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Ginecologia
Caterina Fazion
pubblicato il 26-07-2023

Dalla neve all'azoto liquido: la storia della crioconservazione



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Dalle prime sperimentazioni animali su criceti e ratti, alla prima nascita in Italia nel 1997: ecco la storia della crioconservazione ovocitaria

Dalla neve all'azoto liquido: la storia della crioconservazione

Dopo la nascita in Inghilterra di Louise Joy Brown, la prima persona al mondo nata con la fecondazione artificiale nel 1978, la medicina riproduttiva e le tecniche di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) hanno compiuto progressi notevoli, anche nel campo della crioconservazione ovocitaria. Non dimentichiamo, però, che le prime sperimentazioni risalgono a ben prima degli anni 70: per conoscere la storia della crioconservazione degli ovociti dobbiamo tornare alla seconda metà del 1700, quando Lazzaro Spallanzani, considerato il padre scientifico della fecondazione artificiale ha iniziato a condurre le prime sperimentazioni sul congelamento di spermatozoi usando la neve, spianando così la strada alla preservazione ed espansione della propria autonomia riproduttiva per uomini e soprattutto donne, la cui finestra riproduttiva è ben più limitata.

Crioconservazione degli ovociti: cosa sappiamo finora?

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26-07-2023

 

LA NEVE PER CRIOCONSERVARE

Il congelamento dei gameti, come la maggior parte dei traguardi della riproduzione umana, è parte dalla riproduzione animale. Siamo tutti un po’ debitori ai veterinari che hanno cercato di capire se fosse possibile congelare embrioni, ovociti, spermatozoi.

«La storia della crioconservazione riproduttiva ha radici molto antiche – spiega la professoressa Eleonora Porcu, specialista in ostetricia e ginecologia, professore all’Alma Mater Università di Bologna–, si parla di almeno duecento anni fa quando Lazzaro Spallanzani cominciò a osservare gli effetti della neve sugli spermatozoi animali. Vide al microscopio che quelli conservati nella neve erano immobili, ma, in seguito a scongelamento, riprendevano ad essere vitali e mobili, seppur più lenti. Allora non c'era alcuna tecnica di fecondazione assistita, ma Spallanzani aveva iniziato a fare le sue deduzioni, capendo come conservare le cellule riproduttive, mantenendole più a lungo. Passati un paio di secoli, negli anni più recenti, i ricercatori hanno iniziato a fare sperimentazione importanti su criceti, topi, conigli per cercare di conservare non solo gli spermatzoi, ma anche ovuli ed embrioni. Per quanto riguarda la crioconservazione degli ovociti si trattava di una sfida ben più complessa, vista la dimensione enormemente maggiore rispetto agli spermatozoi, necessaria per contenere tutto il materiale di riserva per alimentare il futuro feto. Sono cellule grosse, molto ricche di acqua per cui più vulnerabili alla riduzione delle temperature, specialmente al congelamento con cui si possono formare i cristalli di ghiaccio che, essendo appuntiti rischiano di danneggiare le cellule le strutture intracellulari come apparato di Golgi, mitocondri, membrana citoplasmatica. Nei primi esperimenti, infatti, la maggior parte delle cellule dopo il congelamento si danneggiavano smettendo di essere sane e vitali. Con le poche che restavano vitali, invece, si provava a fare la fecondazione in vitro, ma la resa non era sufficientemente soddisfacente».

 

IL RUOLO Di CRIOPROTETTORI E AZOTO LIQUIDO

Per ridurre la quantità di acqua all'interno della cellula, proteggendola, si è iniziato a pensare all'utilizzo di crioprotettori, come lo zucchero che, entrando nella cellula, riduce la quantità di acqua al suo interno. Così, i cristalli di ghiaccio sono meno numerosi, i danni si riducono o addirittura si possono eliminare. A poco a poco si ottiene anche la crioconservazione a temperature molto basse come quelle dell'azoto liquido che raggiunge -196°, temperature alle quali si riesce a fermare qualunque tipo di attività biologica.

«Principalmente per la crioconservazione si usa l'associazione di questi due elementi: conservazione in azoto liquido e utilizzo di crioprotettore – spiega Eleonora Porcu –, inizialmente glicerolo, poi saccarosio e dimetilsolfossido. I tentativi sono stati molti, nella speranza di identificare la sostanza più efficace, e allo stesso tempo meno dannosa, per la cellula. Le sperimentazioni hanno anche riguardato le diverse modalità di raffreddamento: lento e rapido, quest’ultimo, che prende il nome di vitrificazione, sfrutta alte concentrazioni di criprotettore. Ormai utilizzata da due decenni, all'inizio delle sperimentazioni animali la vitrificazione non dava grandi risultati, motivo per cui si privilegiava il congelamento lento. Attualmente, invece, è la metodica più utilizzata».

