Nelle forme localmente avanzate l'utilizzo dell'immunoterapia in associazione a chemio e radioterapia permette di migliorare la sopravvivenza. In alcuni casi si può parlare anche di guarigione. I risultati presentati ad ESMO
L'utilizzo combinato dell'immunoterapia con chemio e radio è in grado di migliorare la sopravvivenza globale nelle forme di tumore della cervice uterina localmente avanzato. Un risultato straordinario che cambierà la pratica clinica frutto dell'intuizione della ricerca italiana no-profit MITO (Multicenter Italian Trials in Ovarian cancer and gynecologic malignancies). I risultati sono stati presentati al congresso dell'European Society for Clinical Oncology, uno dei più importanti appuntamenti a livello mondiale nella lotta al cancro.
IL TUMORE DELLA CERVICE UTERINA
Ogni anno in Italia sono circa 2400 i nuovi casi all'anno di tumore della cervice uterina. Causato principalmente da un'infezione da virus HPV, si stima che causi il decesso di circa 500 donne ogni anno. Fortunatamente si tratta di un tumore a lenta evoluzione. Ecco perché, sottoponendosi a controlli regolari e ad esami quali Pap-test o HPV-test, è possibile intercettare eventuali lesioni che nel tempo si potrebbero trasformare in tumore.
LA CURA DELLE FORME LOCALMENTE AVANZATE
Nelle forme metastatiche l'immunoterapia si è già dimostrata utile nel controllare, almeno per del tempo, la malattia. La vera sfida però riguarda le forme localmente avanzate che rappresentano circa il 70% di tutte le diagnosi. «Negli ultimi 20 anni i progressi ottenuti nel trattamento di questo tumore non hanno riguardato le forme localmente avanzate. In tutto questo tempo il trattamento standard si è sempre basato sull'utilizzo della chemioterapia e della radioterapia» spiega la professoressa Domenica Lorusso, direttore del Programma di Ginecologia Oncologica all'Humanitas San Pio X di Milano.
IL RUOLO DELL'IMMUNOTERAPIA
Una situazione che si è finalmente sbloccata grazie ai dati positivi ottenuti nel trial clinico KEYNOTE-A18 presentato ad ESMO. Lo studio è stato "disegnato" alcuni anni fa dagli scienziati italiani di MITO coordinati dalla professoressa Lorusso (Multicenter Italian Trials in Ovarian cancer and gynecologic malignancies). Allo scorso congresso ESMO furono presentati i primi incoraggianti risultati. Ora è arrivata la conferma definitiva: aggiungere l'immunoterapia con pembrolizumab alla terapia standard con chemio e radioterapia è la strategia migliore per curare questi tumori. Un dato su tutti: la sopravvivenza globale a 3 anni ha raggiunto l’82,6% nelle pazienti con nuova diagnosi che hanno ricevuto il regime immunoterapico rispetto al 74,8% per coloro che sono state trattate con la sola chemio-radioterapia.
CAMBIA LO STANDARD DI CURA
«Per la prima volta in oltre 20 anni in cui non vi sono stati reali progressi, questa combinazione cambia lo standard di cura. L’aggiunta dell’immunoterapia con pembrolizumab alla chemioradioterapia consentirà di portare a una potenziale guarigione un maggior numero di pazienti. Ricordiamo infatti che si tratta di uno stadio di malattia potenzialmente curativo» spiega la Lorusso. Un cambio di scenario possibile grazie al ruolo della ricerca italiana: «Lo studio KEYNOTE-A18 evidenzia l’alto livello dei ricercatori italiani, che sono in grado di aprire nuove vie nella sfida alla malattia -spiega Franco Perrone, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica)-. Il tumore della cervice uterina colpisce spesso donne giovani, impegnate nella professione e nella famiglia, con figli piccoli. Inoltre, è una neoplasia molto sintomatica e dolorosa, che impedisce una vita sociale. Da qui l’importanza dell’innovazione che offre terapie che migliorano la sopravvivenza e permettono di ottenere, in alcuni casi, l’importantissimo obiettivo della guarigione».
IL RUOLO DELLA PREVENZIONE
Mentre le nuove terapie stanno finalmente emergendo dopo decenni di sostanziale stagnazione, è essenziale sottolineare l'importanza della prevenzione per i tumori della cervice uterina. La quasi totalità di questi tumori è causata dall'infezione da HPV, ma fortunatamente da anni esiste un vaccino capace di neutralizzare il virus. In Paesi come l'Australia, dove la vaccinazione è stata introdotta precocemente tra gli adolescenti, si è osservata una significativa riduzione dei tumori correlati all'HPV. In Italia è urgente migliorare le coperture vaccinali, ancora insufficienti sia tra i maschi che tra le femmine. Inoltre, la vaccinazione è raccomandata anche per chi è già positivo all'HPV, poiché il vaccino può comunque contribuire a prevenire lo sviluppo della malattia.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.