In Italia la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di tumore è tra le più alte. Merito dei nuovi farmaci e delle cure personalizzate. Le novità dal congresso ESMO di Madrid
L'Italia si dimostra uno dei migliori Paesi d'Europa per la cura dei tumori. Un risultato che è frutto di una duplice strategia: «Se da un lato riusciamo a garantire i migliori farmaci sul mercato, dall’altro l’alto livello nella gestione delle cure consente all’Italia di porsi nei primi posti in Europa per numero di guarigioni», spiega Carmine Pinto, direttore della struttura complessa di oncologia dell’Irccs Santa Maria Nuova di Reggio Emilia e presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), intervenuto al congresso della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo) in corso a Madrid.
ITALIA ECCELLENZA CONTRO CANCRO AL COLON, SENO, PROSTATA, POLMONE E VESCICA
Numeri alla mano il nostro Paese si dimostra all'avanguardia nella cura di parecchi tumori. In particolare la sopravvivenza a 5 anni è più alta rispetto a quella dei Paesi dell’Europa centrale e settentrionale. Dato evidente nei cinque tumori più frequenti: colon (Italia 65,5%; Europa Centrale 60,5%; Europa Settentrionale 59%), seno (rispettivamente 87,1%; 83,9%; 84,7%), prostata (91,5%; 88%; 84,9%), polmone (15,8%; 14,8%; 12,2%) e vescica (79,5%; 67,9%; 73%). Dati importanti se si pensa che nel 2016 in Italia sono stati stimati 365.800 nuovi casi di tumore, circa mille ogni giorno.
L'INNOVAZIONE ARRIVA ANCHE NEI NOSTRI OSPEDALI
Uno dei principali motivi dei buoni risultati in termini di sopravvivenza alla malattia è dovuto alla possibilità di usufruire dei nuovi farmaci immunoterapici e a bersaglio molecolare, vere e proprie innovazioni che hanno consentito di curare alcuni tumori che in passato non lasciavano speranze. Secondo quanto presentato ad ESMO in cinque anni (2010-2014) nel mondo sono stati commercializzati 49 nuovi farmaci anticancro. L’Italia ha garantito la disponibilità a 31 di queste molecole innovative, collocandosi al quarto posto a livello mondiale dopo USA (41), Germania (38) e Regno Unito (37), e davanti a Francia (28), Canada (28), Giappone (24) e Spagna (23). «Un dato importante -spiega Pinto- se consideriamo che i sistemi sanitari (privati o misti) degli USA e del Regno Unito rispondono a meccanismi diversi e non paragonabili al nostro che è universalistico».
SCEGLIERE IL FARMACO GIUSTO GRAZIE ALL'ANALISI DEL DNA
Ma il numero di farmaci disponibili non deve però trarre in inganno. La vera capacità di fare la differenza è nel saper prescrivere correttamente queste molecole. «La vera sfida nella lotta ai tumori -prosegue Pinto - è dare il farmaco giusto alla persona giusta. Per farlo occorre conoscere le caratteristiche genetiche della malattia. Solo in questo modo è possibile conoscere se un dato farmaco è in grado di agire o meno». Un esempio è il tumore del polmone che colpisce ogni anno, in Italia, oltre 42.000 persone. Nella metà dei casi, grazie all'analisi molecolare, è possibile indirizzare il 30% all'immunoterapia e il 20% ad assumere farmaci a bersaglio molecolare. Nell'altra metà dei casi al momento c'è a disposizione la chemioterapia. «Il prossimo passo sarà quello di studiare in maniera ancora più approfondita le caratteristiche genetiche dei tumori in modo tale da avere più informazioni per personalizzare le terapie» conclude Pinto.
AUMENTARE IL NUMERO DI PERSONE CHE RISPONDE ALL'IMMUNOTERAPIA
Fra le sfide aperte, quella dell'immunoterapia, vera rivoluzione nella lotta al cancro degli ultimi 10 anni. Oggi non tutte le persone rispondono efficacemente a questo tipo di cure. «L'obiettivo sul lungo termine - spiega Michele Maio, direttore del centro di immunoterapia oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena - è quello di rendere il tumore maggiormente visibile e attaccabile dal sistema immunitario. A tal proposito sono molte le ricerche in questa direzione e i primi risultati cominciano a farsi vedere. Passo successivo sarà quello di mettere insieme tutte queste informazioni per personalizzare sempre di più le terapie. Un lavoro complesso e ancora molto lungo».
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.