Il Levodopa, un vecchio medicinale usato per il Parkinson, si è dimostrato efficace nella lotta al disturbo post-traumatico da stress
Una pillola per dimenticare. Potrebbe essere questa la nuova indicazione nell’utilizzo della levodopa, la molecola più diffusa nel trattamento del morbo di Parkinson. Ad affermarlo è Raffael Kalisch, professore della Mainz University Medical Center (Germania), in occasione del congresso FENS di Milano, il più importante appuntamento europeo dedicato alle neuroscienze. Un’indicazione che, se dovesse essere confermata, potrebbe rivoluzionare il trattamento del disturbo post traumatico (PTSD) e delle fobie. Attenzione però a non cantare vittoria: senza un’adeguata psicoterapia la sola levodopa servirebbe ben poco.
LA MALATTIA
Il PTSD insorge sempre in seguito a un evento traumatico, in cui la "figura" della morte è centrale. A esserne colpiti, oltre i soldati inviati in zone di guerra, possono essere le persone coinvolte in gravi incidenti stradali e in catastrofi naturali. Chi ne è affetto si trova a convivere con forti stati di ansia, paura e terrore, in cui viene continuamente rivissuta la situazione traumatica. Un'esperienza che, a seconda della gravità della patologia, può essere così invalidante da occupare tutta la giornata. Secondo le ultime statistiche, che si riferiscono agli Stati Uniti, si calcola che quasi l'8% della popolazione abbia sperimentato questa condizione estrema. Ma le percentuali si alzano, quando si considerano i militari: solo nella guerra del Vietnam il 30% dei reduci fu colpito dalla sindrome.
IL TRATTAMENTO
Oggi la cura consiste in un duplice approccio. Da un lato, attraverso la psicoterapia cognitivo-comportamentale, si cerca di far riprocessare e metabolizzare l'evento traumatico. Questo perché la persona che è colpita da PTSD è nella situazione in cui non riesce ad accettare ciò che ha vissuto. Dall'altro lato, però, è necessario agire anche con una terapia farmacologica per alleviare gli stati ansiosi e ciò può essere fatto nell'immediato attraverso la somministrazione di benzodiazepine e, sul lungo periodo, con gli antidepressivi classici.
CIRCUITI CEREBRALI
Il trattamento attuale offre grandi possibilità di guarigione. «Ciò avviene - spiega Kalish - quando si riesce a cambiare l’associazione mentale che porta al disturbo. In alcuni casi però i ricordi di alcune circostanze possono riemergere e portare nuovamente ad una ricaduta della malattia». Il gruppo di ricerca tedesco è riuscito ad identificare che il cambio di associazione mentale da negativa a positiva vede il coinvolgimento di alcuni circuiti cerebrali attivi nei meccanismi di ricompensa e piacere. Circuiti cerebrali che vedono come attore principale la dopamina.
COME FUNZIONA?
Ecco perché l’utilizzo della levodopa, captata dal cervello e trasformata in dopamina, potrebbe essere la soluzione al problema. La molecola in questione infatti, oltre a essere importante per il movimento e il circuito della ricompensa, è fondamentale anche nei processi di memorizzazione degli eventi. «L’obiettivo - conclude Kalish - è somministrare il farmaco in modo tale da creare nei pazienti un potenziamento della memoria dei ricordi positivi. Un approccio quindi che rende necessaria la psicoterapia». In altre parole l’idea è quella che la levodopa possa migliorare gli effetti a lungo termine della psicoterapia, creando un ricordo positivo più forte in grado di sostituire più facilmente il ricordo negativo.
PROSPETTIVE FUTURE
Scoperto il meccanismo ora i ricercatori tedeschi sono al lavoro per effettuare i primi test nell’uomo. Curiosa l’indicazione dei primi esperimenti: le prove verranno effettuate su individui affetti da una delle paure più diffuse e innocue, l’aracnofobia.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.