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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 31-08-2015

L'inquinamento fa male anche al cuore



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Chi vive in zone inquinate è già a rischio cardiovascolare in tenera età. Anche le condizioni atmosferiche possono influire sulla salute cardiovascolare

L'inquinamento fa male anche al cuore

Prima si pensava che gli organi più colpiti fossero i polmoni. Ora sempre più numerosi studi indicano che a soffrirne è anche l'apparato cardiovascolare. Stiamo parlando delle polveri sottili, particelle nanoscopiche presenti nell'aria capaci di penetrare all'interno delle cellule danneggiandole. Un legame - quello con le malattie del cuore - che inizia sin dai primi anni di vita. Uno studio presentato a Londra in questi giorni - in occasione del congresso dell'European Society of Cardiology (ESC) - ha mostrato che i giovani che vivono in zone a forte inquinamento possiedono marker di rischio cardiovascolare più elevati rispetto a chi soggiorna in aree meno inquinate.

 

CITTA' A CONFRONTO

Per arrivare al curioso e allarmante dato gli scienziati della Jagiellonian University di Cracovia (Polonia) hanno comparato i dati sulla salute cardiovascolare di un gruppo di giovani residenti nella città polacca e in quella di Lublino. La scelta è ricaduta su queste due città in quanto ben rappresentano due realtà completamente differenti in termini di inquinamento. Si calcola che a Cracovia il livello di inquinamento sia doppio rispetto a Lublino. In particolare a essere valutati sono stati alcuni parametri quali pressione, battito cardiaco e livelli di proteina C-reattiva, una molecola il cui dosaggio elevato indica una situazione di infiammazione capace di danneggiare cuore e arterie. Non solo, per evitare qualsiasi interpretazione i dati sono stati normalizzati per indice di massa corporea, etnia, stile di vita e familiarità per malattie cardiovascolari. Allo studio hanno partecipato oltre 800 persone.

 

GIOVANI GIA' A RISCHIO

Analizzando i dati è emerso che le persone che risiedono a Cracovia - la città più inquinata - possiedono livelli più elevati di proteina C-reattiva, omocisteina e fibrinogeno. Ciò è risultato particolarmente vero nelle persone in sovrappeso. Come spiega il professor Krzysztof Bryniarski, uno degli autori della ricerca, «il nostro studio mostra che i giovani adulti che vivono in una città inquinata possiedono livelli più elevati di marcatori infiammatori rispetto a quelli che vivono in una città con meno inquinamento. Questo potrebbe suggerire che questi ragazzi siano a maggior rischio di avere un attacco di cuore in futuro in quanto il processo infiammatorio è già iniziato».

 

METEO E CUORE

Ma le novità non finiscono qui: se da un lato l'inquinamento incide nello sviluppo delle malattie del cuore, dall'altro il tempo atmosferico sembrerebbe essere un fattore determinante la buona riuscita di alcune terapie. Sempre in occasione di ESC sono stati presentati alcuni dati preliminari in cui si evince chiaramente che il tempo influisce significativamente con la salute del cuore. Anche in questo caso si tratta di uno studio polacco che ha esaminato la relazione fra i fattori ambientali, la gravità delle condizioni di salute e la prognosi a breve termine in oltre 2.300 pazienti con sindromi coronariche acute. Dalle indagini si è così scoperto che i pazienti con più alto rischio di infarto del miocardio venivano ricoverati con diagnosi di sindromi coronariche acute nei giorni più caldi, assolati, secchi e ventosi con concentrazioni più alte di monossido di carbonio e ozono.

 

QUANDO OPERARE?

Invece per quanto riguarda gli interventi coronarici di disostruzione delle arterie, il maggiore successo si è verificato in giornate assolate e poco ventilate ma fresche e con concentrazioni di ozono, monossido di carbonio e ossido di azoto inferiori. Secondo i ricercatori accade ciò perché le particelle che causano inquinamento atmosferico, “legandosi” irreversibilmente all’emoglobina, impediscono il trasporto dell’ossigeno nel sangue. Questo può causare ipossia e portare a un peggioramento delle condizioni di salute e a un minor successo dei trattamenti. Risultati curiosi che costringono a pensare che anche il meteo può influenzare la buona riuscita di alcuni interventi.


@danielebanfi83

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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