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Ginecologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 10-12-2015

Difetti del tubo neurale, ancora troppi casi in Europa



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Dopo vent’anni si dimostra inefficace la prevenzione basata sull’assunzione volontaria di acido folico. Ma la fortificazione di tutti gli alimenti non convince gli esperti italiani

Difetti del tubo neurale, ancora troppi casi in Europa

«La prevalenza dei difetti del tubo neurale in Europa non è diminuita in modo sostanziale negli ultimi vent’anni». Sono perentorie le conclusioni di uno studio osservazionale pubblicato sul British Medical Journal. Ogni anno da cinquemila gravidanze (nati vivi) nel vecchio continente vengono alla luce neonati affetti da spina bifida e anencefalia. Colpa, secondo gli autori della pubblicazione, di un’assunzione inadeguata di acido folico (o vitamina B9) attraverso la dieta.


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L’IMPORTANZA DELL’ACIDO FOLICO

L'assunzione di integratori di acido folico prima e durante la gravidanza - come si sa dal 1992, anno a cui risale una pubblicazione sul New England Journal of Medicine - può ridurre il rischio di dare vita a un bambino affetto da spina bifida e anencefalia. Si tratta di anomalie congenite consistenti nell’incompleta chiusura di una o più vertebre risultante in una malformazione del midollo spinale (spina bifida) e nell’assenza di gran parte dell’encefalo e del cranio (anencefalia) che si manifestano entro il ventottesimo giorno di gestazione. Entrambe - per quanto non ancora del tutto note sul piano genetico - sono in larga parte prevenibili assumendo quattrocento microgrammi al giorno della molecola, fondamentale nella biosintesi di Dna ed essenziale per lo sviluppo dell’embrione. Quantità maggiori (fino a cinque milligrammi al giorno) sono richieste alle donne con precedenti di spina bifida o cardiopatie congenite in famiglia, affette da diabete, celiachia, malattie infiammatorie croniche intestinali o in terapia con farmaci antiepilettici (acido valproico e carbamazepina). Come afferma Domenica Taruscio, responsabile del centro nazionale malattie rare dell’Istituto Superiore di Sanità, «per ridurre del 50-70% il rischio di far sviluppare al nascituro difetti del tubo neurale, l’acido folico va assunto da un mese prima a tre mesi dopo il concepimento».


La dieta da seguire durante la gravidanza e l’allattamento


LA SITUAZIONE IN EUROPA

Che il suo uso sia il migliore mezzo preventivo per i difetti congeniti neonatali è risaputo, soprattutto tra le ragazze che s’apprestano ad affrontare una gravidanza. Eppure, numeri alla mano, non tutte sembrano seguire alla lettera le indicazioni provenienti dalla comunità scientifica. Nel corso dell’ultima ricerca gli scienziati, guidati da Babak Khoshnood (direttore dell’istituto nazionale francese della salute e della ricerca medica), hanno consultato i dati della rete europea di sorveglianza delle anomalie congenite (Eurocat), con riferimento alle 12,5 milioni di nascite registrate in 19 Paesi tra il 1991 e il 2011. In vent’anni sono state conteggiate oltre undicimila diagnosi di difetti del tubo neurale: nove nuovi casi ogni diecimila nascite. Un dato non troppo differente da quello relativo al periodo precedente all’entrata in vigore delle raccomandazioni sull’assunzione di integratori di acido folico. Da qui la conclusione che «la consapevolezza dell’efficacia preventiva dell’acido folico acquisita negli ultimi vent’anni non è bastata a porre un argine alla diffusione di queste malattie». Lo studio puntava a fotografare la situazione, sul piano epidemiologico. Impossibile sbilanciarsi sulle responsabilità: colpa delle donne che non assumono troppo acido folico o una simile profilassi potrebbe non essere sufficiente? Nel dubbio i ricercatori non hanno potuto trascurare l’evidenza secondo cui «le raccomandazioni diffuse e l’assunzione volontaria non sono stati efficaci nel prevenire i difetti del tubo neurale in Europa». 


L’acido folico serve anche nella dieta dei futuri papà


LE INDICAZIONI PER LA DIETA

L’acido folico, pur trovandosi in abbondanza nelle verdure a foglia verde (carciofi, broccoli, asparagi, spinaci, lattuga), nei legumi (fagioli, ceci) e in alcuni frutti (arance, fragole e frutta secca), ha una ridotta biodisponibilità. Le verdure fresche, conservate a temperatura ambiente, possono perdere fino al 70% del loro contenuto in folati in tre giorni. Inoltre i folati sono idrosolubili e perdite considerevoli si verificano nei processi di cottura. Ecco perché, per rimediare a questo trend, gli autori dello studio suggeriscono di prendere in considerazione l’ipotesi di fortificare obbligatoriamente gli alimenti di prima necessità (cereali, pane, riso e pasta) con la vitamina B9. Questa scelta, adottata fin dal 1998 dagli Stati Uniti (con aggiunte anche di 140 microgrammi di acido folico per cento grammi di prodotto), ha permesso di osservare una riduzione dell’incidenza dei difetti del tubo neurale. Pure in Italia - dove ogni anno nascono all’incirca duecento bambini affetti da spina bifida: meno rispetto al passato, in conseguenza dell’aumento delle interruzioni di gravidanza - si trovano alimenti fortificati con l’aggiunta di vitamina B9 di sintesi durante il processo produttivo: cereali da colazione, biscotti, fette biscottate, succhi di frutta. Non tutti però, perché nel Vecchio Continente s’è deciso di non sposare la linea della fortificazione. «Una scelta che mi trova d’accordo, perché i difetti del tubo neurale sono malattie multifattoriali - dichiara Maria Pia Onofri, pediatra e neuropsichiatra infantile del centro spina bifida dell’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano -. La fortificazione di tutti gli alimenti non è sufficiente e crea una falsa sicurezza, lasciando scoperto un trenta per cento dei casi di malattia. La prevenzione primaria passa innanzitutto dal recupero della dieta mediterranea». 


Fonti

Long term trends in prevalence of neural tube defects in Europe: population based study, The British Medical Journal

Prevention of the First Occurrence of Neural-Tube Defects by Periconceptional Vitamin Supplementation, New England Journal of Medicine

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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