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Ginecologia
Caterina Fazion
pubblicato il 02-07-2022

Aborti in Italia: tasso tra i più bassi al mondo


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aborto

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Quante interruzioni volontarie di gravidanza si praticano in Italia? Nel 2020 calo del 9,3% degli aborti. Ecco perché

Aborti in Italia: tasso tra i più bassi al mondo

Nel corso del 2020 in Italia sono state registrate 66.413 Interruzioni Volontarie di Gravidanza (IVG), confermando il continuo calo del fenomeno. Rispetto al 2019, si parla del 9,3% di aborti in meno e il nostro rimane uno dei paesi con i più bassi livelli di ricorso alle IVG.

 

LA LEGGE 194 SU ABORTO E PROCREAZIONE "COSCIENTE E RESPONSABILE"

La legge 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza) che dal 1978 depenalizza e disciplina le modalità di accesso all’aborto, pare funzionare nel suo intento di fornire maggiori diritti alle donne e, allo stesso tempo, diminuire gli aborti, clandestini e non, e aumentando la cultura della prevenzione e della contraccezione. Grazie a questa legge, tutte le donne possono ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni di gestazione; dopo il quarto mese è possibile procedere all’aborto solo per motivi di natura terapeutica, ovvero nel caso in cui portare avanti la gravidanza significhi mettere a repentaglio la vita della madre. Anche se i dati definitivi del 2020 riportano una riduzione degli aborti in Italia, c’è ancora molto da fare in termini di contraccezione e scelte consapevoli.

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

CALO SÌ, MA NON PER IL COVID

I dati sono stati raccolti dal Sistema di Sorveglianza Epidemiologica: attivo in Italia dal 1980, impegna l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il Ministero della Salute e l’Istat da una parte, le Regioni e le Province autonome dall’altra. Il calo degli aborti, ormai costante dal 1983, anno in cui si è riscontrato il valore più alto in Italia con 234.801 casi, non può essere imputato alla pandemia di Covid-19. Il Ministero della Salute, infatti, fin dall’inizio della pandemia ha identificato l’interruzione volontaria di gravidanza tra le prestazioni indifferibili in ambito ginecologico e le Regioni hanno reagito prontamente all’impatto della pandemia con la riorganizzazione dei servizi.

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QUALI LE CAUSE?

Dove vanno ricercate, allora, le cause del calo consistente del numero di aborti nel nostro Paese? «In Italia, questo calo costante nella percentuale di interruzioni di gravidanza, anche relativa a donne con precedente esperienza abortiva – spiega la dottoressa Beatrice Tassis, Responsabile del Consultorio Familiare della Clinica Mangiagalli di Milano – è da attribuire a una maggiore consapevolezza sull’importanza della contraccezione. Il territorio, attraverso i consultori familiari, dotati di un apposito spazio per i giovani, si impegna proprio a diffondere la cultura della contraccezione, promuovendo molti incontri anche nelle scuole. Inoltre, la riduzione delle IVG può essere in parte riconducibile all’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza a seguito dell’eliminazione dell’obbligo di prescrizione medica da parte di AIFA: dell’Ulipristal Acetato (EllaOne), conosciuta come “pillola dei cinque giorni dopo” nel 2015 (dal 2020 anche per le minorenni), e del Levonorgestrel (Norlevo), nota come “pillola del giorno dopo” dal 2016».

 

CHI RICORRE ALL’ABORTO?

Nel 2020 il numero di Interruzioni Volontarie di Gravidanza è diminuito in tutte le aree geografiche e in tutte le classi di età rispetto al 2019, in particolare tra le giovanissime, soprattutto tra le minorenni. Il tasso di abortività in questa fascia di popolazione è pari al 2,4% di tutte le IVG, mentre rimane più elevato nelle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni, con un valore pari al 18,2 %. Le cittadine straniere continuano a essere una popolazione a maggior rischio di abortire rispetto alle italiane con tassi più elevati di 2-3 volte in tutte le fasce di età. Tuttavia, anche in questo gruppo si osserva una diminuzione del tasso di abortività, indice di maggiore e più efficace ricorso a metodi per la procreazione consapevole, secondo gli auspici della legge 194. Anche la percentuale di IVG effettuate da donne con precedente esperienza abortiva, pari al 24,5% nel 2020, continua a diminuire dal 2009. Le percentuali restano maggiori nelle donne straniere (32,7%) rispetto alle italiane (21,2%). La percentuale di interventi effettuati precocemente, quindi meno esposti a complicanze, continua ad aumentare: il 56,0% è stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione – rispetto al 53,5% del 2019 –, il 26,5% a 9-10 settimane, il 10,9% a 11-12 settimane e il 6,5% dopo la dodicesima settimana.

