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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 24-04-2019

Scoperto il recettore che può far «scatenare» l’Alzheimer



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All'origine della formazione della proteina beta-amiloide nel cervello dei malati di Alzheimer. La scoperta utile per lo sviluppo di nuovi farmaci?

Scoperto il recettore che può far «scatenare» l’Alzheimer

Il cervello dei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer è caratterizzato dalla deposizione delle cosiddette placche senili, costituite da aggregati di proteina beta-amiloide che deriva da una proteina precursore, la cui normale funzione è rimasta un enigma per decenni. Ora, un gruppo di scienziati belgi del Centro per la Ricerca sul cervello e sulle malattie neurodegenerative di Leuven (Belgio), ha scoperto che questa proteina precursore dell’amiloide modula la trasmissione dei segnali neuronali legandosi a uno specifico recettore. Questa evidenza potrebbe avere una implicazione terapeutica: riuscire a modulare questo recettore potrebbe voler dire aiutare nella cura dell’Alzheimer o di altri disturbi cerebrali. Lo studio è stato pubblicato sulle colonne della rivista Science.

LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE
POSSONO ESSERE PREVENUTE? 

CONTA LA COMUNICAZIONE TRA NEURONI

Sono passati più di trent'anni da quando è stato scoperto il meccanismo che porta alla produzione della beta-amiloide: la proteina precursore viene processata in modo aberrante e il risultato è che viene tagliata in frammenti più piccoli, uno dei quali è la beta-amiloide. Ma a cosa serve la proteina in condizioni non patologiche? Seguendo questa domanda i professori Joris de Wit e Bart De Strooper hanno scoperto che una parte della proteina è solubile e in grado di interagire con un recettore presente nelle sinapsi (collegamenti dove i neuroni «si parlano») chiamato Gabrabr1a. Il legame tra proteina e recettore sopprime la comunicazione neuronale nella sinapsi. De Wit e De Strooper additano altre possibili ricadute della loro scoperta: non solo l’Alzheimer, ma si potrebbero sviluppare nuovi farmaci anche per disturbi come epilessia, depressione e schizofrenia

 

VERSO UN FUTURO DIVERSO?

Su questo terreno a dir poco complesso e nebuloso per i non addetti, chiediamo il supporto di Elio Scarpini, responsabile del Centro Alzheimer e sclerosi multipla del Centro Dino Ferrari della Fondazione Irccs Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. «La proteina precursore può essere tagliata da enzimi in modo scorretto e dare origine alla beta-amiloide, le famose placche dell’Alzheimer, diventando insolubile. Queste placche si depositano nelle placche senili e portano alla morte i neuroni, le cellule cerebrali, attraverso vari meccanismi, che comprendono l’infiammazione». Continua il professor Scarpini: «La proteina precursore dell’amiloide non sempre viene tagliata in modo da deporsi sulle placche che uccidono i neuroni, ma ne esiste una forma solubile che interagisce - questa è la scoperta - anche con un recettore a livello delle sinapsi, il Gabrabr1a. Ecco, questa interazione blocca la comunicazione tra le sinapsi dei neuroni». Un’altra morte, dopotutto. O un’altra strada da spianare.


Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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