L'utilizzo combinato dell'immunoterapia con chemio e radio o una chemioterapia di induzione diminuisce il rischio che la malattia si ripresenti. I risultati presentati ad ESMO
Nel tumore della cervice uterina localmente avanzato l'utilizzo dell'immunoterapia o di una chemioterapia di induzione è in grado di ridurre notevolmente il rischio che la malattia si ripresenti. A dimostrarlo sono due importanti studi presentati a Madrid al congresso dell'European Society for Medical Oncology (ESMO), uno dei più importanti appuntamenti al mondo dedicato alle cure anticancro. I risultati ottenuti cambieranno presto la pratica clinica.
IL TUMORE DELLA CERVICE UTERINA
Ogni anno in Italia sono circa 2400 i nuovi casi all'anno di tumore della cervice uterina. Causato principalmente da un'infezione da virus HPV, si stima che causi il decesso di circa 500 donne ogni anno. Fortunatamente si tratta di un tumore a lenta evoluzione. Ecco perché, sottoponendosi a controlli regolari e ad esami quali Pap-test o HPV-test, è possibile intercettare eventuali lesioni che nel tempo si potrebbero trasformare in tumore. Proprio per la capacità di fare diagnosi precoce, anche in caso di malattia la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è prossima al 70%. Esistono però dei casi dove la malattia viene diagnosticata già in fase avanzata. Ed è proprio in questi frangenti che il tumore, anche se asportato correttamente, presenta un rischio di recidiva molto elevato.
COMBINARE CHEMIO, RADIO E IMMUNOTERAPIA
Ad oggi, per il tumore della cervice uterina localmente avanzato, la strategia di cura maggiormente utilizzata per evitare il rischio di recidiva prevede la combinazione di chemio e radioterapia. Ora, grazie ai risultati presentati ad ESMO, la situazione cambierà radicalmente. Nello studio KEYNOTE-A18 è stata testata la combinazione dell'immunoterapico pembrolizumab con la chemio e radioterapia rispetto alla terapia standard. Dalle analisi è emerso che questa combinazione è stata in grado di migliorare la sopravvivenza libera da progressione, ovvero il tempo che intercorre tra il trattamento e la ripresa della malattia. A due anni dal trattamento era libero da progressione il 67,8% delle pazienti trattate con la combinazione contro il 57,3% della sola chemio. Non solo, lo studio fa ben sperare anche nel dato della sopravvivenza globale. «I risultati di questo trial, che mostrano come il regime a base di pembrolizumab abbia ridotto il rischio di progressione o morte del 30% rispetto alla sola chemioradioterapia concomitante, sono particolarmente rilevanti soprattutto se si considera che per le pazienti di nuova diagnosi con tumore della cervice uterina localmente avanzato ad alto rischio non ci sono stati progressi delle opzioni terapeutiche per 20 anni» ha commentato Domenica Lorusso, coordinatrice dello studio e Professore Ordinario di Ginecologia e Ostetricia Università Humanitas di Milano.
I BENEFICI DELLA CHEMIOTERAPIA DI INDUZIONE
Ma le novità non finiscono qui perché sempre ad ESMO è stato presentato uno studio (GCIG INTERLACE), sempre nel tumore della cervice uterina localmente avanzato, che ha comparato l'utilizzo di una chemioterapia di induzione prima della chemio e radioterapia rispetto al trattamento standard di chemio e radioterapia. Anche in questo caso l'aggiunta di un trattamento di induzione ha portato ad un miglioramento della progressione libera da malattia. Lo studio, iniziato molto prima di KEYNOTE-A18, ha mostrato anche un significativo aumento della sopravvivenza globale alla malattia: a 5 anni dal trattamento era vivo l'80% delle pazienti trattate con la terapia di induzione contro il 72% della sola chemio e radioterapia. Il risultato di questo studio è particolarmente significativo soprattutto per quanto riguarda quei Paesi dove, per ragioni economiche e di struttura del sistema sanitario nazionale, è difficile l'accesso ai farmaci di ultima generazione come gli immunoterapici. La chemioterapia di induzione risulta infatti essere un trattamento maggiormente accessibile. Questo nuovo schema terapeutico potrà cambiare in meglio la vita di migliaia di donne.
L'IMPORTANZA DELLA VACCINAZIONE
Mentre le nuove terapie, dopo 30 anni di sostanziale stallo, stanno incominciando ad emergere, è fondamentale ricordare il ruolo della prevenzione per questo genere di tumori. «La quasi totalità dei tumori della cervice uterina -spiega Saverio Cinieri, presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica- è dovuto all'infezione da HPV. Fortunatamente da diversi anni abbiamo disponibile un vaccino in grado di neutralizzare il virus. In alcune nazioni dove la vaccinazione negli adolescenti è stata introdotta da diverso tempo, come ad esempio l'Australia, l'incidenza dei tumori HPV-correlati sta diminuendo sensibilmente. Ecco perché oggi più che mai nel nostro Paese occorre migliorare le coperture vaccinali che, sia tra i maschi sia tra le femmine, sono ancora troppo scarse. Non solo, occorre ricordare che la vaccinazione è consigliata anche se si è positivi all'HPV. Il vaccino aiuta comunque nel contrastare l'eventuale insorgenza della malattia».
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.