Sonnambulismo, incubi, risvegli notturni tra i 9 e 11 anni possono sfociare in disturbi come depressione, aggressività o malessere fisico. Il buon sonno è sottovalutato
Un sonno di cattiva qualità nell’infanzia più avanzata può contribuire a sviluppare disturbi psichiatrici, anche nella prima adolescenza. Interventi precoci riuscirebbero a stemperare i sintomi, ma il problema in genere è sottovalutato o non rilevato. Uno studio dell’Università di Melbourne (Australia) coglie e sottolinea il collegamento tra le due età con un’indagine in cui sono stati coinvolti 10.313 genitori o altri adulti responsabili di bambini. La ricerca, pubblicata su Jama Psychiatry, è stata guidata da due dottoresse, Rebecca Cooper e Vanessa Cropley, e ha preso in esame bambini dai 9 agli 11 anni, poi li ha ricontrollati due anni dopo. I sintomi che possono sviluppare avendo un sonno disturbato una volta divenuti ragazzini sono sia di tipo interiore, come depressione e ansia, oppure di tipo rivolto all’esterno, come aggressività e comportamenti fuori dalle regole.
DAGLI INCUBI AL SUDORE AL NON PRENDERE SONNO
I genitori di questi diecimila bambini hanno risposto alle domande dello Sleep Disturbance Scale for Children Sdsc, una scala di valutazione del sonno nell’infanzia, indicando il loro comportamento mentre dormivano negli ultimi sei mesi: se avessero avuto problemi di sonnambulismo, incubi, sudorazione, disturbi respiratori, difficoltà ad addormentarsi o a rimanere addormentati e così via. In base ai risultati, i bambini sono stati suddivisi in quattro profili di disturbi nel sonno tra i 9 e gli 11 anni e poi, due anni dopo, tra gli 11 e i 13:
- disturbi leggeri (25,2 per cento nel primo riscontro, 30,3 nel riscontro successivo)
- problemi nel prendere sonno o mantenerlo (16 per cento e 32,6)
- disturbi moderati e non specifici o “disturbi misti” (42,3 per cento e 22,1 per cento)
- disturbi accentuati (16,5 per cento e 15 per cento)
ANCHE MALESSERI FISICI DOPO IL “MAL DI SONNO”
Tra il primo e l’ultimo gruppo si è poi constatato la maggiore gravità di sintomi emotivi e comportamentali in quanti avevano vissuto disturbi del sonno accentuati. Per i quanto riguarda i sintomi interiorizzanti, depressione e ansia sono risultati 1,44 volte più frequenti e 1,24 volte più frequenti i sintomi di aggressività e sregolatezza. «Tuttavia il dislivello più alto si è visto nei disturbi somatici, tipo mal di pancia, mal di testa, con circa il 60 per cento di intensità in più nei bambini-ragazzini con i più alti disturbi nel sonno rispetto al primo livello», hanno detto le dottoresse Cooper e Cropley. «Clinicamente, questi risultati sottolineano l’importanza di diagnosi di routine e interventi sia per i problemi del sonno sia di psicopatologia, con particolare riguardo ai sintomi di disagio fisico».
«HO CREATO QUESTA SCALA, ORA LA PIÙ USATA NEL MONDO»
Intervistando il professor Oliviero Bruni, ordinario di Neuropsichiatria infantile all’Università La Sapienza di Roma con particolare specializzazione in Medicina del sonno, scopriamo che la scala di misurazione dei disturbi nel sonno, Sdsc, impiegata nella ricerca di Melbourne, è una sua creatura. «La sviluppai nel 1996, ed ebbi non pochi oppositori, ma ora è la scala più utilizzata nel mondo», racconta.
IL PROBLEMA È L’ABITUDINE
Il suo giudizio sullo studio è molto positivo non fosse altro perché condotto su un numero così grande di bambini. «Quelli che dormono male, sono più irritabili, più nervosi, ed ecco una prima alterazione che riguarda l’umore – spiega -. Ora, se accade una notte non vuol dire nulla, ma se accade tutte le sere è un problema, diciamo che diventa lo stile di vita notturno del bambino».
IMPORTANTE INTERVENIRE PRESTO
Sotto c’è un problema serio: la genetica. Questo “stile” è ereditario, chi lo mette in pratica è a priori predisposto. «Se si fa l’anamnesi familiare, certi disturbi psichiatrici si trovano in effetti nei genitori, in modo più o meno accentuato», spiega il professor Bruni. «Ovvio che se non si ignora il problema e si interviene in epoca precoce, si possono prevenire, o almeno attenuare, i sintomi psichiatrici». Quale tipo di intervento? «Due. La psicoterapia comportamentale e i farmaci. La psicoterapia permette di sviluppare delle autonomie sia per l’addormentamento sia per i risvegli notturni, ma non risolve il problema di base. Certamente, i miglioramenti nel sonno portano a un miglioramento della psicopatologia, tanto nei sintomi interiorizzanti che esteriorizzanti. Al contrario, la psicopatologia non favorisce necessariamente i problemi nel sonno».
DISTURBI DEL SONNO ANCORA SOTTOVALUTATI
Continua Oliviero Bruni: «Purtroppo questo problema del sonno disturbato è ignorato o sottovalutato. A livello di sanità pubblica non c’è nulla riguardo questa prevenzione, non ce n’è proprio contezza. Anche in famiglia questi disturbi dei figli nella notte non vengono considerati, è vero che a volte sono transitori, ma se continuano… Diciamo che il problema del sonno dei bambini diventa reale quando altera il sonno del genitore». Che, per esempio, si deve alzare per le grida o il pianto del figlio e vedere che cosa succede.
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Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.