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Oncologia
Serena Zoli
pubblicato il 18-02-2016

«Mio figlio ha un tumore». Cosa può fare un genitore?



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Incredulità, dolore, sensi di colpa. I consigli di Carlo Clerici, specialista che lavora a fianco di ragazzi e famiglie. «Difendete la normalità, per quanto possibile»

«Mio figlio ha un tumore». Cosa può fare un genitore?

Se un bambino o un adolescente si ammala di un tumore, come devono comportarsi i genitori? Che cosa è giusto fare e che cosa è bene evitare? Intanto devono riprendersi il prima possibile dallo schock. «La notizia che tuo figlio ha un cancro arriva sempre come un evento traumatico, all’improvviso. E il trauma paralizza le persone», racconta Carlo Clerici, specialista in psicologia clinica presso la struttura complessa pediatrica diretta da Maura Massimino all'Istituto nazionale dei Tumori di Milano. «Non è possibile che accada a me», è la prima reazione. C’è perplessità, senso di non capire, ci sarà un errore. I medici di famiglia, gli amici, i parenti devono aiutare padre e madre ad assimilare la notizia ed a cercare subito il centro più adatto dove rivolgersi, un centro che offra anche un supporto psicologico. «Madre e padre devono poi contrastare i sensi di colpa che sorgono spontanei: “se mio figlio soffre, forse ho sbagliato qualcosa io”. In realtà non sono note le cause dei tumori pediatrici, non c’entra se tu hai fumato, se hai servito del cibo non proprio “naturale”, se per il lavoro hai trascurato la famiglia. Quindi bisogna togliersi di dosso il peso di una possibile responsabilità e mettere tutte le proprie forze nell’impegno di aiutare il proprio ragazzo», afferma Clerici.


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DIRITTO A UN SUPPORTO ECONOMICO

Le cure saranno lunghe, con effetti collaterali spiacevoli, anche se molto attenuati rispetto al passato, grazie ai progressi compiuti dalla ricerca negli ultimi decenni. E in tutto questo, ricorda lo psicologo, i genitori devono conoscere i loro diritti, tra cui quello di un supporto economico per l’invalidità del figlio. Rivolgersi a un centro Aieop (Associazione italiana ematologia ed oncologia pediatrica) è opportuno per conoscere tutta la materia.

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SALVARE LA NORMALITA’

«I genitori devono pensare che è importante non far portar via tutto dalla malattia. Occorre coltivare la normalità di “prima” appena si può. Così, con la frequenza scolastica: si mettono in contatto scuola e ospedale e il piccolo malato resterà in contatto con i suoi coetanei e l’ambiente oltre a studiare. Così, non si perde il futuro e le giornate trovano un senso non solo legato alla malattia». Quanto al rapporto affettivo, la raccomandazione dell’esperto è di non far prevalere la protezione, di trattarlo come prima, invitando anche i suoi amici a casa come una volta. «Importante è non far venir meno le regole. Per esempio, quando il figlio è a casa, deve mangiare a tavola al suo solito posto con tutta la famiglia», dice Clerici. «In questo modo il bambino sente che non gli è cambiato tutto».

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SE CI SONO FRATELLI

E se ci sono fratelli o sorelle? Come comportarsi con loro? «Bisogna parlare loro in modo veritiero ma legato all’età. In particolare, occorre dire che c’è una malattia, che deve essere curata in ospedale, che ci saranno dei cambiamenti per tutti. Il messaggio va dato con ottimismo. Certo, i fratelli rischiano di venire trascurati per l’impegno richiesto dalla cura del figlio malato, e allora non bisogna aver paura di chiedere aiuto, per esempio agli insegnanti dei fratelli o ai loro amici». Un’ultima avvertenza: «Attenti agli occhi: i messaggi più importanti si trasmettono con lo sguardo. Quindi se si parla di positività con il figlio (o con i fratelli), fate attenzione che i vostri occhi non vi tradiscano», continua Clerici. «Il piccolo malato osserva anche altre cose: se la mamma non si trucca più, se si veste in modo sciatto, se capisce che non esce più con le amiche… E ne trae presagi negativi sulla sua sorte».


Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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