«Assolto» l’ormone nei casi in cui la terapia sostitutiva è considerata necessaria a ristabilire l’equilibrio fisiologico. Se si assume testosterone rimane fondamentale uno stretto controllo medico
«La terapia ormonale sostitutiva a base di testosterone non aumenta il rischio di sviluppare il tumore della prostata». Conclusa la sua relazione durante il congresso della società americana di urologia, Stacy Loeb - specialista e ricercatrice della New York University con oltre duecento pubblicazioni alle spalle inerenti la più diffusa neoplasia urologica maschile - ha trovato la sintesi più efficace per riassumere le conclusioni di uno studio da lei coordinato. Stiano tranquilli gli uomini, soprattutto adulti e anziani, che assumono l’ormone (per via orale, iniettiva o transdermica). Il rischio di sviluppare un tumore della prostata è identico a quello che corre la popolazione generale.
TESTOSTERONE E TUMORE ALLA PROSTATA
Tra i fattori di rischio per la malattia, è dunque destinato a uscire di scena il testosterone. Servono ulteriori conferme, ma l’indicazione dedotta da uno studio che ha coinvolto oltre duecentocinquantamila persone permette di fare chiarezza su un tema finora controverso. A renderlo complesso il ruolo dell’ormone sessuale maschile, il testosterone, nei confronti della malattia. Si sa per certo, per esempio, che il testosterone secreto dalle cellule di Leydig nei testicoli stimola la crescita del tumore della prostata. Per questo fra gli approcci terapeutici mirato per trattare le neoplasie più aggressive vi è la deprivazione androgenica, che ha come obiettivo annullare l’azione del testosterone e rappresenta una delle strategie difensive messe in atto quando la malattia è troppo estesa per essere curata in sala operatoria o presenta già delle metastasi. Ma il ruolo del testosterone esogeno, quello assunto come farmaco, potrebbe non essere identico.
PERCHE’ SI ASSUME IL TESTOSTERONE
L’ormone viene prescritto agli uomini, soprattutto oltre i 60 anni, per fronteggiare i fisiologici stati di carenza. Diversi i vantaggi che ne derivano dall’assunzione: migliorano il metabolismo dell’osso, la forza fisica, la memoria, il la libido e la risposta sessuale. Altra storia, invece, riguarda l’assunzione su base volontaria, cui ricorrono gli sportivi per accelerare lo sviluppo muscolare. La pratica è sconsigliata dagli specialisti per la scarsa conoscenza degli effetti a lungo termine. L’uso di testosterone, contenuto in Italia, è particolarmente diffuso tra gli uomini statunitensi, dove si stima che l’utilizzo della terapia sostitutiva - consigliata anche alle donne in menopausa, a base di estrogeni - sia più che triplicato dal 2001 a oggi e riguarderebbe quattro over 60 su cento. Da qui la volontà dei ricercatori di fare chiarezza sull’eventualità che una simile scelti comporti un aumentato rischio di sviluppare un tumore alla prostata.
TUMORE ALLA PROSTATA: QUANDO
SI PUO’ EVITARE L’INTERVENTO?
NESSUN AUMENTATO RISCHIO DI NEOPLASIA
Nello studio presentato da Loeb sono stati arruolati poco più di duecentocinquantamila uomini svedesi affetti da ipogonadismo. Una parte di essi è stata trattata con il testosterone, l’altra no. Dal confronto è emerso un aumento delle diagnosi di tumore in fase iniziale nelle persone inserite nel primo gruppo, probabile conseguenza dei controlli più serrati a cui gli stessi si sono sottoposti con l’avvio della terapia. Nel lungo termine, invece, gli uomini inseriti nel primo gruppo non correvano un rischio più alto di malattia. Ma, anzi, l’eventualità di sviluppare la neoplasia nella forma più aggressiva risultava per loro dimezzata. Motivo per cui, secondo Loeb, «non si dovrebbe avere timore nel prescrivere la terapia, a meno che non si tratti di pazienti di origini afroamericane o nelle cui famiglie sono presenti precedenti casi di malattia (tutti statisticamente più esposti al tumore della prostata, ndr)». La terapia ormonale sostitutiva, se seguita da uomini che registrano valori di testosterone inferiori a 350 nanogrammi per decilitro, «dovrebbe essere incentivata per migliorare il tono dell’umore e la funzionalità sessuale».
Tumore della prostata: una nuova «arma» dal testosterone?
ALTRE EVIDENZE SUL RUOLO DEL TESTOSTERONE
Il messaggio è giunto da Dallas, dove nei giorni scorsi s’è concluso l’appuntamento più atteso all’interno della comunità degli urologi. Gli effetti del testosterone sulla salute sono stati al centro di diverse presentazioni. Un altro studio, condotto tra la Germania e gli Stati Uniti, ha confermato le stesse indicazioni, su un campione ridotto di pazienti (596) ma per un arco di tempo più lungo (otto anni). Infine un’ulteriore ricerca ha portato alla luce una riduzione degli eventi cardiovascolari e dei tassi di mortalità generale nei pazienti sottoposti a terapia ormonale sostitutiva. Una conclusione discordante rispetto a quella emersa un paio di anni fa che conferma come molto rimanga da chiarire sugli effetti sistemici innescati dall’ormone. Di conseguenza sempre meglio affidarsi a uno stretto controllo medico, anche nel corso della terapia. Quanto alle ripercussioni sulla prostata, gli uomini possono stare più tranquilli. Non è il testosterone ad aumentare il rischio di ammalarsi di tumore.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).