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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 12-12-2023

Nel 2023, in Italia, attesi 395mila nuovi casi di tumore



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In aumento i casi di tumore rispetto all'anno precedente. Negli ultimi 13 anni, grazie a diagnosi precoce e terapie all'avanguardia, sono stati evitati oltre 268mila decessi. La situazione raccontata ne "I numeri del cancro in Italia 2023"

Nel 2023, in Italia, attesi 395mila nuovi casi di tumore

In Italia, nel 2023, saranno 395mila le nuove diagnosi di cancro: 208mila negli uomini, 198mila nelle donne. Al primo posto per numero di nuovi casi c'è il tumore al seno seguito dal tumore del colon-retto e tumore del polmone. Con un più 18.400 diagnosi negli ultimi 36 mesi, a preoccupare è la scarsa adesione agli screening oncologici, l'effetto del fumo di sigaretta nelle donne e la scarsa consapevolezza sull'importanza di uno stile di vita sano. La buona notizia è che si vive di più grazie a terapie sempre più all'avanguardia: in 13 anni, grazie alla prevenzione e alle nuove cure, sono state evitati oltre 268mila decessi. Sono questi, in estrema sintesi, i messaggi e le stime per il 2023 elaborati dall'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione AIOM, Osservatorio Nazionale Screening (ONS), PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPeC-IAP) e raccolti nel volume "I numeri del cancro in Italia 2023" presentato oggi a Roma presso il Museo dell’Istituto Superiore di Sanità. 

 

I TUMORI PIÙ DIFFUSI

La neoplasia più frequentemente diagnosticata nel 2023 continua ad essere il tumore del seno con 55.900 casi seguito dal tumore del colon-retto con 50.500, dal tumore del polmone con 44.000, dal tumore della prostata 41.100 e dal tumore della vescica con 29.700.

Andando a confrontare l'incidenza per sesso emerge che negli uomini verranno diagnosticati -oltre ai 41.100 nuovi casi di tumore della prostata, il cancro maschile più frequente (19,8% di tutti i tumori maschili)- 29.800 nuovi casi di tumori del polmone, il secondo più frequente negli uomini (14,3%), 26.800 del colon-retto (12,9%) e 23.700 della vescica (11,4%). Nelle donne invece -oltre ai 55.900 nuovi tumori della mammella, che continua a essere di gran lunga il tumore femminile più frequente, rappresentando il 30% di tutte le neoplasie nelle donne- ci saranno 23.700 nuovi casi di tumore del colon-retto (12,7% dei tumori femminili) seguito da 14mila nuovi casi di tumore del polmone (7,4%) e da 10.200 di tumori dell'endometrio (5,5%).

Nel documento presentato ci sono inoltre le stime per gli anni a venire: nei prossimi due decenni il numero assoluto annuo di nuove diagnosi oncologiche in Italia aumenterà, in media dell’1,3% per anno negli uomini e dello 0,6% per anno nelle donne. Un aumento che riguarderà anche i tumori più frequenti, quale il tumore della mammella nelle donne (+0,2% per anno), il tumore della prostata negli uomini (+1,0% per anno) e il tumore del polmone in entrambi i sessi (+1,3% per anno).

 

L'IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE

A pesare sull'aumento dei nuovi casi, al netto di una popolazione che invecchia e quindi è maggiormente predisposta a sviluppare la malattia, c'è anche la scarsa attenzione agli stili di vita. Un esempio su tutti è l'abitudine al fumo: nel biennio 2021-2022, in Italia, il 24% dei 18-69enni è fumatore. L'abitudine tabagica è più frequente fra gli uomini rispetto alle donne, fra i più giovani, fra i residenti nel Centro-Sud ed è fortemente associata allo svantaggio sociale, perché è più diffusa fra le persone con molte difficoltà economiche o meno istruite. Inoltre, sempre sul fronte degli stili di vita, nel rapporto viene sottolineato che ul 30% della popolazione è completamente sedentario e all'inattività fisica in genere si accompagnano sovrappeso e obesità, altri importanti fattori di rischio oncologico. Più di 4 adulti su 10 sono in eccesso ponderale, in particolare il 33% è in sovrappeso e il 10% è obeso. L'obesità è poco più frequente fra gli uomini, aumenta significativamente con l’età e coinvolge particolarmente le persone con svantaggio sociale. Infine, una persona su 6 (17%) fa un consumo di alcol a "maggior rischio" per la salute, per quantità o modalità di assunzione. Diversamente dagli altri fattori di rischio comportamentali, il consumo di alcol si caratterizza per essere più frequente fra le classi sociali più abbienti, senza difficoltà economiche o con livelli di istruzione elevati. 

