Sette italiani su dieci sono sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi
Il 70% degli italiani è sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi.
Esponetevi al sole sia pure con le dovute cautele, perché è l’unico modo per garantirvi un certo quantitativo di vitamina D necessario per mantenere in salute le ossa e tutto l’organismo per l’inverno.
La vitamina D, infatti, assorbita dal sole o sintetizzata dal cibo contribuisce alla fissazione del calcio nelle ossa per renderle più robuste, preservandole dalle fratture. “Purtroppo – spiega il professor Andrea Giustina, endocrinologo, professore universitario e direttore di endocrinologia e osteoporosi agli ospedali civili di Brescia, promotore del congresso sulla vitamina D che si terrà a Brescia il 20 e il 21 settembre - certe abitudini della vita come proteggersi troppo con le creme solari, stare molto in casa senza esporsi al sole riducono l’assorbimento della vitamina D.
Consta infatti che il 70% della popolazione italiana è sotto i livelli minimi di vitamina D nel sangue. Per le persone ospedalizzate la percentuale sale anche al 100%”. Stanno meglio i cittadini scandinavi, che pur non avendo molto sole, hanno livelli di vitamina D più alti dei nostri grazie all’aggiunta di vitamina D in cibi diffusi.
LA DOSE MINIMA
Ma quanta vitamina D bisogna assumere per garantirsi la salute delle ossa?
Fino a 50 anni la dose giornaliera è di 400-800 unità internazionali, pari a 0,4-0,8 grammi, di vitamina D3 o colecalsiferolo, la forma di vitamina D più utile all’assorbimento del calcio nelle ossa.
Dai 50 anni in su la quantità deve arrivare a 1 grammo, il contenuto di un litro e mezzo di latte, anche scremato, o di 5-7 barattolini di yogurt.
COME PROCURARSELA
In natura le fonti di approvvigionamento di vitamina D sono due, la luce del sole e gli alimenti. Bastano 40 minuti al giorno in maglietta e pantaloni corti d’estate per farsi una scorta di vitamina D per tutto l’inverno.
Il cibo è la seconda fonte di vitamina D, ma è difficile quantificarne l’assunzione perché la presenza negli alimenti più diffusi è minima. Un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo basterebbe per la dose giornaliera di un anziano, ma il suo sapore è poco gradevole.
Poi ci sono i pesci grassi, come salmone e sgombro, che con 150 grammi di prodotto coprono il fabbisogno giornaliero, oppure a succo d’arancia, uova, fegato e formaggi, ma la quantità di vitamina D è così scarsa che bisognerebbe mangiare questi cibi in quantità troppo elevata.
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QUANDO OCCORRE
La vitamina D va assunta quando è dimostrata la carenza nel sangue.
Basta sottoporsi a un’analisi del livello della “25 idrossivitamina D” nel sangue o di “25 (OH)D” per sapere se si è in carenza o no. Se il dosaggio risulta essere inferiore a 75 nmol/L oppure a 30ng/L, a seconda dei sistemi utilizzati, occorre intervenire.
Due sono le forme di vitamina D in commercio: la D3, che stimola l’enzima prodotto dalla pelle per produrre vitamina D. E’ innocua, perché agisce in modo naturale.
Infatti l’organismo attiva la Vitamina D3 soltanto per la quantità di vitamina D che serve all’organismo. Oppure la vitamina D già attiva, riservata però per le persone a rischio, cioè che abbiamo già avuto fratture, perché può intossicare l’organismo.
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