 

OBIETTORI DI COSCIENZA IN CALO

La percentuale di obiettori di coscienza, se pur lievemente in calo resta elevata, specialmente tra i ginecologi, con una forte variabilità tra le diverse Regioni. Nel 2020 si parla del 64,6% rispetto al 67,0% dell’anno precedente. Tra gli anestesisti la percentuale di obiettori è più bassa, con un valore nazionale pari a 44,6%. Ancora inferiore, rispetto ai medici e agli anestesisti, è la percentuale di personale non medico che ha presentato obiezione nel 2020, pari al 36,2% (37,6% nel 2019). Uno degli obiettivi della legge 194 è quello di garantire l’accesso al servizio di IVG a tutte le donne che ne facciano richiesta, a prescindere dalla percentuale di personale sanitario obiettore di coscienza. «Pur avendo un’alta percentuale di obiettori, pari circa al 60% – chiarisce Beatrice Tassis – l’esperienza della nostra clinica conferma la capacità di garantire l’accesso in tempo brevi, a tutte le donne che necessitano del servizio».

 

ABORTI FARMACOLOGICI IN AUMENTO 

Va inoltre considerato un consistente aumento degli aborti effettuati con metodica farmacologica che nel 2020 sono stati il 35,1% di tutti gli interventi di IVG, rispetto agli aborti chirurgici. «Con l’utilizzo della metodica farmacologica – prosegue la dottoressa Tassis – l’intervento medico richiesto è minore di quello necessario in sala operatoria che vede invece impiegati chirurghi, anestesisti e personale infermieristico. Laddove possibile, si utilizza la pillola abortiva RU 486 che induce contrazioni uterine e dopo 48/72 ore viene somministrata una pillola a base di misoprostolo che porta all’espulsione del materiale abortivo». 

 

ABORTI CLANDESTINI 

Il misoprostolo, farmaco anti-ulcera che si trova in farmacia, talvolta viene utilizzato anche per praticare aborti clandestini. Inserito in profondità nella vagina provoca contrazioni uterine, ma, se utilizzato da solo e non a seguito della pillola RU 486, raramente porta a espulsione completa del materiale abortivo, rendendo il tentativo non solo infruttuoso, ma anche pericoloso. Fortunatamente, oggi sono poche le donne che si recano in ospedale a seguito di complicanze dovute ad aborti irregolari, ovvero quando non viene seguito l’iter consueto. Si parla del caso in cui la donna non abbia un regolare certificato rilasciato dal medico, anche di base, oppure sia priva del consenso dei genitori o di un tutore, se minorenne, o ancora nel caso in cui l’IVG non venga effettuata entro i primi 90 giorni di gravidanza. Secondo l’ultima analisi eseguita nel 2012, il numero di aborti clandestini per le donne italiane è stimato essere compreso tra 12.000 e 15.000; per le donne straniere, tra 3.000 e 5.000. La situazione, fortunatamente, è molto cambiata rispetto al passato e al giorno d’oggi nella maggior parte dei casi gli aborti clandestini sono effettuati in strutture private da medici esperti che dunque applicano procedure del tutto in linea con quelle legali. Si parla di aborto chirurgico tramite aspirazione del contenuto dell’utero attraverso una cannula e tramite raschiamento per ripulire la cavità uterina da frammenti di endometrio, oppure di aborto farmacologico. Per ridurre ulteriormente la pratica di aborti irregolari va promossa la consapevolezza sul tema, sia nelle scuole, sia durante le consuete visite ginecologiche. Vanno fornite tutte le informazioni utili ad adottare scelte consapevoli e sicure sia in termini di contraccezione, sia nella decisione di interrompere volontariamente la gravidanza. Per includere le donne straniere in questo processo di consapevolezza, in tutti i consultori c’è sempre un mediatore culturale.

 

PRIMA DELLA LEGGE 194

Prima della promulgazione della legge 194 le pratiche abortive clandestine, proseguite fino agli anni ‘80, erano facilmente riconoscibili. A seguito di un aborto irregolare, spesso le donne si presentavano in ospedale in gravi condizioni, ad esempio con emorragie o setticemie a causa di resti abortivi presenti nell’utero. Pur affermando di avere avuto un aborto spontaneo, erano inequivocabili i segni di tentativi di aborti, spesso casalinghi, effettuati dalle cosiddette “mammane” del paese, ovvero levatrici o gestrici di case di appuntamenti. Potevano essere effettuati con un ferro da calza con il quale si perforava il collo dell’utero o con decotti di prezzemolo, che si riteneva avesse proprietà abortive, ma che in realtà produce effetti tossici per l’intero organismo, in particolare per i reni.

 

IL RUOLO DEI CONSULTORI FAMILIARI

Il consultorio familiare, oltre a rilasciare circa il 43,1% dei certificati necessari alla richiesta di IVG, svolge un importante ruolo nella prevenzione degli aborti e nel supporto alle donne che decidono di interrompere la gravidanza, anche se non in maniera uniforme sul territorio. Dai dati raccolti per il 2020 emerge, come negli anni passati, un numero di colloqui che precedono le IVG, previsti dalla legge 194, superiore al numero di certificati rilasciati: si parla di 45.533 colloqui contro 30.522 certificati. Questo dato potrebbe indicare l’effettiva azione dei consultori che, parlando con le donne, riescono ad aiutarle a rimuovere le cause che le porterebbero ad abortire. La legge 194 ha determinato una grossa riduzione degli aborti clandestini e continua a impegnarsi per limitare, ove possibile, le interruzioni in generale, ma il tempo di rallentare gli sforzi non è ancora arrivato.

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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