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Ginecologia
Caterina Fazion
pubblicato il 13-03-2024

20 anni di PMA: cosa è cambiato?



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Dall’approvazione della legge 40 del 2004, che regola la Procreazione Medicalmente Assistita, sono nati oltre 217mila bambini. Scopriamo cosa è cambiato in 20 anni

20 anni di PMA: cosa è cambiato?

In Italia sono 217.275 i bambini nati vivi grazie alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Il dato arriva dal Registro Nazionale della Pma, istituito grazie alla legge 40/2004 che stabilisce una serie di regolamenti e limitazioni riguardo alla fecondazione assistita. Scopriamo cosa è cambiato in questi 20 anni dall’approvazione della legge.

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I NATI CON PMA

Dalla legge 40 l'attività di Pma è quasi raddoppiata passando dai 63.585 trattamenti del 2005 ai 109.755 del 2022. Il tasso di successo, invece, è più che triplicato: la percentuale di bambini nati vivi sulla popolazione generale che nel 2005 era dell'1,22%, nel 2022 è arrivata al 4,25%. Le procedure di Pma che prevedono l'utilizzo di embrioni crioconservati sono aumentate da 1.338 nel 2005, pari al 3,6% delle procedure, a 29.890 nel 2022, pari al 31,1%, simile al valore medio europeo del 2019, ultimo dato disponibile, che era del 31,2%. Il relativo tasso di gravidanza ogni 100 trasferimenti eseguiti è aumentato passando dal 16,3% del 2005 al 32,9% del 2022. Inoltre, le tecniche di Pma che utilizzano gameti donati sono aumentate da 246 cicli nel 2014, pari allo 0,3%, a 15.131 cicli nel 2022, pari al 13,8%. 

«Dall’approvazione della legge 40, a incidere sull’aumento delle nascite con PMA – ricorda la professoressa Eleonora Porcu, specialista in ostetricia e ginecologia, professore all’Alma Mater Università di Bologna – sono stati l’aumento del numero di strutture disponibili e la sempre maggiore informazione su queste pratiche e l’avanzamento delle acquisizioni scientifiche».

 

IL REGISTRO NAZIONALE

Prima dell'approvazione della Legge 40/2004, in Italia la Procreazione Medicalmente Assistita si praticava, anche se in misura molto limitata, ma stabilire il numero di nati è però molto complesso.

«Solo grazie alla legge 40 è stato istituito il Registro Nazionale della PMA, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità – spiega Eleonora Porcu –, che ha permesso di tracciare l’attività della fecondazione assistita capendo quale sia realmente la portata del fenomeno. Grazie al registro è stato possibile documentare il numero di trattamenti eseguiti, il numero di nati vivi, le strutture coinvolte, le caratteristiche delle coppie che si sono sottoposte al trattamento e le modalità di esecuzione. Il registro è di straordinaria utilità, uno specchio della realtà ben fatto e accessibile anche al pubblico».

 

PRIMA DELLA LEGGE 40

Prima dell’approvazione della Legge 40 non solo non era presente un tracciamento, ma nemmeno una regolamentazione omogenea.

«La situazione era caratterizzata da una maggiore eterogeneità di pratiche e regole tra le varie strutture che offrivano questi servizi», riferisce la professoressa Porcu. «Da centro a centro c’era un’autoregolamentazione estremamente variabile: il numero di embrioni da trasferire, il tipo di strategie da adottare e il modo di gestire gli embrioni sovranumerari erano estremamente discrezionali. Trattandosi di un tema eticamente sensibile che tratta la vita umana, anche l’opinione pubblica era particolarmente accesa, soprattutto a causa di una stampa che spesso utilizzava toni scandalistici, coniando termini come “far west della provetta”, scatenando tutta una serie di riflessioni. C’era chi sosteneva una libertà assoluta in nome della scienza e chi, invece, era fieramente contrario a ogni forma di artificializzazione dell’ambito riproduttivo. In mancanza di regole c’era sicuramente chi ne approfittava lucrando su queste pratiche che all’inizio non erano minimamente sovvenzionate dallo stato e dunque erano molto costose per chi voleva fronteggiarle. Si era tentato a più riprese di presentare bozze di legge, mai andate a buon fine fino al 2004».