 

SCREENING POCO SFRUTTATI

Sul fronte della diagnosi precoce, fondamentale per aumentare le probabilità di sopravvivenza alla malattia, gli screening oncologici gratuiti sono ancora troppo poco sfruttati. Nel 2022 il dato nazionale di adesione allo screening mammografico è del 43%, in calo di tre punti percentuali rispetto all'anno precedente. Analizzando i dati per macroarea nel 2022, la maggiore contrazione dell'indicatore si osserva al Nord passando dal 63% nel 2021 al 54% nel 2022, mentre vi è una sostanziale tenuta al Centro e un aumento di 3 punti percentuali al Sud e Isole (23% nel 2021 e 26% nel 2022). 

Per quanto riguarda lo screening colon-rettale per la ricerca del sangue occulto nelle feci, possibile spia di un tumore del colon-retto, il livello di copertura è decisamente inferiore ai valori registrati per lo screening mammografico, sia per macroarea geografica che complessivamente per l’Italia. Negli anni 2018 e 2019, il valore complessivo si attestava al 31% e 30% rispettivamente per ridursi al 17% nel 2020. Nel 2021 si è osservata una notevole ripresa con un valore analogo a quello del 2019. Nel 2022 il valore nazionale (27%) è in flessione di 3 punti percentuali rispetto al 2021. Come per lo screening mammografico si osservano forti disomogeneità tra macroaree e una maggiore riduzione dell’indicatore si osserva nella macroarea Nord (45% nel 2021 e 38% nel 2022) seguita da una flessione più contenuta al Centro (31% nel 2021 e 28% nel 2022). La macroarea Sud e Isole mostra un aumento di due punti percentuali, ma la copertura (12%) è decisamente sub-ottimale.

Per lo screening cervicale, utile ad identificare le lesioni pre-cancerose nel collo dell'utero, mostra un andamento un po' diverso rispetto agli altri due screening con valori complessivi pre-pandemici intorno al 39%, un calo al 23% nel 2020, un livello di copertura del 35% nel 2021 e un ulteriore avanzamento pari al 41% nel 2022. Per la corretta lettura di questi dati è bene tenere presente che la prevenzione del tumore del collo dell’utero riconosce una componente opportunistica molto rilevante e questo rende ragione dei valori di copertura osservati. Nel 2022 il miglioramento della copertura rispetto al 2021 interessa particolarmente il Nord ed il Sud e Isole: questo miglioramento è, almeno in parte, da imputare alla maggiore estensione degli inviti alla popolazione con una contemporanea transizione da Pap test a HPV test a partire dai 30 anni. Complessivamente quasi tutte le regioni riescono a garantire o a migliorare la copertura rispetto al 2021 ad eccezione dell’Umbria che registra un calo consistente nell'offerta di invito.

Con questi dati complessivi, sul fronte screening, l'obiettivo stabilito dall'Unione Europea di raggiungere con l'invito a sottoporsi ai test al 90% degli aventi diritto appare ancora lontano. «Purtroppo -spiega Francesco Perrone, presidente AIOM- non abbiamo molto tempo e senza un importante avanzamento del Sud non saremo in grado di raggiungere questo traguardo. Non solo, garantire l’invito non basta. Perché lo screening sia efficace, è necessario che la popolazione partecipi. Questo significa che è quanto mai necessario adottare campagne permanenti di sensibilizzazione congiunte a un’offerta capillare e fruibile». 

 

LE MORTI EVITATE

Dal volume "I numeri del cancro in Italia 2023" emergono però anche buone notizie circa la cura dei tumori. Sia negli uomini che nelle donne, in Italia, il numero osservato di morti causate da tutti i tumori nel loro complesso è stato ogni anno, dal 2007 al 2019, inferiore al numero atteso rispetto ai tassi medi del 2003-2006. In 13 anni (2007-2019), in Italia, sono state evitate 268.471 morti oncologiche.

