Si studia e si usa già in vari paesi l'autoprelievo per il test HPV come metodo di screening cervicale. Che cos'è, come funziona, i (molti) pro e i (pochi) contro
Come rendere più facile e accessibile lo screening cervicale? Fra le soluzioni possibili c'è anche il test HPV fai-da-te, o meglio l'autoprelievo per rilevare la presenza del papillomavirus. Medici, istituzioni (e la stessa OMS) lo stanno considerando come opzione aggiuntiva al classico test in ambulatorio per migliorare le coperture dello screening cervicale e - questo è l'auspicio - arrivare prima a rendere i tumori cervicali delle malattie sempre più rare.
Abbiamo chiesto a Mario Preti, Professore Associato di Ginecologia e Ostetricia all'Università degli Studi di Torino e membro del Comitato scientifico di Fondazione Umberto Veronesi, di aiutarci a capire che cos'è, come funziona e a quali condizioni potrebbe essere utile l'autoprelievo per il test HPV.
Che cos’è lo screening per i tumori cervicali?
Grazie ai programmi di screening è presente da molti anni in Italia un valido ed efficace sistema di prevenzione secondaria dei tumori del collo dell’utero. A partire dai 25 anni sino ai 65 ogni donna residente in Italia riceve una lettera di convocazione per eseguire un test di screening sul collo dell’utero, al fine di diagnosticare in forma precoce la presenza di lesioni o condizioni che in futuro potrebbero predisporre allo sviluppo di un tumore.
In cosa consiste il test di screening?
Il test di screening, indipendentemente che sia Pap Test o HPV test (Human Papilloma Virus: Virus del Papilloma Umano), consiste nel prelievo mediante appositi dispositivi dalla superficie del collo dell’utero, di cellule che poi vengono depositate in una soluzione liquida e analizzate. Se si tratta del Pap test, ovvero dell’esame citologico, si valuta la presenza o meno di una lesione cellulare. Il test HPV valuta invece la presenza o assenza del materiale genetico (DNA) del virus nel tessuto cellulare prelevato (di solito vengono analizzati solo i ceppi virali ad alto rischio oncogeno). Ad oggi, il programma di screening prevede l’esecuzione del Pap test per le donne con età inferiore ai 30 anni e dell’HPV test per quelle con età dai 30 ai 65 anni.
C’è bisogno di personale specializzato per eseguire il prelievo dell’HPV test?
Esiste un modo più semplice per accompagnare le donne allo screening? Il cosiddetto self samplig, l’autoprelievo, potrebbe essere la risposta. Vorrebbe dire inviare alle donne, contestualmente alla lettera d’invito allo screening o al controllo post-intervento, un kit di autoprelievo con le relative istruzioni, per poterlo eseguire a casa propria.
Come funziona l’autoprelievo?
Il dispositivo è costituito da un tampone vaginale racchiuso in una provetta, in pratica un bastoncino in plastica per il prelievo e un contenitore per il trasporto del campione. Il bastoncino presenta a una estremità un puntale ricoperto di fibre di nylon che permettono la raccolta delle cellule. È dettagliatamente spiegato dove posizionare le dita durante la procedura di prelievo per una facile e corretta impugnatura e manipolazione del dispositivo. Previa corretta igiene delle mani, si apre la provetta e si estrae il tampone facendo attenzione a non toccare altre superfici. Successivamente, scegliendo una posizione comoda, si introduce il tampone in vagina e si esegue il prelievo ruotandolo per circa 10-30 secondi. A prelievo eseguito, si riposiziona il tampone nella provetta con la punta verso il basso, si sigilla e si spedisce o consegna al centro di riferimento.
Dove si raccomanda e si usa l'autoprelievo?
Attualmente il 35% dei 139 Paesi che raccomandano lo screening per il tumore del collo della cervice promuove l’uso dell’HPV test come metodo d’indagine primario. Tra i Paesi, che hanno abbracciato l’idea dell’autoprelievo nella pratica clinica ci sono Argentina, Australia, Danimarca, Equador, Finlandia, Francia, Myanmar, Svezia, Albania, Kenya, Guatemala, Honduras, Malesia, Olanda, Perù, Ruanda, Uganda. La maggior parte di questi Paesi ha introdotto l’autoprelievo accanto al prelievo effettuato da operatori sanitari.
Quali sono i benefici?
Le evidenze scientifiche a supporto dell’uso del test HPV con modalità di autoprelievo nell’ambito degli screening di popolazione sono consolidate con:
- un provato miglioramento dell’accesso al test per le donne che non partecipano allo screening standard (cioè al prelievo effettuato da operatori sanitari) e un favorevole bilancio costo-efficacia
- inoltre, si è dimostrato utile nelle donne che devono eseguire controlli nel tempo per non ridurre l’adesione allo screening
- l’utilità di questo tipo di test ha trovato naturalmente la sua massima espressione durante l’emergenza pandemica che ha portato su scala globale alla sospensione dei servizi di screening del tumore della cervice uterina
- in questo scenario, l’impiego di metodologie di auto-prelievo appare ancor più favorevole specialmente nel caso di popolazioni con un più difficile accesso ai servizi sanitari.
Quali sono i limiti?
Un limite certamente potrebbe essere quello della fiducia: alcune donne potrebbero sentirsi più sicure nelle mani di un operatore qualificato. Tale limite, però, si potrebbe superare fornendo attente istruzioni di prelievo e mantenendo un canale comunicativo aperto per eventuali dubbi. Anche perché questa tipologia di prelievo “a domicilio” presenta una sensibilità confrontabile con i test effettuati da personale sanitario e ne guadagna anche in praticità, poiché per la conservazione del campione non è necessaria una catena del freddo, aspetto che rende sicuramente più semplice il trasporto e la conservazione.
Qual è la modalità di invito più efficace?
L’invio del dispositivo di autoprelievo via lettera al domicilio è risultato più efficace di ogni altro metodo di catch up nelle popolazioni sottoscreenate. Gli altri metodi utilizzati sono:
- opt-in, cioè richiesta volontaria delle pazienti in consultorio/farmacia (più efficiente e meno costoso ma poco efficace)
- home visit door-to-door (molto apprezzato ed efficace, ma costoso e inapplicabile a tutti i contesti).
Esiste la possibilità di introdurlo in Italia?
Alcune ASL italiane hanno iniziato ad utilizzarlo sia in popolazioni particolari (ad esempio dopo trattamento di lesioni al collo dell’utero), sia in determinati gruppi di età o altre selezioni. L’affidabilità e l’accettabilità della procedura da parte della popolazione femminile sono molto incoraggianti. Sicuramente sarebbe un passo importante per agevolare l’accesso allo screening, ai controlli e abbattere le liste d’attesa; argomento quest’ultimo che, soprattutto dopo la pandemia, sta mettendo a dura prova il sistema sanitario italiano e anche, ovviamente, l’accesso alle cure.
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