Lo studio di Federica Prinelli punta a capire quali abitudini alimentari negli anziani aiutano a mantenere il cervello in salute e attivo
«Mens sana in corpore sano», dicevano i latini. Un’antica saggezza ormai confermata dalla scienza: gli stili di vita, prima fra tutti l’alimentazione, hanno un grande impatto sul mantenimento di uno stato di salute generale dell’organismo, anche per quanto riguarda mente e cervello, soprattutto quando gli anni cominciano a essere tanti. Gli effetti della nutrizione sulla salute del cervello sono però complessi e multifattoriali, e i meccanismi biologici coinvolti sono ancora largamente inesplorati. In questo affascinante campo di studi si avventura Federica Prinelli, al lavoro nell'unità di epidemiologia dell’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Segrate (Milano). Grazie a un finanziamento della Fondazione Umberto Veronesi adesso sta svolgendo un periodo di lavoro e perfezionamento presso il prestigioso Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia.
Federica, raccontaci nei dettagli la tua ricerca.
«Ho l’obiettivo di investigare l’impatto della nutrizione sull’invecchiamento cerebrale applicando un approccio che integri la ricerca epidemiologica e le neuroscienze cognitive. Saranno utilizzati i dati di uno studio svedese di popolazione (Swedish National Study on Aging and Care, ndr) che sta attualmente esaminando e seguendo nel tempo circa 3000 persone di età superiore ai 60 anni residenti a Stoccolma. I partecipanti allo studio vengono monitorati regolarmente dal punto di vista medico e intervistati sulle abitudini alimentari. Un sotto-campione di circa 500 soggetti è stato inoltre sottoposto a risonanza magnetica al cervello. Verranno pertanto caratterizzate le abitudini nutrizionali della popolazione in studio e l’effetto sulle strutture e funzioni cerebrali».
Quali prospettive apre per le eventuali applicazioni alla salute umana?
«Una migliore comprensione della complessa relazione tra nutrizione e invecchiamento, permetterà di individuare e promuovere strategie preventive e di intervento nella comunità, con l’obiettivo di promuovere raccomandazioni e linee guida, volte al mantenimento delle abilità cognitive e a contrastare gli effetti dell’invecchiamento cerebrale».
Perché hai scelto di intraprendere la strada della ricerca?
«Sono stata affascinata dalle scienze fin da bambina: la curiosità mi ha sempre spinta a cercare di spiegare il perché e andare a fondo delle cose».
Dove ti vedi fra dieci anni?
«Vorrei continuare a fare ricerca, ovunque mi sia data la possibilità di continuare a farlo».
Cosa ti piace di più della ricerca?
«Il continuare a porsi domande. La ricerca è novità, stimolo, studio e apprendimento continuo. E’ non sentirne il peso, è il piacere e non il dovere, e soprattutto è il contribuire anche se in piccola parte, alla conoscenza».
E cosa invece eviteresti volentieri?
«La competizione e l’arrivismo».
Se un giorno tuo figlio o figlia ti dicesse che vuole fare ricerca, come reagiresti?
«Sarei felice e orgogliosa. Gli direi che è una strada impervia ma ricca di soddisfazioni ma di non farsi scoraggiare dalle frustrazioni e dagli insuccessi. Fare quello che piace con passione, è la più grande soddisfazione che ci possa essere».
Una cosa che vorresti assolutamente fare almeno una volta nella vita
«Riuscire a visitare almeno una volta tutti i continenti».
Con chi ti piacerebbe andare a cena una sera?
«Mi sarebbe piaciuto andare a cena con Margherita Hack: le avrei chiesto tutto su stelle e pianeti, che mi hanno sempre affascinata».
Chiara Segré
Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.