con la disfunzione erettile. Vedendo come il mio corpo era cambiato mi sono sentito “castrato”: perdere l’eiaculazione è stato per me molto doloroso. I problemi di erezione sono stati parzialmente risolti farmacologicamente anche se, qualche mese dopo l’operazione, è insorta un’ulteriore problematica: la malattia di La Peyronie, anche detta malattia del pene curvo, che rendeva molto dolorosa e complessa la penetrazione. Questo ulteriore macigno ci ha spinto a cercare un aiuto psicologico che potesse dare una mano nel gestire la vita di coppia e le ripercussioni psicologiche che iniziavano a farsi sentire».

«Fortunatamente il dialogo nella nostra coppia non è mai mancato – continua Monica –, ma stavamo affrontando ormai da mesi momenti dolorosi ed eravamo molto provati. Con la volontà di risolvere abbiamo avuto il coraggio di ammettere che necessitavamo di un aiuto esterno. Per questo, dopo un anno molto duro a seguito dell’operazione, e dopo molte ricerche, ci siamo rivolti al programma prostata dell’Istituto Nazionale Tumori (INT) dove siamo stati presi in carico dalla dottoressa Simona Donegani, psicologa presso l’Unità Operativa di Psicologia dell’INT. È così iniziato il nostro percorso psicologico che avremmo voluto scoprire molto prima».

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UNA NUOVA SESSUALITÀ

«La dottoressa Simona Donegani è stata molto diretta, ci ha subito detto, senza nasconderci mai nulla, che le cose non sarebbero più state le stesse», ricorda Monica. Tuttavia, è stata fondamentale per aiutarci a focalizzare la nostra attenzione e le nostre energie su altri aspetti della nostra intimità al di là della sola penetrazione, come il gioco e la complicità, aiutandoci a vivere la nostra vita di coppia in maniera più ampia. C’è stata una ricostruzione diversa della sessualità, non necessariamente meno appagante. È però fondamentale accettare il cambiamento e crescere con vie alternative. Se si vive questa situazione solamente come una privazione non riuscendo ad andare oltre, infatti, il rischio di rimanere soffocati e di non sopravvivere come coppia è altissimo».

«Con questa malattia entra in gioco una cultura molto diffusa che pone al centro della sessualità la potenza maschile legata alla virilità, ovvero alla sua capacità di penetrazione», spiega Giuseppe. «Purtroppo anche io inizialmente la pensavo così, senza neanche rendermene conto, ed è per questo che in un momento iniziale la disfunzione sessuale mi ha atterrito così tanto. Grazie al supporto psicologico della dottoressa Donegani ho imparato a vivere la sessualità in maniera molto più completa: una vita intima appagante è fatta anche di gesti, di sguardi e di complicità. È fondamentale però mettersi in gioco, occorre lavorare molto in coppia, accettando l’aiuto di un professionista».

 

UN’OPPORTUNITÀ DI CAMBIAMENTO

«Prima di cominciare il percorso di supporto psicologico sono passati quasi due anni dalla diagnosi di tumore della prostata. È stato per me un periodo molto complesso – prosegue Giuseppe – durante il quale ho visto mutare la mia immagine di uomo, di lavoratore e di compagno che mi ha provocato un duro momento di depressione. Con la dottoressa Donegani ho parlato non solo della sfera sessuale, condivisa con mia moglie, ma anche della mia situazione personale. Ho capito l’importanza di non isolarsi, di non temere il giudizio altrui: anche senza lavoro e con una vita sessuale diversa da quella passata restavo comunque una persona valida, in grado di amare, di pensare, di creare. Considero quindi questa situazione come un’opportunità di cambiamento in positivo».

«Chi deve affrontare situazioni complesse come ad esempio un tumore, spesso si trova a pensare che la diagnosi segni l’inizio di un destino nefasto: le coppie sono destinate a sfasciarsi e si perde valore come persone e come compagni, ma non è così. Un tumore può far parte delle nostre vite, ma nessuno deve sentirsi marchiato per questo perché noi non siamo la malattia che ci ha colpito. Guarire è ovviamente importantissimo, ma anche la preservazione della qualità della vita non deve essere sottovalutata. Per questo motivo essere presi in carico già al momento della diagnosi non solo dal punto di vista medico, ma anche psicologico, sarebbe fondamentale. A me personalmente è mancato moltissimo all’inizio del nostro percorso un supporto e anche un confronto con altri pazienti e con le loro compagne, per sentirmi meno sola e smarrita».

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UN TABÙ PERICOLOSO

«Purtroppo del tumore alla prostata se ne parla molto poco – riflette Giuseppe –, questo perché l'uomo ha l’impressione di dover essere sempre forte e potente. Anche i controlli effettuati sono pochi e l’argomento, colpendo la sfera intima, è trattato con vergogna, il più delle volte. Non dimentichiamo che, per quanto sia un tumore molto diffuso negli over 60, può colpire anche persone più giovani che potrebbero dunque trovarsi a fare i conti con una precoce perdita della fertilità. Per questo essere informati anche sulle possibilità di preservare la propria fertilità, ad esempio crioconservando gli spermatozoi, dovrebbe essere la prassi. Così come avere un aiuto psicologico per il paziente e per i familiari: subito dopo la diagnosi inizia un cambiamento inevitabile che sconvolge la vita in maniera più o meno importante. Affidarsi a qualcuno che ti aiuti a vedere le cose da un punto di vista obiettivo e differente è fondamentale per non lasciarsi travolgere e soffocare dalla malattia».

«Quello offerto dall’INT è un servizio estremamente valido che, nel nostro caso, ha fatto davvero la differenza», conclude Monica. «Siamo stati presi a cuore e in carico dalla dottoressa Donegani che con un occhio esterno e preparato ha guidato le nostre emozioni, dandoci spunti diversi di riflessione che ci hanno permesso di non rimanere schiacciati dalla difficile situazione in cui ci trovavamo e dalla quale desideravamo uscire più forti di prima. Siamo molto grati perché nel nostro caso, nonostante la voglia e i tentativi, da soli non ce l’avremmo fatta».

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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