Negli uomini, nel periodo 2007-2019 per tutte le sedi tumorali, sono state stimate 206.238 morti in meno rispetto a quelle attese, equivalenti a una diminuzione del 14,4% delle morti oncologiche in tutto il periodo. Il numero di morti oncologiche evitate è passato da 4.143 nel 2007 a 28.952 nel 2019 negli uomini (-23,5% rispetto al numero atteso). Negli uomini, i maggiori vantaggi in termini di morti evitate in tutto l’arco temporale 2007-2019 sono stati documentati per i tumori del polmone (-73.397 morti; -18,7%), della prostata (-30.745 decessi; -24,1%), dello stomaco (-25.585 morti; -25,7%) e del colon-retto (-16.188 morti; -10,8%). Un numero inferiore di morti rispetto a quello atteso è stato documentato anche per i tumori ematologici, -4,4% per quanto riguarda i linfomi non-Hodgkin e -8,2% per le leucemie. Viceversa, per i tumori del pancreas e del melanoma il numero di morti osservate è risultato superiore a quello atteso: dal 2007 al 2019 ci sono state 1.344 morti in più rispetto al numero atteso (+1,9%) per il tumore del pancreas e 1.256 morti in più (+9,5%) per il melanoma cutaneo.

Nelle donne, nel periodo 2007-2019 per tutte le sedi tumorali, sono state stimate 62.233 morti in meno rispetto a quelle attese, equivalenti a una diminuzione del 6,1% delle morti oncologiche in tutto il periodo. Il numero di morti oncologiche evitate è passato da 614 (-0,9%) nel 2007 a 9.346 (-11,0%) nel 2019. I maggiori vantaggi in termini di morti evitate in tutto l’arco temporale 2007-2019 nelle donne in Italia sono stati documentati per i tumori dello stomaco (-16.724 morti; -24,1%), del colon-retto (-11.067 morti; -8,9%), e della mammella (-10.223; -6,0%). Un numero inferiore di morti rispetto a quello atteso è stato documentato anche per il tumore dell’ovaio (-3,6%) e per i tumori ematologici: -14,0% per quanto riguarda i linfomi non-Hodgkin, e -8,0% per le leucemie. Viceversa, per i tumori del polmone, del pancreas e per il melanoma il numero di morti osservate è risultato superiore a quello atteso: dal 2007 al 2019 ci sono state ben 16.036 morti in più dell’atteso per il tumore del polmone (+16%), 4.816 morti in più (+6,9%) per il tumore del pancreas e 629 morti in più (+6,6%) per il melanoma cutaneo.

 

LE CURE FUNZIONANO

Gli importanti numeri delle morti evitate negli ultimi anni indicano chiaramente il progresso delle cure. «Le terapie mirate hanno consentito di ottenere, nei casi eleggibili sulla base del profilo molecolare, risposte obiettive molto importanti, associate spesso a un controllo di malattia prolungato nel tempo -spiega Massimo Di Maio, Presidente Eletto AIOM-. L’altra grande rivoluzione è stata rappresentata dall’introduzione dei farmaci immunoterapici di nuova generazione. L’immunoterapia ha modificato l’algoritmo terapeutico di numerosi tumori solidi e si caratterizza per ottenere, in una percentuale di pazienti, una risposta di lunghissima durata, a volte anche di anni. Ad esempio, quando il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato era rappresentato dalla sola chemioterapia, la sopravvivenza a 5 anni era intorno al 5%. Oggi, le analisi a lungo termine degli studi condotti con l’immunoterapia dimostrano che la possibilità di essere vivi a 5 anni è salita significativamente fino al 20-30%. Un cambiamento culturale molto importante è costituito anche dalla maggiore attenzione alla qualità di vita e agli esiti riferiti dai pazienti, sia nella ricerca che nella pratica clinica».

Eppure, nonostante la disponibilità di farmaci efficaci, non sempre questi sono dati al paziente giusto. Emblematiche le parole di Saverio Cinieri, presidente di Fondazione AIOM: «La caratterizzazione molecolare, in aggiunta alla classica diagnosi istologica, è necessaria in tutti i casi per i quali siano disponibili in pratica clinica terapie mirate. Non sempre, però, i progressi nella diagnosi sono implementati con la stessa tempestività in tutti i centri. Aspirare a elevati standard di trattamento non risponde soltanto ad ambizioni di progresso tecnologico e scientifico ma anche di civiltà e di democrazia. Affrontare il tema della salute significa confrontarsi con le aspettative e le attese di milioni di pazienti, immedesimarsi con i loro disagi quotidiani e difendere la loro qualità di vita. Per questo dobbiamo impegnarci per continuare a tenere alto l’attuale livello del Sistema Sanitario nazionale, che resta uno dei migliori al mondo, e ancor di più dobbiamo rafforzare la collaborazione fra Istituzioni e clinici, affinché vengano superate le differenze assistenziali che, purtroppo, ancora oggi esistono in diverse realtà del nostro Paese». 

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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