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L'esperto risponde
Daniele Banfi
pubblicato il 18-06-2020

Il desametasone funziona nei casi più gravi di Covid-19



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Il derivato del cortisone ridurrebbe fino ad un terzo le probabilità di morte nelle persone intubate per Covid-19. I risultati, ancora al vaglio della comunità scientifica, ottenuti in un ampio studio dell'Università di Oxford

Il desametasone funziona nei casi più gravi di Covid-19

Il desametasone, un vecchio farmaco antinfiammatorio, sembrerebbe ridurre di oltre un terzo le morti da Covid-19 in quei pazienti più gravi sottoposti a ventilazione meccanica. Ad annunciarlo è l'Università di Oxford sulla base dei dati raccolti nello studio RECOVERY (Randomised Evaluation of COVid-19 thERapY) coordinato dall'ateneo inglese.

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Nell'infezione da Sars-Cov-2, l'agente scatenante Covid-19, una delle principali insidie è rappresentata dall'eccessiva infiammazione che il sistema immunitario mette in atto per difendersi dall'infezione. Nei casi più gravi, quando la risposta diventa incontrollabile, il paziente va incontro a serie complicanze che possono portare sino alla morte. Spegnere l'eccessiva infiammazione, in particolare quella che si verifica a livello polmonare, è di fondamentale importanza per ridurre i sintomi di Covid-19. 

SPEGNERE L'INFIAMMAZIONE 

Tra le tante molecole in fase di sperimentazione, quella che sembra avere dato i migliori risultati è il desametasone, un derivato del cortisone utilizzato da oltre 50 anni (e dal costo irrisorio) per diverse malattie su base infiammatoria. Nello studio RECOVERY i medici inglesi hanno somministrato la molecola per dieci giorni ad oltre 2mila persone con Covid-19 e ne hanno confrontato gli effetti con oltre 4mila trattate secondo le cure standard.

Dalle analisi è emerso che il farmaco, complessivamente, ha ridotto del 17% il tasso di mortalità a 28 giorni. I maggiori benefici si sono però visti tra i pazienti che necessitavano di ventilazione. Rispetto alle cure abituali, il desametasone ha ridotto i decessi del 35% nei pazienti intubati e del 20% in quelli che ricevono solo ossigeno. Non ha invece avuto alcun effetto, rispetto alle terapie standard, nei pazienti che non necessitavano di supporto respiratorio. Un risultato importante seppur da prendere ancora con le dovute precauzioni dal momento che lo studio non è stato ancora sottoposto al vaglio della revisione scientifica.

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Ciononostante l'OMS si è dichiarata entusiasta di quanto raggiunto dallo studio. "E' il primo trattamento che ha dimostrato di ridurre la mortalità nei pazienti con Covid-19 che richiedono supporto per ossigeno o ventilatore" ha affermato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale della massima autorità sanitaria. "Questa è una grande notizia e mi congratulo con il governo del Regno Unito, l'Università di Oxford e i numerosi ospedali e pazienti nel Regno Unito che hanno contribuito a questa svolta scientifica salvavita". 

Attenzione però a pensare che il desametasone sia la soluzione al problema Covid-19. Tutt'altro. Tale molecola, come descritto nello studio, è utile nel limitare i sintomi della malattia e salvare una quota di persone con un quadro clinico già grave. Il desametasone dunque non è la cura per Covid-19 ma un mattoncino importante tra le tante strategie terapeutiche.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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