Umore nero, brutti ricordi, incapacità di gioire: uno studio individua alcune zone che corrispondono ai sintomi della depressione
Dove abita la depressione? Il dove, che è la zona cerebrale in cui si esprime, è stato indagato da uno studio dell’Università britannica di Worwick e dell’Università cinese di Fudan. Ben mille i malati con disturbo dell’umore il cui cervello è stato “fotografato” (in Cina) con le tecniche di neuroimaging: l’area implicata è apparsa la corteccia orbitofrontale laterale che è esclusa dal meccanismo delle gratificazione, delle “risposte” appaganti. Da qui ecco il senso di perdita e di delusione vissuti dai pazienti. Inoltre questa zona, che diventa attiva quando non si ricevono gratificazioni, è anche connessa con la parte legata alla percezione di se stessi, il che può condurre a pensieri di perdita personale e di scarsa autostima.
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IL PROZAC DAL RUBINETTO
Continuano, i ricercatori anglo-cinesi, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista Brain, mostrando come la depressione sia anche associata a una ridotta connessione tra l’area delle gratificazioni nella corteccia orbitofrontale mediale e i sistemi che presiedono alla memoria, ipotizzando che da qui nasca la ridotta capacità di concentrarsi sui ricordi felici che vivono quanti sono affetti dalla depressione. «E’ un’orribile malattia», osserva il dottor Janfeng Feng, uno dei ricercatori, «che colpisce una persona su dieci nel corso della vita, talmente comune nella società moderna che possiamo trovare tracce di Prozac, il noto antidepressivo, perfino nell’acqua di rubinetto a Londra».
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LE VIE DELL’UMORE
Il commento di Bernardo Dell’Osso, psichiatra e ricercatore presso l’Università di Milano, Policlinico: «Nel complesso, i risultati dello studio ci forniscono nuove evidenze sulle basi anatomiche di comportamenti tipici del depresso, quali l’anedonia, ovvero la mancanza di piacere, interesse e gratificazione nei confronti di una serie di differenti attività, e quali la tendenza a rimuginare su pensieri e ricordi negativi. Le anomalie evidenziate non riguarderebbero unicamente il funzionamento di specifiche aree del cervello, ma anche le vie cerebrali attraverso cui tali aree sono connesse e comunicano. «In particolare», continua Dell’Osso, «lo studio evidenzia una riduzione di connettività, nei soggetti depressi, tra la parte mediale della corteccia orbitofrontale, implicata nei processi di gratificazione, e altre aree coinvolte nei meccanismi di formazione e rievocazione della memoria, quali il lobo temporale mediale e il giro paraippocampale».
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OLTRE ALLA CHIMICA
Per la depressione si è sempre parlato di chimica, di neurotrasmettitori. Che importanza hanno le ricerche sull’anatomia del disturbo? «Come per altri recenti studi di neuroimaging», risponde Dell’Osso, «i risultati ci permettono di farci un’idea sempre più precisa delle anomalie di natura neuroanatomica responsabili dello sviluppo di specifici sintomi e comportamenti classici dei depressi: si ritiene che possano essere utili per il futuro riconoscimento precoce, in termini diagnostici, della patologia depressiva. Inoltre da qui possono originare importanti ricadute terapeutiche, al fine di ottenere una maggiore specificità d’azione ed efficacia dei farmaci antidepressivi già disponibili e di quelli in corso di sviluppo». Si intravede una nuova strada.
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Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.