All'origine della formazione della proteina beta-amiloide nel cervello dei malati di Alzheimer. La scoperta utile per lo sviluppo di nuovi farmaci?
Il cervello dei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer è caratterizzato dalla deposizione delle cosiddette placche senili, costituite da aggregati di proteina beta-amiloide che deriva da una proteina precursore, la cui normale funzione è rimasta un enigma per decenni. Ora, un gruppo di scienziati belgi del Centro per la Ricerca sul cervello e sulle malattie neurodegenerative di Leuven (Belgio), ha scoperto che questa proteina precursore dell’amiloide modula la trasmissione dei segnali neuronali legandosi a uno specifico recettore. Questa evidenza potrebbe avere una implicazione terapeutica: riuscire a modulare questo recettore potrebbe voler dire aiutare nella cura dell’Alzheimer o di altri disturbi cerebrali. Lo studio è stato pubblicato sulle colonne della rivista Science.
LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE
POSSONO ESSERE PREVENUTE?
CONTA LA COMUNICAZIONE TRA NEURONI
Sono passati più di trent'anni da quando è stato scoperto il meccanismo che porta alla produzione della beta-amiloide: la proteina precursore viene processata in modo aberrante e il risultato è che viene tagliata in frammenti più piccoli, uno dei quali è la beta-amiloide. Ma a cosa serve la proteina in condizioni non patologiche? Seguendo questa domanda i professori Joris de Wit e Bart De Strooper hanno scoperto che una parte della proteina è solubile e in grado di interagire con un recettore presente nelle sinapsi (collegamenti dove i neuroni «si parlano») chiamato Gabrabr1a. Il legame tra proteina e recettore sopprime la comunicazione neuronale nella sinapsi. De Wit e De Strooper additano altre possibili ricadute della loro scoperta: non solo l’Alzheimer, ma si potrebbero sviluppare nuovi farmaci anche per disturbi come epilessia, depressione e schizofrenia.
VERSO UN FUTURO DIVERSO?
Su questo terreno a dir poco complesso e nebuloso per i non addetti, chiediamo il supporto di Elio Scarpini, responsabile del Centro Alzheimer e sclerosi multipla del Centro Dino Ferrari della Fondazione Irccs Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. «La proteina precursore può essere tagliata da enzimi in modo scorretto e dare origine alla beta-amiloide, le famose placche dell’Alzheimer, diventando insolubile. Queste placche si depositano nelle placche senili e portano alla morte i neuroni, le cellule cerebrali, attraverso vari meccanismi, che comprendono l’infiammazione». Continua il professor Scarpini: «La proteina precursore dell’amiloide non sempre viene tagliata in modo da deporsi sulle placche che uccidono i neuroni, ma ne esiste una forma solubile che interagisce - questa è la scoperta - anche con un recettore a livello delle sinapsi, il Gabrabr1a. Ecco, questa interazione blocca la comunicazione tra le sinapsi dei neuroni». Un’altra morte, dopotutto. O un’altra strada da spianare.
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.