Il rapporto è di 3 a 1 rispetto ai maschi e le ipotesi per spiegare questo divario sono molte: gravidanza tardiva, fumo, stress, menopausa. Preoccupanti i casi in aumento di bambini. Tuttavia, spiega l’esperta, si può imparare a convivere con questa malattia
Trovare la sclerosi multipla citata come malattia esemplare della medicina di genere fa un certo effetto. Un problema così “pesante”, e di cui non si sa troppo, considerato diversamente se a soffrirne è un uomo o una donna. «Eppure, dopo cardiologia e psichiatria, viene proprio la neurologia con la sclerosi multipla come banco di prova per la Medicina di genere: innanzitutto colpisce di più le donne e tra le donne appare in aumento. Infine, il decorso della malattia avviene in modi diversi nei maschi e nelle femmine». A spiegare le differenze legate al sesso di appartenenza è Alessandra Protti, neurologa dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano e coordinatrice del Gruppo di studio Donna e Malattie Neurologiche della Società Italiana di Neurologia. E’ reduce da un convegno a Firenze, il 15 novembre, intitolato appunto: “Sclerosi multipla, un paradigma della malattia di genere”.
AUMENTO AL FEMMINILE
L’aumento dell’incidenza al femminile appare drammatico: «Se prima si riteneva che le proporzioni fossero di 2 donne malate rispetto a 1 uomo, negli ultimi dieci anni rilevazioni consistenti indicano un rapporto di 3,2 a 1».
Ma ci sono spiegazioni per un fenomeno così in rialzo? «Solo ipotesi - è la risposta -. Qualcuno pensa che la causa risieda nelle gravidanze sempre più tardive, qualcun altro nel fatto che le donne fumano di più. Ci sono teorie che puntano sulla interazione tra fattori genetici e ambiente. L’attenzione è ora rivolta alla vitamina D, importante nella prevenzione primaria, che sarebbe metabolizzata diversamente da uomini e donne. Questa vitamina è indotta dall’esposizione al sole: in effetti, nei paesi europei del nord dove c’è poco sole l’incidenza della sclerosi multipla risulta maggiore». Inevitabile chiedere alla dottoressa Protti: e lei che cosa pensa? «Che le donne sono sempre più stressate perché conciliare carriera e famiglia è sempre più difficile ed è nota la correlazione tra stress e malattia».
NOVE MESI DI «GRAZIA»
Un altro fenomeno, forzatamente di genere, è che durante la gravidanza la malattia ha un arresto e che dopo il parto c’è una ricaduta, specie se la sclerosi multipla prima dei nove mesi era in una fase attiva. «La donna ha un assetto immunologico che deve tollerare quel “trapianto” che, dopotutto, è l’embrione – spiega la Protti -. Questa tolleranza è molto studiata, in particolare dalla ricercatrice californiana Rhonda Voskuhl che indaga da anni i possibili legami con la sclerosi multipla». Una definizione della malattia? «Un’infiammazione cronica del sistema nervoso centrale che all’inizio si manifesta con disturbi neurologici chiamati attacchi o ricadute, che poi rientrano, mentre più tardi provoca un processo di demielinizzazione. Oltre che infiammatoria, la malattia è degenerativa». Per capire, la mielina è una sostanza che riveste i nervi e le fibre nervose la cui perdita altera l'abilità a condurre gli impulsi elettrici da e per il cervello. Da qui i vari sintomi di rigidità, incapacità di movimento, alterata sensibilità, disturbi visivi tipici.
ALLARME PER I BAMBINI
«L’esordio - continua Protti - è tra i 20 e i 40 anni, ma ora ci sono sempre più casi pediatrici. O noi medici siamo in grado di diagnosticarli prima oppure la malattia sta davvero crescendo tra i bambini. Qui a Niguarda ne abbiamo di provenienti da tutto il mondo, per via dell’immigrazione. Oltre alla Medicina di genere, forse occorre studiare anche una” Medicina di etnia”. In un bimbo egiziano le cose potrebbero andare diversamente che per un bimbo cinese o italiano». Dopo vent'anni di sclerosi multipla compare la fase della progressione secondaria, che accelera l’aumentare della disabilità fino a compromettere l’ autonomia personale. «Ma non bisogna arrendersi e, soprattutto, non bisogna buttarsi giù fin dalla diagnosi. La speranza di vita è aumentata e con gli aiuti di oggi si può convivere con la sclerosi multipla, le automobili si possono adattare per la guida, e poi la ricerca va avanti». Nella sua volontà di incoraggiare, la neurologa del Niguarda sottolinea che i miglioramenti nella cura valgono molto, e soprattutto, per la prima fase, quando si riesce a rallentare parecchio l’avanzata della malattia. «Purtroppo, dopo l’instaurarsi della progressione secondaria, abbiamo poche armi». E qui, nello stadio avanzato della malattia, ecco verificarsi un altro fenomeno spiccatamente di genere: le donne vengono spessissimo abbandonate dai mariti.
I MASCHI INABILI PRIMA
La dottoressa scuote la testa, questo evento non è di competenza della medicina. «E dire che le donne hanno una prognosi migliore: hanno una sorta di resilienza, maggiori capacità rigenerative con cui riparare un danno. Negli uomini, invece, più spesso la sclerosi multipla è primariamente progressiva, compare intorno ai 40 anni, ha minore infiammazione e causa più danni e rigidità. La progressione è più grave, scatta prima il tempo della sedia a rotelle, benché la riabilitazione abbia fatto passi da gigante». Un evento da medicina di genere è la menopausa. «Certo non aiuta. Arriva quando la donna ha già la malattia da 20-30 anni, vengono a mancare gli estrogeni che paiono avere un ruolo neuroprotettivo. Ma una delle cose che impatta di più nella vita d’oggi, in cui tutto è così rapido e pressante è il rallentamento del pensiero - conclude la specialista -. Se hai una compromissione cerebrale, fai la stessa azione ma a costo di una maggiore fatica, impiegando varie aree cerebrali. Così c’è una nostra paziente che sta alla cassa di un supermercato e non riesce a far passare gli oggetti alla cassa con la rapidità prevista. Ha 50 anni. E’ difficile accettarsi». Ma, anche, riuscire a farsi accettare.
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.