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I nostri ricercatori
Agnese Collino
pubblicato il 31-01-2017

Alla ricerca di cellule staminali tumorali nei carcinomi orali



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Le staminali dei tumori potrebbero essere alla base della formazione di recidive e metastasi. Ecco lo studio del nostro Davide Sartini

Alla ricerca di cellule staminali tumorali nei carcinomi orali

Il carcinoma orale a cellule squamose rappresenta il 90% dei tumori del cavo orale e purtroppo, nonostante i progressi raggiunti nelle tecniche chirurgiche e chemio-radioterapiche, è ancor oggi spesso legato ad una prognosi infausta. La ricerca di possibili target terapeutici è quindi particolarmente importante per questo tipo di neoplasia. In ambito oncologico è diffusa ormai da decenni la teoria delle cellule tumorali staminali (CSCs), l’ipotesi secondo cui all’interno della massa cancerosa è possibile distinguere una piccola popolazione di cellule in grado di dividersi e auto-rinnovarsi, e di maturare poi sotto forma di diversi tipi cellulari. Tali cellule si distinguono per la spiccata tendenza a propagare il tumore e l’elevata refrattarietà alle cure. Ecco perché si pensa che le CSCs siano in grado di iniziare e sostenere la crescita del tumore, e che siano responsabili per l’eventuale comparsa di recidive e metastasi. Studiare le CSCs provenienti da carcinomi orali è proprio l’obiettivo di Davide Sartini, biologo anconetano che con il sostegno della Delegazione di Teramo di Fondazione Umberto Veronesi svolge le sue ricerche presso l’Università Politecnica delle Marche.


Davide, raccontaci più nel dettaglio il tuo progetto.

«Lo scopo del mio lavoro è quello di identificare e caratterizzare dal punto di vista molecolare le cellule staminali cancerose ottenute da linee cellulari di carcinoma del cavo orale. Per questo progetto partiamo da alcune conoscenze accumulate in ricerche precedenti e già pubblicate. Mediante l’applicazione di specifici protocolli, in queste colture cellulari verrà favorita la crescita di CSCs (normalmente molto rare), che saranno poi filtrate da tutte le altre cellule mediante l’impiego di specifici anticorpi che le riconoscano e le leghino. Ottenuta così la loro separazione, andremo a verificare se le CSCs esprimano molecole normalmente associate a fenomeni di resistenza alla chemioterapia, o marcatori noti delle cellule staminali».


Quali prospettive potrebbe aprire questo progetto per la salute umana?

«Il ruolo svolto dalle CSCs nello sviluppo di recidive e nella diffusione metastatica è davvero cruciale: i risultati derivanti da questo lavoro potrebbero contribuire allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche mirate per la cura dei carcinomi orali, ma anche di altri tipi di tumore».


Sei mai stato all’estero a fare un’esperienza di ricerca?

«Sì, sono stato alla New York University School of Medicine and Howard Hughes Medical Institute, negli Stati Uniti, come vincitore di una borsa di ricerca promossa da Fondazione Marche e Italian Scientists and Scholars of North America Foundation. È stata un’esperienza professionale importantissima, durante la quale ho avuto la possibilità di lavorare in un laboratorio molto prestigioso. Dal punto di vista personale è stato anche un grande viaggio dentro me stesso, grazie al quale ho sperimentato una parte di me che non conoscevo».

Ricordi il momento in cui hai capito che la tua strada era quella della scienza?

«A scuola ho sempre avuto una passione per le materie scientifiche, in particolare la chimica e la biologia. È stato proprio durante il secondo anno di liceo che ho deciso che mi sarei laureato in scienze biologiche e che avrei intrapreso un dottorato per diventare un ricercatore». C’è un momento della tua vita professionale che vorresti incorniciare? «Bè, sicuramente quando sono stato premiato per la vincita della borsa che mi ha consentito di andare negli Stati Uniti e quando ho ricevuto la notifica della vincita, per il secondo anno consecutivo, della borsa di Fondazione Umberto Veronesi».


Cosa ti piace di più della ricerca?

«Lo stimolo derivate dal continuo presentarsi di quesiti sempre nuovi e complessi, ai quali si cerca di dare una soluzione».


Cosa ne pensi dei complottisti e di chi è contrario alla scienza per motivi “ideologici”?

«In generale mi ritengo una persona molto tollerante: non mi sento di scagliarmi contro queste persone. Spesso le posizioni assolutiste o estremiste sono figlie dell’ignoranza, dell’esaltazione e della strumentalizzazione da parte di qualcun’altro».


Cosa fai nel tempo libero?

«Faccio molto sport e pratico con regolarità nuoto e crossfit. Mi piace molto sciare e giocare a beach volley. E un giorno mi piacerebbe provare il kitesurf!».


Hai famiglia?

«Convivo con la mia compagna, laureata in medicina e attualmente specializzanda in urologia. Lei è per me una vera fonte d’ispirazione: è con lei che ho razionalizzato la mia spiccata passione per le questioni biomediche».


Quando è stata l’ultima volta che ti sei commosso?

«Mi commuovo spesso, ogni volta che ascolto la canzone “A mano a mano” di Rino Gaetano: la associo alla sofferenza».


Qual è la cosa di cui hai più paura?

«La sofferenza fine a se stessa, come quella associata alle fasi terminali delle malattie incurabili: non so se avrei la forza mentale per reggere un peso così grande. Sono a favore dell’eutanasia e del testamento biologico: in questo senso mi sembra quantomeno “singolare” che in Italia, a differenza di quanto accade nelle grandi democrazie europee, simili questioni stentino ad essere affrontate dai legislatori. Trovo che morire in condizioni dignitose sia un diritto fondamentale dell’essere umano».


La cosa che più ti fa arrabbiare.

«La presunzione da parte di alcuni che tutte le altre persone siano stupide».


Il tuo film preferito?

«“Quattro matrimoni e un funerale”».

Con quale personaggio famoso ti piacerebbe andare a cena? Cosa gli chiederesti?

«Mi piacerebbe cenare con chi sta al governo e far loro alcune domande sul futuro di noi giovani, anche se io tanto giovane ormai non lo sono più…».


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