Alcuni farmaci in grado di superare la barriera ematoencefalica proteggono il cervello e sembrano avere un'azione positiva sui ricordi. Lo studio pubblicato su Hypertension

Diversi farmaci per la cura della pressione alta (antipertensivi) sembrano proteggere le capacità cognitive del cervello, in particolare la memoria, e allontanare la demenza. La differenza starebbe nel fatto se si tratta di sostanze capaci di attraversare la barriera emato-encefalica oppure no. Intanto diciamo a grandi linee che cosa è questa enigmatica barriera all’apparenza impenetrabile: si tratta di un tessuto costituito da uno strato di cellule endoteliali con la funzione di fare da filtro per bloccare possibili elementi nocivi presenti nel sangue. E far passare, invece, metaboliti positivi per il cervello.
UNA META-ANALISI SU 12.900 PAZIENTI
Uno studio condotto da ricercatori dell’Università della California, Irvine, e adottato dall’American Heart Association, con pubblicazione sulla rivista Hypertension, ha passato in rassegna 14 studi precedenti (meta-analisi) che avevano coinvolto circa 12.900 pazienti dai 50 anni in su. Si tratta di cittadini di vari paesi: Stati Uniti, Australia, Canada, Germania, Irlanda, Giappone. Come gli studiosi ricordano, di pressione alta soffrono circa metà degli americani e di solito si sa delle conseguenze fisiche, ma la malattia dura per decenni, pian piano arrivando a toccare la sfera cognitiva del cervello. Già la terapia della pressione alta di per sé fa diminuire i casi di lieve deficit cognitivo del 19 per cento (studio “Sprint Mind”).
SI PROTEGGE LA MEMORIA VERBALE
Nell’indagine di meta-analisi sono stati presi in considerazione sette aspetti cognitivi: funzione esecutiva, attenzione, memoria verbale, apprendimento, linguaggio, stato mentale, richiamo e velocità di elaborazione. Rispetto ai pazienti curati con antipertensivi non oltrepassanti la barriera emato-encefalica, quelli che assumevano sostanze “penetranti” -come gli ACE inibitori e i bloccanti del recettore dell'angiotensina- avevano una memoria verbale significativamente superiore. Un risultato particolarmente degno di nota per gli studiosi, in quanto quest’ultimo gruppo aveva un carico di rischio vascolare relativamente più elevato e un livello di istruzione medio inferiore. Un punto a sfavore: mostravano una capacità di attenzione relativamente inferiore. Gli altri ambiti cognitivi non presentavano differenze nette.
TUTTI DIFENDONO DALLA DEMENZA VASCOLARE
A Milano il Policlinico, collegato con l’Università, ha un importante Centro ipertensione. Al professor Stefano Carugo che lo dirige, insieme con la Cardiologia, chiediamo un commento su questa indagine: “Il principio che noi diffondiamo è: tenere bassa la pressione protegge il cervello. Non soltanto dall’ictus, cosa nota, come lo è l’infarto. Protegge le capacità cognitive e questo è meno risaputo”. In generale, sottolinea, i farmaci contro la pressione alta sono vasodilatatori arteriosi e agiscono positivamente riducendo il danno d’organo indotto dall’ipertensione su vari bersagli, come arterie cuore cervello retina rene. Continua: “Per questo sembrano agire molto positivamente contro la demenza vascolare in quanto è causata dall’invecchiamento dei vasi sanguigni del cervello. Pazienti ipertesi che non hanno un buon controllo della pressione arteriosa hanno micro ischemie cerebrali che poi portano a perdite cognitive. Per questo occorre non trascurare la pressione, non solo per evitare ictus e infarto, i due più noti effetti negativi”.
I CONTROLLI COMINCINO A 18 ANNI
Sorprende il professor Carugo quando indica la data d’inizio consigliata per controllarsi la pressione: i 18 anni. “Un tempo c’era la leva militare e, almeno per i maschi, a quell’età c’era il primo controllo. Si intercettavano le ipertensioni secondarie, tipiche dei giovani, e che sono secondarie a un disturbo. Da trovare e da curare. Adesso quel controllo precoce non si fa più e il disturbo in questione va avanti e quando si manifesta il danno è fatto”. In Italia sono 16 milioni le persone con la pressione alta. Che si distingue in “essenziale” al 90 per cento e, per l’appunto, “secondaria” per il 10 per cento.

Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.