La morte di una persona cara può far scattare problemi psichiatrici. La differenza con la depressione sta nell'indifferenza nei confronti della vita
Perdere inaspettatamente una persona cara innalza il rischio di malattie psichiatriche in qualunque età della vita ciò accada. Lo afferma un’indagine epidemiologica condotta su quasi trentamila persone da ricercatori della Columbia University e dal Dipartimento di psichiatria del Boston Children’s Hospital. A dire il vero non è una scoperta inedita. Da molto tempo si sa che il lutto è facile causa scatenante di un disturbo della mente. Ma c’è quell’aggettivo ”inaspettata” legato alla scomparsa di chi si ama: da un lato innalza le percentuali del “falso lutto prolungato” e dall’altro introduce tra i classici “deragliamenti” da perdita affettiva, depressione maggiore e disturbi d’ansia, il Ptsd, ovvero disturbo da stress post-traumatico. Quello che, come spiega il nome, può instaurarsi in seguito a un fortissimo trauma.
IMPREPARATI ALLO STRESS
«In effetti se prima della morte c’è una malattia, questa si può dire che in certo modo aiuta ad organizzarsi mentalmente, c’è tempo per adattarsi allo stress», commenta Carlo Altamura, direttore della clinica psichiatrica dell'ospedale Maggiore-Policlinico di Milano e ordinario di psichiatria all’Università di Milano. «Ma se la morte è improvvisa, c’è uno shock, non hai capacità di adattarti allo stress. Ed ecco allora che può affacciarsi, a prolungare e complicare il dolore, il disturbo post-traumatico da stress. Con i suoi flashback improvvisi, il pensiero ossessivo, il rivivere il fatto come se ri-accadesse in quel momento. Non conta solo la perdita, ma anche la modalità in cui avviene».
DOLORE MALATTIA?
Intorno al lutto ci sono altre novità recenti. Come spiega Altamura, con l’uscita l’anno scorso della quinta edizione del Dsm, il manuale internazionale della psichiatria, il lutto, che era escluso dalle patologie, è ora stato “identificato” con la depressione, come fosse anch’esso una malattia da curare. Questa inclusione è avvenuta dopo lunghe e accesissime discussioni tra gli psichiatri di tutto il mondo. «Quelli che si opponevano sostengono che il lutto è una reazione fisiologica a un evento di perdita.
Ed è così, come non è “mania” in senso psichiatrico quella di chi, vinta la lotteria, è euforico, fa salti di gioia, telefona a tutti, si compera un’auto superlusso», continua il professor Altamura. «E’ una giusta reazione a un fatto ambientale». Però? «Però accadere che i sintomi di lutto e depressione siano largamente analoghi, che molto spesso il primo “prosegua” con l’altra in una confusione non percepita dalla persona sofferente. La quale, anche dopo molti mesi con l’identico star male, riusciva a coinvolgere anche il medico convincendolo che tutto quel soffrire, quello stare nel baratro si dovesse soltanto all’irrimediabile perdita subita». E come distinguere dove finisce il lutto “normale” e dove comincia la patologia?
LA QUOTA ANEDONIA
«In osservanza a quanto stabilito dal Dsm V, la differenziazione non è facile. Ma bisogna guardare alla “quota anedonica” compresa in quel dolore da perdita. L’anedonia significa incapacità di provare qualsiasi piacere, non trovare interesse in nulla. Se dopo dieci giorni, un paio di settimane questa “quota” persiste uguale, non si attenua, è una spia di incipiente stato patologico». Quindi da curare? «Sì, e non è medicalizzare il dolore vero. E’ liberare la persona dallo stato innescato dalla sofferenza», afferma lo psichiatra.
UN «AMICO» CANE
Ma Altamura ci tiene a ricordare un altro motivo “rispettabile” di lutto e possibile, conseguente avvio di un disturbo psichiatrico: la perdita di un animale domestico, spessissimo un cane. «In particolare se la persona vive sola, ma non soltanto in tal caso, tante volte si tratta della rottura di una simbiosi. È comunque la perdita di un compagno di vita. E se era amatissimo, proporzionata sarà la sofferenza per la perdita. Ne vediamo, qui al Policlinico, di queste persone, e vanno accolte e curate come quelle che hanno perso un amore o un familiare».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.