Si studiano le proprietà antitumorali del farmaco usato nella cura del diabete. In vitro, blocca la proliferazione delle staminali del più aggressivo tumore cerebrale
Delle ampie possibilità di utilizzo ne aveva già parlato Stefano Del Prato, in un recente post: dalla riduzione del rischio cardiovascolare al miglioramento della funzionalità del fegato nei pazienti con cirrosi. E, ovviamente, con il diabete, visto che la metformina rimane uno degli ipoglicemizzanti più utilizzati dai pazienti che soffrono della forma “adulta” della malattia. Utilizzata ormai anche come terapia per le sindromi metabolica e dell’ovaio policistico, questa volta è il suo potenziale effetto antitumorale ad attirare l’attenzione.
CONTRO IL GLIOBLASTOMA
Se fino a questo momento erano stati diversi studi osservazionali - effettuati su pazienti oncologici e diabetici, che assumevano la metformina - a evidenziare la potenziale azione anticancerogena del farmaco, poco in realtà si sapeva del meccanismo d’azione e soprattutto del ruolo diretto che potesse avere nel rallentare la progressione tumorale.
A far luce su questo aspetto, adesso, è una ricerca pubblicata su Oncotarget e condotta principalmente nei laboratori italiani: tra l’Università di Milano e l’ateneo di Genova. Nello studio sono state utilizzate come modello sperimentale colture di cellule staminali di glioblastoma - uno dei tumori umani più aggressivi - e cellule staminali mesenchimali isolate da cordone ombelicale come modello di cellule staminali normali. Alla fine della sperimentazione s’è visto come il trattamento con metformina avesse indotto effetti antiproliferativi solo nelle cellule staminali tumorali, la sottopopolazione tumorale che viene attualmente considerata il vero bersaglio farmacologico per evitare diffusione metastatica e recidive dei tumori.
IL BERSAGLIO
Le cellule staminali normali non sono risultate sensibili al farmaco. La selettività dell’azione della metformina nel bloccare la proliferazione delle cellule staminali tumorali dipenderebbe dall’inibizione della attività di una proteina che forma un canale del cloro, denominata CLIC1. Questa proteina è attiva a livello della membrana nelle cellule staminali tumorali, nelle fasi iniziali della duplicazione cellulare. Nelle cellule staminali normali, invece, è prevalentemente localizzata nel citoplasma, dove si trova in forma inattiva e inaccessibile alla metformina. Più il canale era attivo, tanto più significativa era l’inibizione di CLIC1 da parte della metformina. Ciò s’è tradotto in una maggiore efficacia del farmaco.
QUALI DOSI?
Se precedenti studi condotti in vitro sembravano indicare la necessità di raggiungere dosi di metformina molto elevate, difficilmente somministrabili, la correlazione diretta tra l’attivismo del canale e l’efficacia del farmaco apre a nuove possibilità. «Sollecitando l’attività del canale ionico e prolungando i tempi di esposizione al farmaco si determina una significativa inibizione di CLIC1 e quindi della proliferazione delle cellule staminali tumorali, anche a concentrazioni di metformina sensibilmente minori e raggiungibili in vivo - afferma Michele Mazzanti, ricercatore del dipartimento di bioscienze dell’Università di Milano -. Diversi trials sono ancora in corso, ma siamo convinti che la scoperta del meccanismo molecolare che sta alla base della selettività della metformina possa rappresentare un supporto allo sviluppo e al possibile utilizzo, in futuro, di questa molecola per la terapia dei tumori».
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).