Veronica Ghini utilizza tecniche all’avanguardia per identificare nel sangue e nelle urine dei pazienti marcatori in grado di predire meglio la risposta ai farmaci biologici
Il tumore al polmone colpisce ogni anno in Italia oltre quarantamila persone, il novanta per cento delle quali sono fumatori. Tra le neoplasie maligne del polmone, il cancro non a piccole cellule è la forma più frequente. Nonostante i grandi passi in avanti fatti nel trattamento, il tasso di sopravvivenza è ancora molto basso. Uno dei trattamenti innovativi più promettenti è rappresentato dal farmaco Nivolumab. Si tratta di un antitumorale appartenente alla classe degli anticorpi monoclonali, molecole in grado di riconoscere in maniera selettiva le cellule tumorali inducendone la distruzione, limitando il danno per le cellule sane. Purtroppo non tutti i pazienti rispondono positivamente a questo trattamento e a volte gli effetti collaterali superano i reali benefici. Poter predire in anticipo quali pazienti rispondono e quali no al trattamento segnerebbe una svolta nella gestione di questa neoplasia. Questo è l’ambito di ricerca di Veronica Ghini, 28 anni, ricercatrice all’Università degli Studi di Firenze.
Veronica, raccontaci nei dettagli la tua ricerca
«Il mio obiettivo principale è riuscire a selezionare i pazienti a cui somministrare il Nivolumab attraverso l’identificazione di bio-marcatori predittivi della sua efficacia. Per farlo, utilizzerò una tecnologia emergente con promettenti applicazioni nel campo medicina personalizzata: la metabolomica basata sulla spettroscopia in risonanza magnetica».
Puoi spiegarci in cosa consiste questa tecnica?
«La metabolomica è una branca della biochimica che studia l’insieme dei prodotti del metabolismo presenti nei fluidi biologici come siero e urina. Il profilo metabolomico è strettamente individuale e fornisce informazioni sullo stato di salute e di malattia di un individuo. La risonanza magnetica permette di acquisire informazioni sulla composizione dei metaboliti in ogni individuo e metterli in relazione con lo stato di salute, la presenza di malattia ed eventualmente lo stadio della stessa, nonché offrire una possibile predizione di risposta al farmaco, che è ciò che più mi interessa dimostrare».
Quali prospettive apre il tuo studio, anche a lungo termine, nella gestione dei tumori al polmone non a piccole cellule?
«Sicuramente rappresenterebbe un grosso passo in avanti per la medicina personalizzata di questa neoplasia. La possibilità di conoscere a priori l’efficacia del trattamento renderebbero l’approccio terapeutico mirato per il singolo paziente evitando l’utilizzo di strategie inefficienti e la comparsa di forti effetti collaterali, prima di tutto migliorando la qualità della vita e le probabilità di guarigione e riducendo gli sprechi e i costi per il servizio sanitario nazionale».
Perché hai scelto di intraprendere la strada della ricerca?
«Ho solo seguito il mio cuore. Ho fatto ciò che mi piaceva e mi rendeva le giornate complete e soddisfacenti».
Come ti vedi fra dieci anni?
«Il mio sogno è fare carriera accademica e avere il mio gruppo di ricerca».
Cosa ti piace di più della ricerca?
«Dover usare costantemente il cervello. Se pur nel mio piccolo, sono io, con le mie idee, che contribuisco a qualcosa di molto più grande».
E cosa invece eviteresti volentieri?
«La continua ricerca di fondi».
Qual è la cosa di cui hai più paura?
«Del futuro dal punto di vista lavorativo. Sono terrorizzata che le cose non vadano come mi auguro. E ad oggi non ho un piano B rispetto a fare la ricercatrice».
Una cosa che vorresti assolutamente fare almeno una volta nella vita
«Pubblicare su Nature, una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo».
Qual è per te il senso profondo che ti spinge a fare ricerca ogni giorno?
«Pensare che prima o poi il mio lavoro sarà utile a tante persone».
Chiara Segré
Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.