Dalla matematica dei frattali arriva uno studio su gesti inconsapevoli che potrebbero aiutare nella diagnosi precoce dell'Alzheimer
"Osserva i tuoi movimenti e saprai se hai o avrai l’Alzheimer". No, non funziona così. Niente è semplice che riguardi l’Alzheimer. Però i movimenti c’entrano, o almeno fluttuazioni inconsapevoli dei soliti gesti, che però non si possono cogliere ad occhio nudo; e c’entrano nella ricerca portata avanti al Brigham and Women’s Hospital di Boston (Usa) prendendo in prestito dalla matematica i frattali che sono impiegati, in parole molto povere, per trovare un ordine in masse enormi di dati. Come appunto la ripetitività dei movimenti nelle consuete attività quotidiane. Questi movimenti sono stati battezzati Fmar, acronimo inglese per dire “regolazione dell’attività motoria frattale”. E li si possono misurare soltanto con un actigrafo, che si indossa come un orologio da polso e si trova facilmente su internet (serve anche a controllare il sonno), ma i cui dati vanno poi interpretati usando i frattali al computer.
GESTI CHE CAMBIANO E CAMBIA IL CERVELLO
Questo sistema è stato impiegato su 178 adulti normali dal punto di vista cognitivo i quali hanno accettato di portare l’actigrafo dai 7 ai 14 giorni a casa propria. Per verificare se già vi fossero nel cervello le placche senili formate da aggregati di proteine amiloidi, classiche della malattia di Alzheimer, 150 partecipanti sono stati sottoposti ad un esame di imaging con la Pet e 149 hanno accettato il controllo sul fluido cerebrospinale.
UN’ASSOCIAZIONE VALIDA SOLO PER LE DONNE
«I nostri movimenti di ogni giorno, che sono inconsapevoli, possono rivelare cambiamenti nel cervello molti anni prima che compaiano i sintomi della malattia - ha spiegato uno dei ricercatori, Lei Gao. – Se i nostri risultati saranno convalidati da altre ricerche si potrebbe aprire una finestra per possibili trattamenti precoci e per modificare, se ci sono, alcuni fattori di rischio». Dallo studio, che è stato pubblicato su Alzheimer’s & Dementia, è emerso che i dati di Fmar risultavano significativamente associati con i marker individuati attraverso gli esami dei volontari, ma soltanto per le donne. Per i maschi non si sono viste coincidenze di un qualche valore.
APPLICAZIONI POSSIBILI, NON IMMEDIATE
Quale può essere il rilievo di questo lavoro? Il professor Antonio Guaita, medico geriatra direttore della Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso (Milano), apprezza lo studio di Boston ritenendolo utile per la ricerca, non certo per un'utilità immediata. Contano le aperture che può portare. «Dei 178 esaminati circa 33 portavano il marker biologico dell’Alzheimer, cioè le placche betamiloidi, alcune individuate con la Pet, alcune con il liquor – spiega – ma va precisato che esiste un 30 per cento di persone con betamiloidi nel cervello che non hanno la demenza. Chiarisco meglio: tutti i malati di Alzheimer hanno sostanza betamiloide, ma non tutti quelli con sostanza betamiloide hanno la demenza». Una distinzione non da poco e non molto nota. Riferisce il professor Guaita un altro dato della ricerca: «Dei 33 segnati da marker della malattia ben 20 erano donne. Sul perché la prova abbia valore solo con loro non si sa, sarà da scoprire».
PASSO RALLENTATO E DECLINO COGNITIVO
Quanto all’impiego del movimento per sondare un sotterraneo avanzare del degrado cognitivo, Antonio Guaita osserva che forse è più efficace considerare la velocità abituale nel camminare che avrebbe una capacità predittiva sia sul calo cognitivo che sullo sviluppo della demenza. A tale proposito cita uno studio italo-svedese pubblicato nel 2019 su Experimental Gerontology. Qui è stata compiuta una revisione tra 39 studi, comprendenti quasi 58.000 arruolati, e in 33 di queste ricerche è stata registrata una significativa associazione tra una camminata rallentata e problemi cognitivi, inclusa in certi casi la demenza. Con la notizia anche (confortante) che un leggero deficit cognitivo in un terzo dei casi resta tale (ci può essere perfino una ripresa).
Fonti
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.