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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 21-08-2019

Una persona su 4 rischia l'ictus nel mondo


Tag:

ictus

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I dati di un'indagine globale: nell'arco della vita, dai 25 anni, il rischio medio di ictus è del 24%. Grande variabilità a seconda delle aree. La prevenzione può ribaltare le cifre

Una persona su 4 rischia l'ictus nel mondo

Una persona su quattro sopra i 25 anni rischia di avere un ictus nel corso della sua vita. Il dato proviene da un’indagine globale coordinata dall’Università di Washington, che per la prima volta in questo genere di studi parte da un’età più giovanile rispetto ai “consueti” 45 anni. Il che fa pensare che il “colpo” al cervello non sia escluso nei due decenni precedenti.


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I ricercatori sono stati sorpresi da quanto hanno scoperto («valori di rischio estremamente alti») e di aver dovuto suddividere il pericolo ictus in ben 5 fasce di gravità, con una divaricazione dall’8 al 39 per cento a seconda del paese in cui si vive. La probabilità più alta di avere un ictus tocca l’Asia Orientale e l’Europa centro-orientale, mentre la più bassa emerge nell’Africa sub-sahariana (ma vedremo che il dato non è da prendere con ottimismo). I più a rischio di tutti? In assoluto i cinesi. «Siamo rimasti scossi dai risultati ottenuti», commentano i ricercatori. «E’ imperativo che i medici si impegnino a illustrare la prevenzione ai loro pazienti già in età giovane: per evitare o ritardare l’ictus e altri disturbi vascolari è efficace uno stile di vita sano, con un’alimentazione corretta, esercizio fisico costante, niente tabacco e alcol».

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Pubblicato su The New England Journal of Medicine, lo studio, condotto tra 1990 e 2016, ha distinto tra ictus con sopravvivenza e ictus mortali, inoltre suddivisi in ictus ischemici ed ictus emorragici. Dovuti cioè al blocco di un vaso che porta sangue al cervello oppure alla rottura di un vaso con conseguente emorragia. Nel 2016 le tre regioni globali col più alto rischio di ictus nel corso della vita sono risultate, come già accennato, l’Asia orientale col 38,8 per cento, l’Europa centrale e orientale che raggiungono un po’ meno del 32 per cento. Ed ecco ripresentarsi l’Africa orientale subsahariana con un 11,8 per cento. «Questo valore così basso non necessariamente rappresenta una minore incidenza dell’ictus o una prevenzione migliore», commenta il dottor Gregory Roth. «Al contrario, significa che in queste zone la gente ha un più alto rischio di morire prima per un’altra causa».


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Lo scopo dello studio, che raccoglie molti dati parziali distinti per categorie, è di stimolare la prevenzione. Perché - come sottolineano i ricercatori di Washington - i fattori di rischio per l'ictus sono davvero modificabili, quelle cifre si possono abbassare non con grandi sacrifici, ma con una responsabile condotta di vita. In particolare, spiegano, i dati raccolti paese per paese possono essere utili per pianificare a lungo termine una politica di educazione agli stili di vita sani promuovendo già nei giovani adulti il consumo di frutta, di verdura, di cereali integrali, il rifiuto di alcolici e tabacco, il mantenimento di un peso forma, l’esercizio fisico costante. Spingendoli a una sorta di “conversione” che non è affatto punitiva. Sano non è il contrario di piacevole.

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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