Covid-19 può essere "preso" una seconda volta. Un evento molto raro ma possibile. I casi descritti su The Lancet Infectious Diseases
Ammalarsi di Covid-19 una seconda volta, la cosiddetta reinfezione, è possibile. Sono infatti diversi i casi documentati di seconda infezione. Ultimo in ordine di tempo quello di un ragazzo statunitense del Nevada, infettatosi ad aprile e a giugno, in cui la seconda infezione è risultata di gran lunga peggiore della prima. A descrivere il caso, comparandolo con altri 3 in giro per il mondo, ci ha pensato la rivista The Lancet Infectious Disease. Attenzione però agli allarmismi: i casi di reinfezione sono molto rari e, in quelli documentati, non sempre erano presenti anticorpi dopo il primo contatto con il virus.
COME FUNZIONA LA RISPOSTA A SARS-COV-2?
Quando il nostro corpo viene in contatto con un agente esterno come il coronavirus si genera una risposta immunitaria mediata da due tipi di cellule: i linfociti B e i linfociti T. I primi portano alla produzione di anticorpi (Ig, le immunoglobuline) diretti a neutralizzare l'invasore. I secondi hanno il preciso compito di riconoscere ed eliminare le cellule infettate dal virus.
QUANDO C'E' SOLO LA RISPOSTA DEI LINFOCITI T
Quello appena descritto è il caso più classico di risposta ad un virus. In alcuni casi però può avvenire che per la risposta al virus sia sufficiente solo quella generata dai linfociti T, ovvero la sola risposta cellulare in assenza di produzione di anticorpi. Quando ciò avviene -e in assenza delle cellule T della memoria- la persona può essere nuovamente suscettibile alla malattia a causa dell'assenza di anticorpi neutralizzanti. Ed è quello che probabilmente è accaduto in alcune delle reinfezioni ad oggi documentate.
I CASI DI REINFEZIONE
Nello studio appena publicato sulla prestigiosa rivista -dati peraltro anticipati già un mese fa a commento di alcune reinfezioni registrate in Spagna- gli scienziati hanno documentato la reinfezione di un ragazzo la cui seconda "malattia" è stata estremamente più importante della prima. Andando però a comparare il caso con altri 3 (Ecuador, Belgio e Hong Kong) è emerso che in due delle 4 "prime infezioni" nel sangue non era stata rilevata -con i test disponibili al tempo e quindi suscettibili di errori- la presenza di anticorpi (nell'altro caso e nel ragazzo del Nevada i dati sulla presenza di anticorpi prima della seconda infezione non erano disponibili). Anticorpi invece rilevabili in tutti i casi dopo l'avvenuta seconda infezione.
L'ECCEZIONE CHE CONFERMA LA REGOLA
Pur essendo diversi i casi documentati, non dobbiamo dimenticare che nella maggior parte delle infezioni è presente una risposta anticorpale che potrebbe proteggere da una seconda infezione. Non solo, anche in caso di rapido declino degli anticorpi circolanti, è utile ricordare che esistono linfociti B della memoria, cellule in grado di secernere nuovamente anticorpi neutralizzanti alla vista del virus incontrato in passato. Infine la buona notizia è che nei principali trials clinici relativi ai vaccini contro il coronavirus, la risposta anticorpale avviene nella quasi totalità degli individui. Una ragione in più per sperare in forme di vaccino sicure ed efficaci. Nel frattempo però guai ad abbassare la guardia per chi ha già avuto una prima infezione. L'immunità da infezione naturale non è detto che porti all'immunità di gregge. Le misure preventive basate sull'uso di mascherine, distanziamento sociale e igiene delle mani non devono affatto andare in soffitta.
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Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.