Approvata da AIFA la combinazione tixagevimab e cilgavimab come profilassi pre-esposizione. Negli individui immunocompromessi calo dell'83% del rischio di sviluppare Covid-19 in forma sintomatica
Tixagevimab e cilgavimab, la combinazione di due anticorpi monoclonali, potrà essere utilizzata come profilassi per Covid-19 negli individui fortemente immunocompromessi. E' questo, in estrema sintesi, il messaggio che emerge dall'AIFA che ha da poco approvato la loro somministrazione. A supportare la decisione uno studio su oltre 5 mila persone che ha dimostrato l'utilità della combinazione nel ridurre il rischio malattia.
GLI ANTICORPI MONOCLONALI
Nella lotta a Covid-19 gli anticorpi giocano un ruolo cruciale nel bloccare l'ingresso del virus nelle cellule. Sin dai primi mesi della pandemia una delle possibili strategie di cura è stata quella del plasma iperimmune. L'idea di fondo, già sperimentata in passato per altro, consisteva nel somministrare gli anticorpi dei guariti nelle persone malate in modo da migliorare il decorso della malattia. Una strategia che purtroppo si è rivelata fallimentare. La ricerca è però proseguita nel tentativo di indentificare gli anticorpi migliori per poterli poi produrre su larga scala. Ed è questo il caso degli anticorpi monoclonali, anticorpi riprodotti in laboratorio in quantità illimitata e per un numero infinito di volte che rappresentano un concentrato delle migliori armi del sistema immunitario per colpire il virus. Approvati nel trattamento dell'infezione da Covid-19, questi prodotti sono stati utilizzati nei pazienti maggiormente a rischio.
IL RUOLO DELLA PROFILASSI
Pur non essendo "farmaci" in grado di agire bloccando la replicazione del virus, l'utilizzo di efficaci anticorpi monoclonali è stato pensato -prima dell'avvento dei vaccini- come forma di profilassi per evitare l'evoluzione di Covid-19 in caso di contagio. Una strategia però poco battuta in quanto, fortunatamente, i vaccini hanno consentito di proteggere miliardi di persone. Esistono però dei casi in cui la vaccinazione non funziona efficacemente. E' questo il caso di coloro che hanno un sistema immunitario compromesso e per i quali è necessaria una protezione supplementare al vaccino. E' in questi individui che la profilassi con i monoclonali potrebbe essere una strada del tutto percorribile.
LO STUDIO
Partendo da questa idea è nato lo studio internazionale di fase 3 PROVENT che ha coinvolto 5200 persone. Obiettivo dello studio era la valtutazione dell'efficacia della combinazione di questi due anticorpi, sottoforma di profilassi pre-esposizione, nel prevenire il rischio di sviluppare la malattia in forma sintomatica. Dalle analisi è emersa una riduzione dell'83% durata almeno 6 mesi dalla singola iniezione. Un risultato importante che indica per la prima volta l'utilità di questa strategia nel proteggere i più vulnerabili, come le persone affette da leucemia linfatica cronica, da immunodeficienze primitive o acquisite o quelle sottoposte a trattamenti immunosoppressivi come i trapiantati. Un'arma in più dunque che non rappresenta però un'alternativa alla vaccinazione.
IL VIA LIBERA DI AIFA
Alla luce di questi risultati AIFA ha concesso l'autorizzazione di Evusheld (AZD7442; tixagevimab-cilgavimab) di AstraZeneca per la profilassi pre-esposizione di COVID-19 in soggetti di età pari o superiore a 12 anni con grave stato di compromissione del sistema immunitario e in presenza di sierologia negativa. Come si legge in Gazzetta Ufficiale, «L’associazione di anticorpi monoclonali di cui al comma 1 è impiegata nel rispetto delle seguenti modalità: a) la selezione del paziente è affidata ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta, ai medici delle USCA(R) e, in generale, ai medici che abbiano l'opportunità di individuare i pazienti che necessitano di una profilassi pre-esposizione al virus Sars-Cov2, nel rispetto dei criteri fissati dalla CTS e indicati nell’ambito del registro di monitoraggio, di cui all’art. 2; b) la prescrivibilità del prodotto è limitata ai medici operanti nell’ambito delle strutture identificate a livello locale per la somministrazione; c) è raccomandato il trattamento nell’ambito di una struttura ospedaliera o comunque in setting che consentano una pronta ed appropriata gestione di eventuali reazioni avverse gravi».
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.