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I nostri ricercatori
Chiara Segré
pubblicato il 09-05-2016

Ricercatrice per mia mamma, lavoro per la salute maschile



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Milena De Nicola lavora all’Università di Tor Vergata su un innovativo approccio di chemioterapia a basse dosi e meno tossica per il trattamento del tumore alla prostata

Ricercatrice per mia mamma, lavoro per la salute maschile

«Quando ero al liceo a mia mamma è stato diagnosticato un tumore. Mi sentivo completamente impotente. Non potevo fare nulla, se non starle accanto mentre lei lottava per vivere. In quei giorni ho deciso che avrei lottato anche io. Le mie armi sarebbe state lo studio, la tenacia, la curiosità. Se anche riuscissi a contribuire con una sola goccia all’oceano della conoscenza per la lotta contro il cancro, avrò dato un senso alla mia vita lavorativa». Risponde così Milena De Nicola, ricercatrice sostenuta nel 2016 dalla Fondazione Umberto Veronesi grazie alla Delegazione di Roma, quando le si chiede come mai ha intrapreso la strada della ricerca scientifica. Roma è la città dove Milena è nata 43 anni fa, e dove ha percorso tutta la sua carriera professionale: una laurea in biologia con lode, un dottorato concluso nel 2005 in tecnologie avanzate in biomedicina e un secondo dottorato in arrivo. Oggi Milena lavora come ricercatrice post dottorato all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, dove sviluppa un progetto di ricerca molto innovativo applicato al trattamento del tumore alla prostata, il più diffuso tra gli uomini. L'alta incidenza di forme resistenti alla chemioterapia standard e quindi difficilmente curabile richiede con urgenza lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche efficaci. 

Milena, in cosa consiste la tua ricerca?

«Il successo della terapia tradizionale nel trattamento del tumore alla prostata, che mira a uccidere le cellule tumorali mediante approcci citotossici, è limitato sia dallo sviluppo di resistenza al farmaco sia dall’elevata tossicità, non sempre tollerata dai pazienti. Una nuova terapia, ideata dal professor Reichle, in fase di sperimentazione all’Ospedale Universitario di Regensburg in Germania, sta dando risultati molto promettenti sia perché riesce a combattere il cancro prostatico resistente sia perché è priva di importanti effetti collaterali. Questa terapia cambia approccio: invece di colpire direttamente le cellule maligne con alte dosi di farmaci citotossici somministrati a cicli intervallati da sospensioni, si basa sulla somministrazione di farmaci a dosi più basse ma continue.

L’altra grande novità è che queste terapie hanno come bersaglio non direttamente la cellula maligna ma la riprogrammazione del microambiente intorno al tumore, per bloccarne la crescita e il sostentamento. Il mio obiettivo è esplorare i meccanismi molecolari alla base di questa nuovo approccio, mediante studi su modelli cellulari di cancro alla prostata. In particolare verranno indagati gli effetti sulla morte, sulla senescenza e sul differenziamento cellulare. Un approccio molto innovativo e ancora poco esplorato che però ha già dato qualche risultato concreto. Il mio gruppo di ricerca, in collaborazione col gruppo del professor Reichle, ha pubblicato un articolo in cui si descrive il razionale molecolare dell’approccio. Sempre il gruppo tedesco ha anche pubblicato un primo studio clinico di fase 2 dove sono stati trattati pazienti con una chemioterapia basata su questo nuovo approccio. Siamo ancora agli inizi e la strada da percorrere è ancora molto lunga, ma questi primi risultati ci incoraggiano a proseguire».

Quali prospettive apre questo studio per possibili future applicazioni alla salute umana?

«I risultati di questo studio aiuteranno a migliorare l'efficacia e la sostenibilità di questa nuova terapia meno tossica col vantaggio, rispetto alla chemioterapia tradizionale, di poterla somministrare anche ai pazienti anziani e con la salute compromessa».

Qual è il momento della vita professionale da incorniciare?

«Le lacrime di gioia del mio papà il giorno della mia laurea e, naturalmente, il conferimento della borsa di ricerca di Fondazione Veronesi! Per me è stato il riconoscimento del mio impegno».

Dove ti vedi fra dieci anni?

«Spero tanto di poter essere ancora in Università, sia per fare ricerca che per insegnare».

Se ti dico scienza e ricerca, cosa ti viene in mente?

«La rincorsa verso un sogno, verso l’acquisizione di conoscenze verificabili che aiutino a migliorare la qualità della vita».

Pensi che la scienza abbia anche dei “lati oscuri”?

«La storia ci insegna che i “lati oscuri” della scienza sono sempre dettati dall’ignoranza, dall’interesse economico, dalla cattiveria. Quali? I primi che mi vengono in mente sono gli esperimenti terrificanti condotti nei campi di concentramento, ma ce ne sono stati in passato anche in Giappone, Cina, America. Per me, fa parte del “lato oscuro” anche chi ostacola la conoscenza e la ricerca che può portare a modalità di prevenzione e cura efficaci, poco costose, facilmente applicabili. La ricerca scientifica è uno strumento, l’uomo che ne delibera l’utilizzo il colpevole. Credo che gli scienziati degni di questo nome abbiano il dovere di divulgare una corretta informazione scientifica e vigilare su quello che viene fatto nel nome della scienza».

Infine, parlaci un po’ della Milena al di fuori del laboratorio.

«Attualmente il mio tempo libero è dedicato interamente alle mie figlie, di 12 e 6 anni. Le sostengo nello studio, le accompagno a danza, in piscina e agli scout!! Andiamo a teatro, a visitare i musei, al cinema, leggiamo libri o giochiamo. Ci piace passeggiare nel verde, giocare a pallavolo».

Con chi ti piacerebbe andare a cena e cosa vorresti chiedergli?  

«Mi sentirei “piccola piccola” al loro confronto ma sarebbe un sogno andare a cena con grandi donne di scienza come Fabiola Giannotti, direttrice del CERN, Ilaria Capua, virologa di fama mondiale, o Samantha Cristoforetti, la nostra astronauta. Mi piacerebbe chiedere il loro segreto per non mollare nei momenti difficili, come sono riuscite a realizzare il loro sogno, quali momenti tra vita professionale e personale vorrebbero incorniciare e quali dimenticare».

Chiara Segré
Chiara Segré

Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.


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