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Serena Zoli
pubblicato il 20-11-2024

Un terzo dei casi di asma legati all’inquinamento



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Uno studio internazionale su 25 milioni di persone spazza via i dubbi: le polveri sottili Pm2,5 sono causa di asma in adulti e bambini. Urgenti misure anti-inquinamento

Un terzo dei casi di asma legati all’inquinamento

È una malattia che non guarisce. Si può curarla, anche con notevole remissione dei sintomi. Ma guarire no. È l’asma, ne soffre il 4 per cento della popolazione mondiale e ogni anno sono 30 milioni i nuovi casi. Un terzo dei casi in adulti e bambini è associato all’inquinamento da polveri sottili nell’aria, il cosiddetto particolato fine Pm 2,5.

 

METANALISI DI 68 STUDI

A confermarlo è ora una metanalisi di ben 68 studi epidemiologici dal 2019 in poi condotti in 22 paesi, includendo Nord America, Europa occidentale, Asia orientale, Asia meridionale e Africa. Il totale delle persone coinvolte negli studi considerati supera i 25 milioni. I ricercatori sono stati guidati dalla dottoressa Ruijing Ni e dai suoi colleghi del Max Planck Institute for Chemistry (Germania) che in questa impresa hanno avuto la collaborazione di scienziati dalla Cina, dagli Usa e dall’Australia. Questi studiosi sono giunti alla conclusione che vi sia un’evidenza sufficiente per associare insorgenza dell’asma e particolato fine nell’aria e hanno pubblicato l’indagine sulla rivista One Earth.

 

LEGATI ALL'INQUINAMENTO 75 MILIONI DI CASI

«Stimiamo che globalmente, nel 2019 un terzo dei casi di asma sia da attribuire a una esposizione prolungata al Pm 2,5, corrispondenti a 63,5 milioni di casi già esistenti e 11,4 milioni di nuovi casi», ha dichiarato la dottoressa Ni. Continuando: «Ci risulta inoltre che il rischio di asma associato al Pm 2,5 è molto più alto nei bambini che negli adulti, in base alla maggiore vulnerabilità dovuta all’età».

 

SOTTO ESAME ANCHE I PAESI A BASSO REDDITO

In effetti la piena maturazione dei polmoni e della funzione immunologica si completa gradualmente fino alla prima età adulta. Di conseguenza i bambini possono essere più suscettibili all’inquinamento atmosferico, che può indurre stress ossidativo delle vie aeree, infiammazione, iper reattività, così come cambiamenti nelle risposte immunologiche e nella sensibilizzazione respiratoria agli allergeni. I paesi a medio e basso reddito, come noto, sono esposti ad una più alta concentrazione di inquinamento dell’aria e pesa su di loro un più grave livello di Pm 2,5. Finora, tuttavia, queste aree del mondo sono state in genere tenute fuori dalle ricerche sulla salute in rapporto al particolato fine, ricerche che per lo più hanno considerato l’America settentrionale e l’Europa occidentale.

 

«SONO URGENTI LEGGI ANTI INQUINAMENTO»

Non così questa indagine globale partita dal Max Planck Institute. Il cui direttore, professor Yafang Cheng, così conclude l’ampio studio: «I nostri risultati sottolineano la necessità urgente da parte dei decisori politici di rafforzare una legislazione stringente per una lotta costante all’inquinamento atmosferico, mentre ricordiamo che le misure protettive personali, come le mascherine per il viso, possono anche aiutare a ridurre l’esposizione individuale e mitigare il rischio di asma».

 

MISURATO L'AUMENTO DI RISCHIO

Commenta il professor Alfredo Chetta, docente di Malattie dell’apparato respiratorio all’Università di Parma: «Questo studio è molto complesso e interessante. Intanto ha incluso anche i paesi a medio e basso reddito e unito autori di provenienza internazionale. Riporta un dato molto preoccupante: per ogni aumento di 10 microgrammi di Pm 2,5 per metro cubo cresce del 21,4 per cento il rischio di ammalarsi di asma nei bambini. E negli adulti del 7,1 per cento».

 

BRONCHI IN SVILUPPO FINO AI 18-20 ANNI

Spiega il professor Chetta: «Nei bambini il rischio è maggiore perché l’albero bronchiale è in sviluppo fino ai 18-20 anni e nel frattempo il polmone cresce, quindi c’è una condizione di maggiore vulnerabilità. Lo stesso vale per l’aumentato rischio legato al tabagismo in queste età. Ora, il particolato Pm 2,5 essendo ultrafine arriva nel polmone profondo, anche negli alveoli, le piccole vie aeree, soprattutto qui crea infiammazione e nei soggetti geneticamente predisposti induce l’asma».

 

LA SITUAZIONE IN ITALIA 

Il 4 per cento di diffusione globale di questa patologia da noi è superato. «In Italia siamo al 7 per cento della popolazione che ha l'asma – informa il professore – anche perché abbiamo zone molto inquinate come la Val Padana. Quanto alle terapie, si può avere un buon controllo dei sintomi con inalazioni cortisoniche e broncodilatatori. Per i casi più gravi ora si impiegano gli anticorpi monoclonali. In generale la malattia è in crescita: un tempo era indotta da allergeni, polveri, erbe, ora è prevalente l’inquinamento». Si associa all’appello finale degli autori dello studio del Max Planck il docente parmense: «Occorre cambiare le fonti di approvvigionamento energetico. Qui si sollecitano i politici parlando di “urgenza”. Non possono continuare a fare gli struzzi sul riscaldamento globale e sull’inquinamento. Occorrono interventi solleciti e incisivi per cambiare l’aria che respiriamo, bambini e adulti».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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