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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 13-09-2024

Farmaci innovativi anticancro: quando l'attesa è troppa



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I tempi dall'approvazione a livello Europeo all'effettiva disponibilità possono essere ancora ridotti. La troppa burocrazia è un freno anche alla ricerca. L'appello di AIOM al congresso ESMO

Farmaci innovativi anticancro: quando l'attesa è troppa

Per un farmaco innovativo anticancro il tempo che passa dal momento dell'approvazione a livello europeo all'effettiva disponibilità al letto del malato, in Italia, è pari a circa 14 mesi. Anche se il dato è addirittura leggermente migliore della media europea (un anno e mezzo, ma la Germania solo 3 mesi) il tempo potrebbe essere notevolmente ridotto eliminando tutta una serie di lungaggini burocratiche. Le stesse che purtroppo rendono il nostro Paese poco attrattivo anche per l'avviamento delle sperimentazioni di nuovi farmaci antitumorali. Ad affermarlo sono gli oncologi dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica riuniti a Barcellona per l'annuale congresso dell'European Society for Clinical Oncology, uno dei più importanti appuntamenti a livello mondiale nella lotta al cancro.

COME FUNZIONA L'ITER DI APPROVAZIONE?

Prima di arrivare alle autorità regolatorie, qualsiasi farmaco deve passare attraverso diverse fasi di sperimentazione (fase I, II, III) al fine di valutare sicurezza, efficacia e dosaggio ottimale del trattamento. Ottenuti risultati positivi l'azienda produttrice può richiedere l'autorizzazione al commercio del farmaco presentando domanda all'Agenzia Europea del Farmaco (EMA). Se l'istituzione ritiene che il farmaco sia sicuro ed efficace, emette un parere positivo che porta la Commissione Europea ad autorizzare il medicinale in tutti gli Stati membri. L'iter però non finisce qui: in Italia dopo l'approvazione europea inizia la valutazione da parte dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che ha il compito di decidere la rimborsabilità e il prezzo del farmaco in Italia. «Il tempo che trascorre fra il deposito del dossier di autorizzazione e valutazione all'EMA e l’effettiva disponibilità di una nuova terapia nella Regione italiana che per prima rende disponibile il farmaco si aggira intorno a 14 mesi. Tempi che si sono ridotti rispetto a 5-10 anni fa, quando superavano 2 anni, ma ancora troppo lunghi perché possono penalizzare fortemente i malati oncologici» spiega Franco Perrone, presidente AIOM.

IL COLLO DI BOTTIGLIA

Al di là dei tempi tecnici di valutazione da parte di AIFA, uno dei principali colli di bottiglia che rallentano enormemente l'accesso ai farmaci oncologici innovativi è rappresentato dai Prontuari Terapeutici Regionali. Approvata la rimborsabilità, passa sempre del tempo prima che le regioni -che gestiscono il budget sanitario autonomamente- inseriscano il farmaco nel prontuario. «Per ridurre i tempi di latenza -spiega Perrone- devono essere aboliti i Prontuari Terapeutici Regionali e va consentita l’immediata disponibilità dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, anche nelle more delle gare regionali». Burocrazia che non è affatto finita. Alle volte può accadere, in alcune strutture, che l'arrivo del farmaco venga ulteriormente rallentato dall'inserimento dela cura nei Prontuari Terapeutici Ospedalieri. Ecco perché AIOM, al congresso ESMO, è tornata a chiedere a gran voce di intervenire il prima possibile per garantire procedure celeri, rigorose ed efficienti e fare in modo che i farmaci autorizzati siano effettivamente disponibili per il paziente in tempi rapidi in un'ottica di appropriatezza, sostenibilità ed efficienza.

LE "SCORCIATOIE" PERCORRIBILI

Nell'attesa dello snellimento di alcune procedure, alcuni malati possono fortunatamente riuscire a ricevere farmaci innovativi in fase di approvazione grazie ad alcune modalità di accesso precoce. «La prima modalità -spiega Massimo Di Maio, Presidente eletto AIOM- è quella dell'uso compassionevole. Si tratta di una modalità autorizzata da AIFA in cui l'oncologo richiede l'uso del farmaco alla casa farmaceutica che lo concede gratuitamente in attesa dell'approvazione. La seconda Legge è regolata dalla legge 648/1996 che consente l'inserimento di farmaci non ancora approvati dall'AIFA, ma già approvati dall'EMA o da altre autorità, in un elenco di trattamenti rimborsabili dal Servizio Sanitario Nazionale. Questo può accadere soprattutto per quei farmaci che offrono un evidente vantaggio clinico. Altra possibilità è l'utilizzo off-label, ovvero fuori indicazione ma con comprovata efficacia, con i costi a carico dell'ospedale. Una modalità non sempre percorribile se si considerano le difficoltà di budget che affliggono le strutture sanitarie».

LA BUROCRAZIA CHE FRENA LA RICERCA

Ma le vittime della burocrazia in campo oncologico sono anche altre. A farne le spese ad esempio è la ricerca ed in particolare l'avviamento delle sperimentazioni cliniche. «In Italia -spiega Di Maio- ogni anno migliaia di cittadini colpiti non solo da tumori ma anche da altre patologie, partecipando agli studi clinici, possono beneficiare di trattamenti innovativi con grande anticipo, rispetto alla loro disponibilità e, quindi, di maggiori possibilità di guarigione, ottenendo miglioramenti anche in termini di qualità di vita». Nel 2022, ad esempio, sono state autorizzate da AIFA 663 sperimentazioni e quasi il 40% ha riguardato l’oncologia, una percentuale costante negli ultimi anni. Ma il numero potrebbe essere di molto superiore: in Italia i processi amministrativi di approvazione risultano ancora più lunghi e difficoltosi rispetto alla media europea. Così può accadere che per l'avviamento di una sperimentazione di fase I possa passare oltre un anno dalla richiesta.

«Questi studi -spiega Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative all'Istituto Europeo di Oncologia di Milano e Presidente eletto ESMO- sempre più spesso iniziano negli Stati Uniti, Australia e Asia». Ma il problema, in questo caso, è anche europeo: «l Regolamento europeo ha uniformato tra loro i Paesi europei ma ha allungato di fatto i tempi di approvazione rendendo nel complesso l’Europa meno competitiva rispetto alle altre macroregioni, per cui le aziende farmaceutiche tendono ad investire altrove. Ciò significa negare l'accesso all'innovazione ai cittadini» spiega Curigliano.

Eppure quella dell'attrattività dovrebbe essere una priorità. È dimostrato che un euro investito in uno studio clinico ne genera quasi 3 (2,95) in termini di benefici per il Servizio Sanitario Nazionale. L'effetto leva, determinato dai costi evitati per l’erogazione a titolo gratuito di terapie sperimentali e prestazioni diagnostiche alle persone arruolate nei trial, raggiunge addirittura 3,35 euro nelle sperimentazioni contro il cancro. Basti pensare che il costo medio di una ricerca in oncologia è di 512 mila euro, ma quelli evitati sono più del doppio, pari a 1 milione e 200 mila euro.  

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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