Testato per ora solo in via sperimentale, agirebbe sul bere compulsivo. L’alcolismo è causa di quasi il 4% delle morti nel mondo. Ecco i farmaci che possono aiutare nella disassuefazione
Si affaccia un nuovo farmaco per la difficile lotta all’alcolismo. Si tratta del pindololo che sembra ridurre il consumo di alcol, in particolare nei casi di binge drinking, quelle «abbuffate» di tanto alcol in poco tempo simili a quelle compulsive di cibo che si riscontrano nei bulimici. Per ora, tuttavia, questo risultato si è visto solo nelle prove con animali. Eppure il pindololo è già in commercio da tempo, si trova in tutte le farmacie: quello che è diverso è l’obiettivo per cui è indicato. Non (o non ancora) per frenare il consumo di alcol, bensì per curare la pressione alta e l’angina. Un betabloccante. La possibilità che questa molecola possa allargare il suo campo di azione viene segnalata dagli studi compiuti alla Queensland University of Technology in Canada e pubblicati su Addiction Biology. Gli autori fanno presente quanto sia importante trovare nuove armi per contrastare l’alcolismo sottolineando che è la causa del quattro per cento di tutte le morti nel mondo.
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I WEEKEND DA SBALLO
«Il pindololo agisce sul desiderio compulsivo verso l’alcol», spiega Luigi Janiri, docente di Psichiatria all’Università Cattolica di Roma ed esperto in tutte le tossicodipendenze dei comportamenti. «Si dice in effetti che sarebbe particolarmente indirizzato verso il binge drinking in cui, specie nei ragazzi e nei giovani adulti, molto forte è la compulsività. Sono quelli che bevono e bevono per ventiquattro ore oppure lo fanno nei due giorni del weekend, a volte restando praticamente astemi per il resto della settimana. «Tuttavia - continua Janiri - per ora si hanno soltanto evidenze sperimentali, inoltre sembrerebbe che questa azione sui nascerebbe a lungo termine, dopo almeno un mese di assunzione del farmaco». Niente ancora da aggiungere allo scaffale delle molecole anti-alcolismo, dunque. Può essere l’occasione per fare il quadro di quanto già c’è in farmacia che affronta una delle dipendenze più diffuse e dure da battere.
L’ARMADIETTO ANTI-ALCOL
Fa da guida il professor Luigi Janiri: «Antabuse o disulfiran: è un vecchio farmaco che fa venire reazioni avverse al consumo dell’alcol. Bevi e stai male. È più da usare con chi è già disintossicato, a scanso di ricadute. Alcover o sodio oxibato: in pratica è un sostituto dell’alcol, come il metadone lo è della droga. Lo si prescrive a pazienti con una dipendenza molto grave, quando l’astensione totale dal bere è difficile. L’Alcover dà una gratificazione simile a quella che dà l’alcol. Ma questa sostanza può a sua volta indurre all’abuso e creare un’altra dipendenza. Per questo motivo in America l’Alcover è proibito. Da noi si usa, ma solo durante la degenza in ospedale o nei Sert, i Servizi per le tossicodipendenze. Non viene dato da portare a casa. Campral o acamprosato; si impiega per ridurre il disagio che si prova quando si smette di bere. Non è un farmaco per indurre astinenza, ma per il mantenimento dell’astinenza. Agisce quasi come un anti-ansia. Antaxone o naltrexone: il farmaco ha altri nomi commerciali, l’Antaxone è il più diffuso. La sua azione: elimina l’euforia e il piacere indotti dall’alcol. Prendendolo sempre anche mentre si continua a bere, si spegne la gioia della bevuta così piano piano avviene, o può avvenire, il distacco dalla bottiglia. Selincro o nalmefene: è stato approvato di recente ed è il primo farmaco approvato per la riduzione del bere. Può far diminuire il consumo di alcol, non arrivare all’astinenza. La sua azione: un po’ riduce la voglia di bere, soprattutto riduce il piacere, inoltre cura un po’ il dispiacere, il disagio che dà il non bere. Questo disagio si configura con oscillazioni dell’umore, ansia, irritabilità. Il Selincro fa diminuire questi vissuti, inoltre quando si beve si ha come la sensazione di dover bere meno per ottenere lo stesso effetto. Insomma diminuisce la voglia».
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ANCHE L’AUTO-AIUTO
Alla fine della sintetica ma circostanziata descrizione delle “armi chimiche” in mano ai medici per combattere “il vizio della bottiglia”, chiediamo al professor Luigi Janiri qual è la percentuale di successo di questo armamentario. «L’efficacia complessiva va dal 40 al 70 o anche 80 per cento – è la risposta. - Con la scelta dei farmaci da usare è assolutamente importante mirare bene l’obiettivo, il bersaglio della sintomatologia da colpire. Ognuno di questi farmaci, come abbiamo visto, è rivolto a un particolare aspetto dell’alcolismo». Infine, ricorda il docente romano, ci sono i gruppi di auto-aiuto nati sul modello degli Alcolisti Anonimi. Ma questa è un’altra storia, un’altra terapia.
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.