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CRESCE L’ETÁ DELLE DONNE

Il registro ha permesso anche di evidenziare la crescita dell’età media delle donne che in Italia si sottopongono a cicli di Pma: è passata da 34 anni nel 2005 a 37 anni nel 2022 (in Europa nel 2019 era 35 anni). La quota di donne sopra i 40 anni, che era del 20,7% nel 2005, ha raggiunto il 33,9% nel 2022 (in Europa nel 2019 era del 21,9%).Si ricorre alla fecondazione assistita molto, ma tendenzialmente più tardi, quando le tecniche sono meno efficaci rispetto ad anni precedenti.

Il numero medio di embrioni trasferiti in utero, evidenziano i dati, è passato da 2,3 nel 2005 a 1,3 nel 2022. La percentuale di parti multipli è scesa dal 23,2% del 2005 al 5,9% del 2022. 

 

COME SI È EVOLUTA LA LEGGE 40?

La legge 40, nota anche come Legge 40/2004, approvata il 19 febbraio 2004, è ufficialmente intitolata "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita" ed è una delle leggi più importanti e discusse in materia di procreazione assistita in Italia. Come è cambiata nel corso degli anni?

«La legge è stata ampiamente modificata nel corso degli anni perché, fin da subito, gli operatori sanitari si lamentavano della rigidità di questa legge, considerata troppo costrittiva», spiega la professoressa Eleonora Porcu. «I cambiamenti principali che hanno influenzato l'interpretazione e l'applicazione della Legge 40 sono stati due. Nel 2009 la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza che dichiarava incostituzionale la limitazione del numero di tre ovociti inseminati per ogni ciclo di PMA. Secondo la versione originaria della Legge 40, infatti, in ogni ciclo di fecondazione era possibile fecondare al massimo tre ovociti e quindi di conseguenza produrre al massimo tre embrioni, da impiantare contemporaneamente nel corpo della donna in caso di successo. Era infatti vietata la criconservazione di embrioni sovrannumerari, salvo casi particolari. Era invece già consentita la crioconservazione di ovociti. Oggi invece ogni medico ha la facoltà di stabilire il numero necessario di ovociti da fecondare, in base alle linee guida delle società scientifiche italiane e alle condizioni di salute della donna, crioconservando ovociti, ma anche eventuali embrioni fecondati sovrannumeari».

«Nel 2014 è invece caduto il divieto di fecondazione eterologa dove uno o entrambi i gameti (spermatozoi o ovuli) utilizzati per la fecondazione non provengono dai genitori coinvolti nel processo riproduttivo, ma da donatore esterno, senza che questo percepisca alcun compenso. In generale, ogni cambiamento proposto dovrebbe sempre tenere conto del benessere del bambino, che non deve mai essere considerato un genere di consumo. La sua tutela deve essere sempre al centro delle nostre decisioni».

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LA PMA CONTRASTA LA DENATALITÁ?

Chi decide di avere un figlio tardi, per ragioni mediche o personali, sfruttando la Procreazione Medicalmente Assistita non necessariamente aumenta le possibilità di successo. Ma allora queste tecniche sono davvero da considerare un valido strumento per contrastare la denatalità? «La PMA, da un lato, è uno strumento senza dubbio utilissimo per aiutare ad avere un figlio chi ha determinate patologie o, in generale, difficoltà di procreazione. Dall’altra parte queste tecniche rischiano di dare l’illusione che, una volta deciso di avere un figlio, anche ad età molto avanzate, si riesca sempre. Cosa in realtà tutt’altro che scontata: il tempo perduto non si ritrova mai, soprattutto nella biologia riproduttiva femminile».

Qui entra in gioco la crioconservazione degli ovociti: anche se si accede alla PMA in età avanzata, utilizzando gameti giovani le possibilità aumentano. «Certamente, ma ricordiamo che non si tratta di uno strumento privo di confini temporali. La gravidanza, infatti, va portata dentro al corpo femminile che, se di età avanzata, rischierà maggiormente sul piano della salute. La gravidanza fisiologicamente attinge alla riserva funzionale di molti organi ed apparati cruciali per la salute di un essere umano. Quando la donna è incinta avrà cuore, fegato, reni, polmoni e intestino sottoposti a uno sforzo maggiore. La gravidanza non è una malattia, ma se uno o più di questi organi si trova in situazioni di insufficienza, la gravidanza le può slatentizzare. Non si tratta di pregiudizi, ma di salute, e per questo il fattore giovinezza degli ovuli deve  essere coniugato con l’età a cui essi verranno utilizzati». 

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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