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LE PRIME GRAVIDANZE E NASCITE

La prima gravidanza da ovociti umani congelati è stata riportata nel 1986 e di lì a breve vennero pubblicate altre due gravidanze. Tuttavia, nei successivi dieci anni, sono state riportate solo una manciata di gravidanze, e ancor meno nascite: la crioconservazione degli ovociti venne pertanto considerata una tecnica a bassa efficienza.

«I ricercatori pensavano che le possibilità di buona riuscita di sopravvivenza degli ovociti scongelati, inseminazione e gravidanza, fossero troppo basse. Nonostante tutto, io e il mio team – ricorda la professoressa Porcu – abbiamo visto del potenziale in questa tecnica utile per preservare e ampliare la fertilità. Dopo molti viaggi per capire come le altre realtà scientifiche si muovessero, ho compreso la necessità di cambiare crioprotettore, usare ovociti di buona qualità e usare la tecnica ICSI per l'inseminazione artificiale, ovvero iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo che prevede l'inseminazione di un ovocita tramite la micro-iniezione di un singolo spermatozoo direttamente al suo interno. Con queste accortezze, nel 1997 la nostra equipe riportò la prima nascita di una bambina sana ottenuta proprio con ICSI da ovociti congelati con propandiolo. In tempi brevi altri autori hanno condiviso la stessa esperienza con buoni risultati. La scelta di adottare la ICSI per inseminare gli ovociti crioconservati è quasi certamente il fattore chiave che ha innalzato le percentuali di fecondazione e di gravidanza rendendole più costanti e riproducibili negli ultimi dieci anni. Passando dalla tecnica FIVET (la classica fecondazione in vitro con trasferimento di embrioni) alla ICSI, le fecondazioni passano dall’essere anneddotiche a un 70-80% di probabilità di buona riuscita, in caso di gameti di buona qualità».

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LA VITRIFICAZIONE

Anche se la prima gravidanza instauratasi da un ovocita congelato risale al 1986, solo negli ultimi anni l’uso di queste tecniche ha cominciato a diffondersi grazie a due fattori. Il primo è stato il miglioramento della “vitrificazione”, tecnica ultrarapida di congelamento che ha migliorato significativamente l’efficacia e il successo delle tecniche di PMA con ovociti ed embrioni criopreservati. Perfezionata nel 2015, la vitrificazione permette di minimizzare i danni a livello cellulare del congelamento e, quindi, diminuire il numero di ovociti necessari per avere una buona probabilità di concepire e procreare. Il secondo fattore è stato il progresso degli studi scientifici in merito alla sicurezza, al rischio e all’efficacia di queste tecniche. Dopo anni di sperimentazione, nel 2012, l’American Society for Reproductive Medicine (ASRM) ha pubblicamente dichiarato che, in base alle evidenze disponibili, la criopreservazione degli ovociti non andava più considerata una “tecnica sperimentale”.

La raccomandazione, allora, era di limitarne l’uso solo alle donne che stavano per sottoporsi a terapie mediche che avrebbero potuto comprometterne la fertilità – come, ad esempio, la chemioterapia o la radioterapia per la cura dei tumori. Nel 2014 la ASRM ha però rivisto questa sua posizione alla luce di ulteriori studi, arrivando a definire la criopreservazione degli ovociti come una tecnica standard “al servizio di tutte le donne che vogliono provare a proteggersi da una futura infertilità a causa dell’invecchiamento riproduttivo o di altre cause”. Negli stessi anni anche la European Society for Human Reproduction and Embryology (ESHRE) ha approvato l’uso della conservazione pianificazione degli ovociti per la preservazione della fertilità. Da allora, l’offerta di servizi pubblici e privati per la conservazione degli ovociti è cresciuta in modo esponenziale. Secondo uno studio, tra il 2019 e il 2021, solo negli Stati Uniti, il ricorso a questa tecnica è aumentato del 39%. La conservazione degli ovociti è già disponibile anche in Italia nei centri di PMA di secondo e terzo livello accreditati presso il Servizio Sanitario Nazionale e presso diverse strutture private, ed è accessibile sia per ragioni strettamente mediche sia di altra natura.

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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