In occasione della Giornata mondiale senza tabacco, l’OMS lancia l’allarme: il fumo è emergenza globale, ogni anno sono 6 milioni le vittime, una su 10 per il fumo passivo
In occasione della Giornata mondiale senza tabacco, l’OMS lancia l’allarme: il fumo è emergenza globale, ogni anno sono 6 milioni le vittime, una su 10 per il fumo passivo
Sei secondi. Neanche il tempo di fumare una sigaretta. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ogni sei secondi nel mondo muore una persona per cause legate al tabacco. In un anno sono 6 milioni, di cui uno su 10 non è un fumatore, ma un fruitore passivo del fumo degli altri.
I PIU’ DEBOLI LE FUTURE VITTIME - E’ un’epidemia che non ha eguali e, alla vigilia della Giornata mondiale senza tabacco, gli esperti ribadiscono: non c’è nessun prodotto di consumo che faccia un numero così alto di vittime, e tutte evitabili. Il quadro è sconfortante: se la tendenza rimarrà immutata si stima che fra meno di vent’anni le vittime annuali saliranno a 8 milioni, l’80 per cento dei quali in popolazioni a medio-basso reddito. Malattie cardiovascolari e tumori, di per sé le principali cause di morte, sono direttamente connesse al consumo di prodotti da fumo.
SEGNALI INCORAGGIANTI - Qualcosa di buono sta succedendo, tiene però a sottolineare l’OMS, che non a caso ha dedicato la giornata 2011 alla Convenzione sul tabacco del 2003, oggi sottoscritta da 173 Paesi nel mondo (l’ultimo a firmare è stato il Turkmenistan, c’è l’Italia, mancano fra gli altri Stati Uniti, Svizzera, Argentina, Repubblica Ceca). Ci sono nazioni in cui la prevalenza di fumatori è in calo: come il Messico, passato dal 30% del 2006 al 25% nel 2010, dell'India (dal 57% del 2006 al 48% del 2010) e della Cina, dove pur restando su numeri assoluti impressionanti, se rapportati al miliardo e 339 milioni di cinesi, si è passati dal 54,5% (della popolazione di oltre 15 anni) nel 2007 al 53% nel 2010.
GLI ITALIANI NON SMETTONO - E in Italia? Dopo le buone notizie degli scorsi anni e un certo effetto positivo della legge contro il fumo nei luoghi pubblici, ci siamo arenati contro uno zoccolo duro. Anzi, la percentuale di fumatori dal 2010 sarebbe salita dal 21,7% al 22,7% delle persone con più di 15 anni. Mezzo milione di persone in più, per un totale che sfiora i 12 milioni, di cui 6,5 uomini e 5,3 donne. Lo affermano i dati dell’ultima indagine Doxa realizzata per conto dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con la Lega italiana lotta tumori (Lilt) e l’Istituto Mario Negri.
FUMA UN 30ENNE SU 4 - Sono soprattutto i giovani, persuasi di non avere ancora debiti verso il proprio respiro, a fumare di più: il 28.3% fra i 25 e i 44 anni, contro il 18.8% fra i 15-24 anni e il 26% fra i 45-64 anni. «C'è una generazione di italiani, quella tra i 40 e 60 anni, che sono ad alto rischio di essere colpiti dalle malattie fumo correlate in quanto consumatori di tabacco da lungo tempo» ha dichiarato Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano. «Nel nostro paese – ha aggiunto - sono attribuibili al fumo di tabacco 80 mila decessi all'anno pari al 14,2% di tutte le morti».
CHE FARE? – La Convenzione dell’OMS impegna i paesi firmatari a rimboccarsi le maniche su più fronti. L’accordo prevede fra le altre cose l’innalzamento dei prezzi per ridurre la domanda di sigarette e provvedimenti per la protezione dal fumo passivo. Si pretendono norme sul contenuto dei prodotti in vendita e informazioni chiare e veritiere su pacchetti e etichette, come d’altra parte si dà ormai per scontato sugli alimenti o sui farmaci. Si ragiona sui meccanismi di promozione, pubblicità e sponsorship con cui le compagnie del tabacco conquistano nuove fette di mercato, soprattutto donne, bambini e popolazioni dei paesi a basso reddito.
PREZZI E CENTRI ANTIFUMO - Far pagare più caro un pacchetto di sigarette e renderlo meno accessibile è uno fra gli interventi possibili più immediati, anche se stando ai risultati dell’indagine oltre la metà dei fumatori non ridurrebbe il numero se un pacchetto costasse 5 euro, dato che fa pensare alla necessità di un intervento forte, come negli Stati Uniti, dove per fumare si spendono più di 10 euro. Bisogna continuare a fare informazione con i ragazzi (16 su cento iniziano a fumare prima dei 15 anni), anche con iniziative di educazione basata sull’interattività come la mostra No smoking be happy della Fondazione Veronesi. Inoltre sono visti tutto sommato di buon occhio anche i divieti, quasi un terzo del campione intervistato da Doxa si dice d’accordo con lo stop al fumo nei parchi e giardini pubblici, il 42.7% nelle aree aperte degli ospedali, il 46,4% nei cortili delle scuole. Il 32,7 per cento vorrebbe spente le sigarette negli stadi (come avviene già in molti stadi all’estero, l’ultimo il Camp Nou del Barcellona, e come ha recentemente dichiarato Massimo Moratti, presidente dell’Inter, di fronte ai dati raccolti da esperti dell’Istituto nazionale tumori di Milano: «Non fumerò più allo stadio»). Non va infine dimenticato il ruolo dei medici, di medicina generale e specialisti, nella prevenzione e nel sostegno a chi vuole smettere. I 396 centri antifumo presenti in Italia, auspica Piergiorgio Zuccaro, direttore dell'Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell'Istituto Superiore di Sanità, andrebbero coadiuvati da provvedimenti come l’eliminazione dei ticket e la distribuzione gratuita dei farmaci.