Un eccezionale studio su mummie e resti di corpi di altre popolazioni rivela che l’aterosclerosi era presente anche in epoche lontane, smentendo quindi che sia una malattia tipica della nostra civiltà
Un eccezionale studio su mummie e resti di corpi di altre popolazioni rivela che l’aterosclerosi era presente anche in epoche lontane, smentendo quindi che sia una malattia tipica della nostra civiltà
L’aterosclerosi è davvero una malattia del benessere, com’è stata definita? Sembrerebbe di no, stando a uno studio internazionale che ha individuato placche ateromatose nelle arterie di mummie egiziane e di corpi conservati, trovati in zone del mondo lontanissime tra di loro: Perù, Alaska e sud-ovest degli Stati Uniti (New Mexico, Arizona e Texas). La domanda è stata fatta, al congresso annuale dell’ American College of Cardiology di San Francisco, a fronte dei risultati dello studio, pubblicato su Lancet.
IN NOME DI HORUS - Lo studio, battezzato con il nome di Horus, una divinità egizia, ha analizzato 137 mummie egiziane del periodo tra il 3.100 avanti Cristo e il 364 dopo Cristo, nonché peruviani del periodo tra il 900 avanti Cristo e il 1500 della nostra era, indiani Pueblos seppelliti nel sud-ovest degli Stati Uniti tra il 1500 avanti Cristo e il 1500 dopo Cristo, e individui dell’etnìa Unangan dell’Alaska, morti tra il 1756 e il 1930 della nostra epoca. Sono state scelte appositamente mummie dell’antico Egitto e corpi conservati con altri metodi nelle diverse parti del mondo, seguendo un criterio scientifico/storico.
MUMMIE ALLO SCANNER - Più di un terzo dei corpi esaminati con uno scanner presentavano segni di aterosclerosi nelle sedi classiche, dall’aorta alle coronarie alle carotidi. Percentuali elevate: le placche sono state ritrovate nel 38 per cento delle mummie egizie, nel 25 per cento dei peruviani, nel 40 per cento degli indiani Pueblos, nel 60 per cento degli Unangan. In certi corpi le arterie erano ancora conservate, in altri l’indagine è stata fatta sui «letti» dove scorrevano. Anche su questi corpi di nostri antenati, è stata trovata conferma che le placche ateromatose, formate in gran parte dal colesterolo, crescono col crescere dell’età.
GOLOSI GLI EGIZI, MA GLI ALTRI? - E’ noto che nell’antico Egitto la costosa imbalsamazione era riservata alle classi superiori, e quindi le placche di aterosclerosi possono essere facilmente attribuite a una vita comoda e sedentaria e a una dieta golosa e ricca di grassi saturi, che favorisce la formazione di colesterolo. Ma la spiegazione non regge per gli altri. I peruviani erano contadini e pastori, gli indiani Pueblos erano contadini e raccoglitori e non avevano animali domestici, infine gli Unangan dell’Alaska non conoscevano l’agricoltura. Tutti e tre i gruppi facevano un’intensa attività fisica. Secondo il coordinatore della ricerca, il professor Randall C. Thompson di Kansas City, l’aver trovato percentuali così elevate di aterosclerosi in gruppi tanto lontani geograficamente e tanto diversi tra loro, mostra che non siamo ancora riusciti a comprendere tutta la fisiologia della malattia, e pone una domanda: l’aterosclerosi è una malattia della civilizzazione (e dipende da un particolare stile di vita igienico ed alimentare) oppure è una malattia dell’essere umano, legata all’invecchiamento? Come si può capire anche dal rilievo che Lancet ha dato alla ricerca, è una domanda che non deve portare a conclusioni affrettate, ma che certamente scrolla un’architrave della prevenzione, chiedendo riconferme.
Antonella Cremonese