Sono due fattori sotto osservazione perchè coinvolti nel declino cognitivo negli anziani
Che la carenza di vitamina D fosse responsabile della fragilità ossea, lo si sapeva da tempo. Oggi però si sta valutando anche un’altra implicazione: una possibile correlazione con l’insorgenza di Alzheimer e/o un aumentato rischio del declino cognitivo in generale. E se a questa si aggiungono poi, anche poche ore di sonno e di scarsa qualità le implicazioni eventuali potrebbero essere ancora maggiori. Sono le ipotesi sollevate da sue studi inglesi entrambi pubblicati su Neurology.
VITAMINA D E DEMENZE
E’ il più ampio studio mai realizzato per verificare l’eventuale sviluppo di demenze, dell’Alzheimer in particolare, associato a un fattore di rischio apparentemente improbabile: la vitamina D a bassi livelli. E’ stato condotto da un gruppo di ricercatori della University of Exeter Medical che hanno reclutato oltre 1.600 volontari di età superiore a 65 anni, in buone condizioni di salute, in grado di camminare senza aiuti e liberi da malattia –demenza, malattie cardiovascolari e ictus - all’inizio dello studio ed entrati a fare parte del “CardiovascularHealthStudy”.
Gli iniziali sospetti dei ricercatori sul ruolo della vitamina D sul benessere cerebrale hanno avuto credito e pare anche con piena conferma: nell’arco di 6 anni, infatti, 171 partecipanti hanno sviluppato demenza e 102 l'Alzheimer. «Il nostro studio – ha spiegato il dottor David Llewellyn che ne è autore e coordinatore del progetto - ha potuto dimostrare che una moderata carenza di vitamina D è associata a un aumento del rischio, pari a più del doppio rispetto a valori normali, di sviluppare un qualsiasi tipo di demenza, con un incremento del 125% in caso di carenza grave». La correlazione esisterebbe anche con l’Alzheimer: un rischio maggiorato del 69% con livelli di vitamina D sotto la media e quasi duplicati se molto inferiori alla soglia.
Ora il passo successivo è valutare se, come e quanto migliorare i livelli di vitamina D con l’esposizione della pelle alla luce solare (che ne resta la fonte di acquisizione principale), la dieta (con l’introduzione ad esempio di pesce azzurro che ne è ricco) o supplementi vitaminici, possa apportare benefici salutari anche al cervello. «Al riguardo occorre essere cauti – hanno commentato i ricercatori – e attendere i risultati di ulteriori studi clinici perché stimiamo, ad esempio, che la pelle in età avanzata possa essere meno recettiva ed efficiente nel convertire la luce solare in vitamina D, rendendo per questo gli anziani più inclini a esserne carenti».
SONNO E DEMENZE
Anche il sonno, però, farebbe la sua parte in tema di demenze. E ancora una volta, a maggior rischio di malattia, parrebbero essere le persone anziane che tendono a dormire poco e male. Uno studio, seppure su piccoli numeri, di ricercatori dell’Università di Oxford assocerebbe infatti alle esigue ore dedicate al risposo notturno la riduzione delle dimensioni del cervello e con essa tutte le implicazioni correlate, fra cui anche il declino cognitivo appunto.
Per capire come e cosa succede ad un cervello stressato dalla stanchezza gli esperti, capeggiati dalla dottoressa Claire Sexton hanno arruolato 147 adulti di età compresa tra i 20 e gli 84, conoscendone le abitudini di sonno ovvero quanto a lungo dormivano, quanto tempo impiegavano per addormentarsi, l’eventuale uso sonniferi e altri fattori condizionanti con un questionario ma anche sottoponendoli a due risonanze magnetiche cerebrali in due tempi diversi e con una media di 3,5 anni di distanza l’una dall’altra.
«I risultati dello studio - ha commentato la ricercatrice - hanno rivelato che le difficoltà e i disturbi del sonno sono collegate con una più rapida diminuzione del volume cerebrale in diverse regioni del cervello, incluse le aree frontali, temporali e parietali con esiti più significativi oltre i 60 anni».Non è ancora noto se la scarsa qualità del sonno sia una causa o una conseguenza dei cambiamenti nella struttura del cervello; tuttavia le informazioni preliminari consentiranno l’avvio di ricerche non solo per ideare trattamenti efficaci per i problemi di sonno, ma soprattutto comprendere se il miglioramento della sua qualità del sonno possa rallentare il tasso di perdita di volume cerebrale e favorirne la salute.