Presentati i risultati della prima fase di sperimentazione del vaccino messo a punto nel nostro Paese. Anticorpi neutralizzanti riscontrati in 9 casi su 10
Un vaccino sicuro e che induce una risposta immunitaria robusta. È questo quanto emerge dai dati della fase 1 della sperimentazione clinica di GrAd-CoV-2, il candidato vaccino italiano contro Covid-19. A metterlo a punto è stata la biotech ReiThera, mentre il primo step del trial è stato svolto all’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani e nell'unità di ricerca clinica dell'ospedale Borgo Roma di Verona. I risultati, presentati nel corso di una conferenza stampa, saranno pubblicati su una rivista scientifica nell'arco di un paio di settimane.
PERCHÈ COVID-19 PREOCCUPA PIÙ DELL'INFLUENZA STAGIONALE?
COME FUNZIONA IL VACCINO DI REITHERA?
Il vaccino made in Italy è basato su un adenovirus di gorilla, costruito in modo da non replicarsi nell’organismo e non integrare le informazioni genetiche che trasporta nel genoma umano. Questo adenovirus serve da vettore, ha cioè lo scopo di «trasportare» una sequenza di codice genetico che provoca la reazione del nostro sistema immunitario e lo spinge a sviluppare degli anticorpi. In particolare, il bersaglio di GRAd-COV2 è la proteina Spike che Sars-Cov-2 utilizza per aggredire le cellule umane. Perché proprio un adenovirus di gorilla? L'uso di questi virus è comune per trasportare nelle cellule l'mRna della proteina Spike. Per alcuni dei vaccini sviluppati contro Sars-CoV-2 si utilizzano adenovirus umani, per altri si è scelto di ricorrere ad adenovirus di animali, come le scimmie (AstraZeneca utilizza adenovirus di scimpanzé). Il vantaggio è che gli adenovirus di questi animali non vengono riconosciuti immediatamente dal sistema immunitario umano. E, dunque, hanno tempo a sufficienza per compiere la loro «missione». Una particolarità importante: assieme a quello prodotto e sperimentato da Johnson&Johnson (atteso entro l’estate), GRAd-COV2 è l’altro vaccino in pista che potrebbe funzionare con una sola iniezione.
Chi ha avuto Covid-19 dovrà fare la vaccinazione?
I RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE DI FASE 1
Quarantacinque persone sono state immunizzate con dosi diverse del vaccino. In attesa di capire quale sia la soluzione più efficace, al momento si sa che in nessun caso sono emersi effetti collaterali gravi nei 28 giorni che hanno fatto seguito all’iniezione. In tutti i casi si è avuto a che fare (al massimo per qualche ora) con reazioni nel punto di infezione, qualche linea di febbre, un po' di mal di testa. Segni di fronte ai quali non preoccuparsi, ma che sottolineano la risposta dell'organismo alla vaccinazione. «Un risultato per certi versi anche migliore da quello fatto registrare dai primi due vaccini che userà l’Europa», si è sbilanciato Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Spallanzani di Roma, con riferimento ai farmaci sviluppati da Pfizer e da Moderna, che entro la settimana dovrebbe ricevere l’ok dall’Agenzia Europea (Ema) e dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). Nella fase 1, inoltre, «il vaccino ha indotto una risposta immunitaria negli adulti simile a quella ottenuta dagli altri vaccini con due dosi». Nello specifico, ha aggiunto Ippolito presentando i dati, «il 92.5 per cento dei vaccinati ha avuto livello di anticorpi rilevabili». Non è da escludere, al momento, che l’aggiunta di una seconda dose nelle successive fasi di sperimentazione clinica possa far aumentare anche il tasso di efficacia della vaccinazione.
ATTIVATA ANCHE LA RISPOSTA CELLULARE
Non soltanto anticorpi, però. Reithera ha infatti stimolato anche una risposta cellulare misurabile attraverso la produzione di linfociti T. Un risultato né scontato né trascurabile, dal momento che questo sottogruppo di globuli bianchi è in grado di riconoscere le cellule infettate dai virus e ucciderle. Impedendo così di fatto al virus di replicarsi. A ciò occorre aggiungere che «i linfociti T concorrono a potenziare la risposta anticorpale», ha aggiunto Ippolito, per chiarire quanto sia stato importante rilevare anche questo risultato. Altro aspetto degno di nota: la reazione articolata del sistema immunitario (anticorpi più linfociti T) è risultata analoga indipendentemente dall'età delle persone coinvolte nello studio (18-55 anni). E sempre superiore a quella rilevabile invece tra coloro che hanno superato l'infezione naturale da Sars-CoV-2.
Covid-19: che cosa sappiamo sulle reinfezioni?
I PROSSIMI PASSI
Nelle prossime settimane i ricercatori contano di avviare la fase 2 della sperimentazione, quella in cui si passerà a valutare l'efficacia del vaccino su un gruppo più esteso di adulti. Seguiranno, in caso di esito positivo, la fase 3 e la richiesta di approvazione all'Ema. «Se non sorgessero intoppi, potremmo farcela entro l'estate», ha dichiarato Ippolito. Secondo Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, «è importante che l'Italia sviluppi un proprio vaccino per non dover dipendere dall’estero e perché soltanto con il tempo impareremo quali vaccini funzionano meglio, quali ci proteggono solo dalla malattia e quali anche dall’infezione e quali utilizzare in gruppi speciali della popolazione». Come dire: più armi avremo a disposizione, prima chiuderemo i conti con la pandemia.
Sostieni la ricerca scientifica d'eccellenza e il progresso delle scienze. Dona ora.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).