Secondo una giuria di persone competenti, ma non medici, il test del PSA non contribuisce a una diagnosi precoce e quindi il Servizio Sanitario Nazionale non dovrebbe rimborsare la spesa dell’esame. Ma le possibilità di renderlo efficace ci sono
A chi spetta validare, stabilire una diagnosi o una cura per i malati? E’ sufficiente la capacità di un medico a promuovere e proporre una cura o un sistema per fare diagnosi o disporre un metodo nuovo per un intervento chirurgico?
Domande che sono venute alla ribalta della cronaca proprio in questi ultimi mesi sulla scia del problema Stamina, il metodo di cura con le staminali proposto in Italia per curare malattie neurologiche importanti, dalla sclerosi multipla al Parkinson, dall’Alzheimer a malattie autoimmuni.
PSA
In tema di validazione e rimborso delle cure, oggi sale alla ribalta della cronaca il tumore della prostata, il male per eccellenza degli uomini dopo una certa età. Per scovarlo, gli esperti diagnostici da tempo hanno utilizzato il test del PSA, un antigene prostatico presente nel sangue che può modificare i suoi valori in presenza di tumore, ma anche per altre condizioni cliniche.
Per questo gli organismi ministeriali non hanno mai proposto uno screening, cioè una indagine sistematica e pagata dal Servizio Sanitario nazionale, come si fa per il cancro della mammella, dell’utero e del colon, ma hanno lasciato liberi medici e cittadini di proporlo e di utilizzarlo.
Ora però c’è una svolta. Una sorta di giuria popolare fatta di persone, non necessariamente specialiste in medicina, ma soltanto competenti, coordinati dall’Istituto di ricerca farmacologica Mario Negri, ha decretato che il Servizio sanitario nazionale non deve consigliare e tanto meno sostenere economicamente il test del PSA, per individuare il tumore alla prostata, negli uomini dai 55 ai 69 anni.
L’invito, come detto, è stato fatto da una giuria di cittadini, chiamati a prendere una posizione su un tema di carattere sociale. Nella deliberazione, il giudizio è motivato dall’incertezza dell’esito del test, dal rischio di sovradiagnosi (trovare tumori che non si sarebbero mai manifestati) e dal rapporto costi-benefici. Comunque a nessuno è vietato sottoporsi al test del PSA, ma, secondo la giuria popolare, una giuria simile a quella dei Tribunali, dovrebbe farlo a proprie spese.
LA GIURIA
Ma possono dei cittadini decidere su temi sanitari? «Ai cittadini che fanno parte di questa giuria, una quindicina di persone competenti per la salute della Asl di Modena, è stata data la massima informazione sia con materiale sia con incontri fra esperti - dice la dottoressa Cinzia Colombo, impegnata nel coinvolgimento di cittadini per il progetto PartecipaSalute del Mario Negri -. Particolare attenzione è stata data alla presentazione dei dati scientifici disponibili discutendo il materiale prodotto con i componenti del comitato tecnico scientifico e con rappresentati di associazioni di cittadini e pazienti».
Non è la prima volta che il Mario Negri coinvolge i cittadini nell’attività di informazione e comunicazione. «Questo progetto, infatti, è il risultato di anni di attività promossa nel coinvolgimento di cittadini, pazienti e loro rappresentanze sui temi di salute pubblica - sostiene Paola Mosconi, Responsabile del Laboratorio per il coinvolgimento dei cittadini in sanità -. Il progetto PartecipaSalute, che quest’anno festeggia 10 anni, - coordinato dal’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, con il Centro Cochrane Italiano, l’agenzia di editoria scientifica Zadig - promuove iniziative di formazione, informazione e coinvolgimento anche attraverso il metodo delle Giuria dei cittadini. Siamo alla seconda decisione della giuria popolare. L’anno scorso un’altra giuria aveva deliberato di proporre lo screening del portatore sano per la fibrosi cistica, la malattia genetica ereditaria più diffusa nel mondo».
DIAGNOSI CORRETTA
Ma è proprio vero che il test del PSA non basta a scoprire il tumore della prostata? Secondo il dottor Carlo Roccio, specialista endocrinologo e direttore del laboratorio Fleming research e di Clonit, esperto di biotecnologie applicate alla diagnostica, il test del PSA è valido, perché consente, in caso di positività, di accertare la vera natura del tumore (carcinoma o adenoma) sottoponendo il paziente ad altri test sul sangue come il PSA free, il Pro PSA (PHI), l’RNA messaggero.
Se tutti questi test si mantengono positivi, si può procedere con la biopsia, come ultimo stadio, prima di attaccare il cancro della prostata. «Il problema – aggiunge Roccio – sono i costi. Il Servizio sanitario nazionale non rimborsa questi ulteriori test e quindi si rischia di procedere con la cura senza avere la certezza della patologia.
I medici dovrebbero avere il tempo di spiegare queste cose al paziente e scegliere la diagnosi e la terapia più adatta, che non è sempre la chirurgia, ma ci sono anche la radioterapia e la cura ormonale. Aspettiamo che il ministero decida di diffondere l’iter diagnostico, come per gli altri tumori, in modo da rendere univoca la diagnosi del tumore alla prostata».
L’IDEA
Ma come è nata l’idea di una giuria popolare in temi medici? Tutto è cominciato nel dicembre 2012 all’interno del progetto Partecipasalute del Mario Negri con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di strumenti e metodi di coinvolgimento dei cittadini, attraverso la sperimentazione del modello delle “Giuria popolari”. L’idea alla base del progetto è che le decisioni sugli interventi medici che hanno natura collettiva e ricadute sulla comunità, oltre che sui singoli, debbano essere condivise con i cittadini. In questo progetto, alla “Giuria dei cittadini” è stato chiesto di rispondere alla domanda: Il Servizio Sanitario deve sconsigliare o consigliare il PSA come test di screening individuale per il tumore della prostata in uomini di 55-69anni? L’uso del PSA come test di screening individuale o spontaneo è infatti un tema dibattuto in letteratura scientifica e nella pratica clinica, con ricadute collettive. E la “Giuria di cittadini” riunita a Modena il 15 giugno 2013 ha deliberato che il Servizio sanitario deve sconsigliare il PSA come test di screening individuale per il tumore della prostata in uomini di 55-69 anni.
I MALATI
Attualmente in Europa vivono oltre 3 milioni di uomini in cura per il tumore della prostata, che colpisce un uomo su sei. Ogni anno in Europa si stimano 400.000 diagnosi e 90.000 uomini perdono la vita per il tumore della prostata: un uomo ogni 6 minuti. Ma il numero delle persone direttamente o indirettamente coinvolte nel percorso di cura e di recupero fisico, psicologico e sociale del paziente, a partire dalla partner e dai familiari, supera di gran lunga il milione (www.europauomo.it).
Secondo l’urologo svedese Per-Anders Abrahamsson possiamo sperare in una cura del tumore prostatico meno invasiva. Sono infatti in corso due importanti ricerche nella speranza di poter utilizzare, in un prossimo futuro, le terapie focali, che potranno annientare selettivamente il tumore e salvare la prostata, eliminando o riducendo drasticamente gli effetti collaterali delle attuali terapie (disfunzione erettile e incontinenza).